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L’acciaio verde svedese vicino al collasso? Stegra in crisi, fra costi enormi e il fantasma di Northvolt
l colosso dell’acciaio verde Stegra rischia il collasso. Costi fuori controllo, sussidi bloccati e il fantasma di Northvolt: il “sogno” svedese da 7,5 miliardi si scontra con la realtà.

Il grande sogno “verde” dell’Europa, quel Green Deal presentato come la nuova frontiera industriale del continente, sta mostrando crepe profonde. L’ultimo scricchiolio, potenzialmente sismico, arriva dalla Svezia, la nazione spesso additata come modello di transizione ecologica. Stegra AB, la startup precedentemente nota come H2 Green Steel e salutata come il campione della siderurgia pulita, è in grave crisi di liquidità e rischia di trasformarsi da simbolo di rinascita a monumento dello spreco, distruggendo miliardi di investimenti.
La notizia, rimbalzata dal Financial Times e confermata da Bloomberg, è che l’azienda stia cercando disperatamente fino a 975 milioni di euro (1,14 miliardi di dollari) in nuovi finanziamenti. Non si tratta di capitali per una nuova espansione, ma di fondi necessari per coprire costi di progetto più alti del previsto, finanziare infrastrutture impreviste e, soprattutto, tappare il buco lasciato da ritardi nei sussidi statali. Il “Green” costa tantissumo, molto più del previsto, e magari non conviene.
Stegra non è un progetto qualsiasi. È l’ambizione di rivoluzionare una delle industrie più inquinanti al mondo – la siderurgia, responsabile da sola di circa il 7% delle emissioni globali di CO2 – utilizzando idrogeno prodotto da energie rinnovabili (a basso costo, nel nord della Svezia) al posto del tradizionale carbone. Un piano che ha già raccolto la cifra monstre di 6,5 miliardi di euro negli ultimi quattro anni, massimamente di fondi pubblici.
Eppure, con l’impianto di Boden, nel profondo nord svedese, completato solo al 60%, i nodi vengono al pettine. Il management, guidato dal CEO Henrik Henriksson, ha dovuto ospitare una call d’emergenza con gli investitori per rassicurarli, smentendo le voci (riportate dal FT) di discussioni interne su una possibile insolvenza. Ma la toppa, come si suol dire, rischia di essere peggiore del buco.
Il Fantasma Ingombrante di Northvolt
Per capire il panico che serpeggia tra gli investitori, bisogna pronunciare un nome: Northvolt.
La storia di Stegra, infatti, riecheggia in modo inquietante quella di Northvolt AB, l’altro “campione” industriale verde svedese, focalizzato sulla produzione di batterie per veicoli elettrici. Anche Northvolt era basata nel nord, condivideva con Stegra un investitore chiave (Vargas Holding di Harald Mix) e un simile modello di finanziamento.1
Quel modello, che l’economista Christian Sandstrom ha definito “annidato” (nested), è un castello di carte complesso: un mix interconnesso di prestiti, garanzie bancarie, investimenti azionari e, soprattutto, una massiccia dose di sussidi pubblici. Una struttura che appare solida finché ogni singolo anello tiene.
Northvolt, dopo aver raccolto 15 miliardi di dollari da investitori del calibro di Goldman Sachs e Volkswagen, è fallita in modo spettacolare all’inizio di quest’anno, polverizzando le speranze europee di creare una filiera domestica delle batterie. Si è espansa troppo velocemente ed è rimasta a secco di cassa.
Stegra, pur insistendo sulla propria diversità, sta seguendo lo stesso copione:
- Stessi Investitori: La Vargas Holding di Harald Mix è il motore di entrambe le scommesse.
- Stesso Modello Finanziario: Un mix pubblico-privato ad alta leva.
- Stessi Consulenti: Stegra ha appena assunto la banca d’investimento statunitense PJT Partners come consulente finanziario. PJT è nota per le ristrutturazioni aziendali ed era stata ingaggiata dai finanziatori di Northvolt poco prima che questa dichiarasse bancarotta. Un segnale non esattamente rassicurante.
Il CEO di Kinnevik AB, azionista di Stegra con il 3%, ha già gettato la spugna (almeno per ora), dichiarando che la sua azienda non parteciperà a questo nuovo round di finanziamento e preferisce “aspettare e vedere come va a finire”. Altri azionisti di minoranza, rimasti anonimi, hanno dichiarato di aver perso fiducia.
I veri motivi della crisi: oltre la narrazione
Ma perché un progetto così strategico si trova sull’orlo del baratro? La dirigenza cita l’inflazione e i costi di costruzione. Ma la realtà, come sempre, è più complessa e meno nobile.
1. Costi Fuori Controllo e “Scope Creep“
Il progetto ha accumulato un extracosto stimato di circa 1 miliardo di euro, un overrun del 15% sul budget previsto di 7,5 miliardi. Ma non è solo colpa dell’inflazione. Come emerso, l’azienda si è trovata a dover finanziare la costruzione di una propria ferrovia e di proprie infrastrutture portuali. Ecco lo Scope Creep, cioè l’incremento degli scopi dell’investimento oltre quanto inizialmente previsto. Un’espansione del perimetro di investimento che solleva seri dubbi sulla pianificazione iniziale. Quando un progetto “chiavi in mano” si trasforma in un’opera infrastrutturale nazionale, i conti non possono che saltare.
2. L’Ironia del “Green” che non è abbastanza Green
Il colpo più duro, quasi comico nella sua tragicità burocratica, arriva proprio dal fronte “verde”. Stegra ha accusato il governo svedese per parte del suo deficit di finanziamento. Il governo aveva inizialmente concesso a Stegra 265 milioni di euro di fondi pubblici, ma ne ha distribuiti solo 100.
Il motivo del blocco dei restanti 165 milioni? L’Agenzia Ambientale Svedese ha stabilito che le emissioni del progetto erano superiori ai livelli approvati. In sintesi: il progetto faro del Green Deal non è abbastanza “green” per la burocrazia del Green Deal. Un cortocircuito che riassume perfettamente l’approccio ideologico che sta strangolando l’industria europea.
3. Il Rischio Locale: la “Boden-Default”
A scommettere su Stegra non sono stati solo i fondi di investimento. Il comune di Boden, una cittadina di appena 28.000 anime, ha legato il suo destino a quello dell’impianto. Per accogliere migliaia di lavoratori e le loro famiglie, il comune si è indebitato pesantemente in infrastrutture e servizi. I suoi debiti, già a 1,56 miliardi di corone a maggio, sono visti in crescita fino a 2,5 miliardi di corone (circa 220 milioni di euro) entro il 2028, partendo da meno di 100 milioni nel 2017. Se Stegra fallisce, trascina con sé un’intera comunità. Questa però è colpa degli svedesi e di nessun altro…
Il Miraggio dell’Acciaio Verde Conviene Davvero?
La difesa di Stegra e dei suoi sostenitori (come Harald Mix) si basa su una distinzione fondamentale da Northvolt: “Northvolt era una cattiva idea” (impossibile competere con i produttori cinesi di batterie), “Stegra è una buona idea”.
La tesi è che la tecnologia (l’acciaio H2) sia provata e che il fattore di differenziazione sia il costo dell’energia. Grazie all’elettricità super-economica e rinnovabile del nord svedese, i conti (sulla carta) tornerebbero:
- Costo di produzione (cash): Circa 600 $ a tonnellata.
- Ricavi: 675 $ a tonnellata (il prezzo dell’acciaio “sporco”) + un “premio verde”.
Qui sta il punto. L’intero modello di business si basa sull’ipotesi che i clienti (come Microsoft, già citata) siano disposti a pagare un sostanziale premium per l’acciaio pulito. I sostenitori del progetto ipotizzano un premio di 200 $a tonnellata, che genererebbe un margine di 300$ a tonnellata. Nella fase 1 (2,5 milioni di tonnellate/anno), si otterrebbe un ritorno del 10% sul capitale investito (7,5 miliardi).
Ma questa ipotesi è solida o è un pio desiderio?
I dubbi sono enormi. In un contesto di recessione strisciante e con i responsabili politici (specialmente negli USA) che stanno frenando sugli impegni “green”, la volontà dei clienti di pagare di più per un prodotto identico ma “sostenibile” potrebbe erodersi rapidamente.
Come nota il blog “Stainless Espresso”, la maggior parte dei produttori di acciaio primario europei ha già abbandonato o rinviato a tempo indeterminato i propri progetti di acciaio verde. La realtà è che il Green Deal, con i suoi eccessi burocratici e i suoi dogmi politici, sta fallendo. È un’economia guidata dall’ideologia, che raramente crea valore.
La World Steel Association (worldsteel) prevede sì una ripresa della domanda di acciaio in Europa nel 2026 (+3,2%), ma sottolinea che le imprese europee “fanno affidamento sull’accesso a prodotti siderurgici a prezzi competitivi“. Non a prezzi premium gonfiati da sussidi. Il rischio evidente è che l’acciaio svedese all’idrogeno non troverà mai un cliente e potrà sopravvivere solo con i soldi dell’Europa o dello stato.
Stegra, in questo momento, è un “sistema che perde”, come lo ha definito il professor Sandstrom: “Stanno cercando di gonfiare un sistema che perde… possono continuare solo per un tempo limitato”.
L’Europa si trova a un bivio. Stegra è il paziente zero. Se i mercati dei capitali prevarranno, con gli investitori che chiederanno un pesante haircut ai soci esistenti (se non la liquidazione), sarà il segnale che l’epoca dei sogni verdi finanziati a debito pubblico è finita. Se, invece, prevarrà l’ideologia e altri miliardi pubblici verranno gettati nel pozzo di Boden per “salvare il soldato verde”, prepariamoci a un futuro industriale molto, molto costoso. E, forse, a breve termine, perché, comunque
Domande e Risposte (FAQ)
1. Cos’è esattamente Stegra e perché è così importante?
Stegra AB (ex H2 Green Steel) è una startup svedese che sta costruendo a Boden un impianto siderurgico per produrre “acciaio verde”.2 Invece di usare il carbone (altamente inquinante), il progetto prevede di usare idrogeno prodotto con energia rinnovabile. È considerato un progetto “faro” del Green Deal europeo, simbolo della transizione industriale. La sua attuale crisi finanziaria, con una ricerca di quasi 1 miliardo di euro, mette in dubbio la fattibilità economica di questa transizione e la sostenibilità di questi mega-investimenti “verdi”.
2. Perché si paragona Stegra al fallimento di Northvolt?
Il paragone è centrale. Northvolt era un’altra startup “verde” svedese (produceva batterie), fallita a inizio 2025 dopo aver bruciato 15 miliardi. Le somiglianze sono allarmanti:
- Entrambe hanno lo stesso investitore chiave (Vargas Holding).
- Usano un modello di finanziamento “annidato”, molto dipendente da sussidi pubblici.
- Stegra ha appena assunto gli stessi consulenti di ristrutturazione (PJT Partners) usati da Northvolt poco prima della bancarotta.3Il timore è che Stegra sia la “Northvolt 2.0”, un altro gigante verde costruito su fondamenta finanziarie fragili e promesse ideologiche.
3. L’acciaio verde a idrogeno è economicamente sostenibile o solo un’utopia?
Questa è la domanda da un miliardo di euro. Sulla carta, Stegra punta a costi di produzione bassi (600 $/tonnellata) grazie all’energia a basso costo. Però, per essere redditizia, deve vendere il suo acciaio a un prezzo premium (stimato a +200 $/tonnellata) rispetto all’acciaio tradizionale. La crisi attuale dimostra due problemi: i costi di costruzione “primo nel suo genere” tendono a esplodere, e non è affatto certo che il mercato sia disposto a pagare un sovrapprezzo così alto per l’acciaio “pulito”, specialmente in un’economia globale stagnante.

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