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L’Abisso Demografico di Kiev: Ha senso combattere fino all’ultimo ucraino se non resterà nessuno a ricostruire?

L’Ucraina rischia l’estinzione demografica: culle vuote, emigrazione di massa e un’economia sostenuta solo dagli aiuti esteri. Mentre la guerra prosegue, i dati mostrano un Paese che scompare. Ha senso combattere se non resterà nessuno a ricostruire? Un’analisi spietata dei numeri oltre la propaganda.

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Mentre i bollettini di guerra si concentrano sugli avanzamenti al fronte e sulle forniture di missili a lungo raggio, un nemico molto più silenzioso e implacabile sta erodendo le fondamenta stesse dell’Ucraina. Non si tratta dell’artiglieria russa, ma del vuoto demografico. Al di là della retorica bellica e dei giochi geopolitici internazionali, i numeri raccontano una storia drammatica che la politica, sia a Kiev che a Bruxelles, sembra voler ignorare: l’Ucraina sta scomparendo. Fisicamente.

Il fantasma di Hoshcha: culle vuote e trincee piene

Per comprendere la realtà, bisogna allontanarsi dalle mappe tattiche e guardare ai reparti maternità. A Hoshcha, una cittadina nell’ovest dell’Ucraina presa come esempio da Reuters, lontana centinaia di chilometri dal fronte, il reparto maternità è spettrale. I corridoi sono deserti.

Secondo le autorità locali, quest’anno sono nati solo 139 bambini, un crollo verticale rispetto agli oltre 400 di un decennio fa. Il ginecologo Yevhen Hekkel lo dice senza mezzi termini: “Molti giovani uomini sono morti. Uomini che, per dirla senza giri di parole, avrebbero dovuto ricostituire il patrimonio genetico dell’Ucraina”.

Hoshcha non è un’eccezione, è la regola. È un microcosmo di una nazione di 5.000 abitanti dove le scuole chiudono per mancanza di alunni (una scuola nel vicino villaggio di Sadove ha chiuso perché erano rimasti solo nove bambini) e dove i cortei funebri per i soldati caduti sono diventati l’unico evento sociale ricorrente.

I villaggi ucraini si spopolano – Unsplash

La Matematica dell’Estinzione

I dati aggregati sono, se possibile, ancora più allarmanti delle storie individuali. Prima dell’invasione del 2022, l’Ucraina contava circa 42 milioni di abitanti. Oggi, secondo l’Istituto di demografia dell’Accademia nazionale delle scienze ucraina, siamo scesi sotto i 36 milioni. Le stime indipendenti sono ancora più impietose:

  • L’Istituto ucraino per il futuro parla di 29 milioni di residenti effettivi nel 2023.

  • Le previsioni ONU per il 2100 oscillano tra un residuo di 15 e 23 milioni di abitanti.

Il Paese ha attualmente uno dei tassi di mortalità più alti al mondo e il tasso di natalità più basso. Nel 2023 si sono registrate solo 187.000 nascite: il dato più basso degli ultimi 300 anni.

La piramide demografica si è invertita in modo grottesco. Abbiamo una situazione economica insostenibile:

  • 9,5 milioni di persone lavorano e pagano le tasse.

  • Questi devono sostenere 23 milioni di pensionati, bambini, disoccupati e dipendenti pubblici.

È un’equazione che non sta in piedi. Senza i 26,8 miliardi di dollari di supporto diretto al bilancio forniti dagli USA (e i miliardi dall’UE), lo Stato ucraino avrebbe già cessato di esistere non militarmente, ma amministrativamente. Non ci sarebbero soldi per pagare medici, insegnanti o pensioni.

Soldati o lavoratori per l’Ucraina ? – foto Pixabay

Il dilemma del Capitale Umano: Soldati o Lavoratori?

Qui emerge il paradosso economico, sinora ignorato dalla politica, della guerra d’attrito. L’Ucraina ha un disperato bisogno di uomini al fronte, ma ogni uomo inviato in trincea è un lavoratore sottratto a un’economia già in coma. Il governo stima una carenza di 4,5 milioni di lavoratori nel prossimo decennio per la sola ricostruzione. Ma chi ricostruirà se gli uomini validi sono morti, invalidi o fuggiti? Per chi ricostruire, se non ci sono figli, quindi futuro?

Il Financial Times riportava a marzo 2024 che su 11,1 milioni di uomini ucraini tra i 25 e i 60 anni:

  1. 7,4 milioni sono già mobilitati o indisponibili (disabili, settori critici).

  2. 900.000 non sono registrati (fantasmi per il fisco e la leva).

  3. Rimane un bacino effettivo di soli 2,8 milioni di potenziali coscritti.

Kiev si trova di fronte a un trade-off 1 a 1: coscrivere un uomo significa perdere un contribuente. Coscrivere i più giovani (l’età è stata abbassata a 25 anni) significa ipotecare le nascite future. Coscrivere i più anziani significa aumentare il numero di vedove e orfani a carico dello Stato assistenziale.

Fuga per la sopravvivenza e il fallimento del richiamo patriottico

La strategia demografica di Kiev, che punta a “riportare a casa” i migranti, si scontra con la realtà della natura umana. Il Centre for Economic Strategy stima che milioni di ucraini rimarranno all’estero. E perché dovrebbero tornare? Anastasiia Yushchuk, 21 anni, intervistata a Hoshcha, riassume il sentimento di una generazione: “Non c’è stabilità, non c’è nulla su cui costruire”.

La disperazione è palpabile lungo il fiume Tisa, al confine con la Romania, dove uomini in età di leva rischiano (e spesso trovano) la morte per annegamento pur di sfuggire al reclutamento. Nel frattempo, gli scandali di corruzione — come i fondi per le fortificazioni di Kharkiv finiti nelle tasche di appaltatori dubbi — minano la fiducia nello Stato. “Perché dovrei affidare il mio futuro a qualche corrotto ex-sovietico?”, si chiede Artem, chef ucraino a Vienna. La fiducia nel contratto sociale è rotta. Anche il tentativo di reclutare la “Legione Ucraina” in Polonia si è rivelato un flop numerico.

I monumenti sono inutili senza un popolo – Unsplash

La Pace come necessità biologica

L’Ucraina si sta dirigendo a tutta velocità verso un disastro demografico irreversibile. Le case abbandonate nei villaggi come Duliby, dove le erbacce inghiottono i giardini e gli uomini sono “dispersi in azione”, sono l’immagine del futuro.

Le autorità parlano di “ricostruzione” e di “strategie al 2040”, ma sembrano ignorare che per avere una nazione, serve un popolo. Continuare la guerra con l’obiettivo massimalista di riprendere ogni centimetro di territorio, ignorando il costo umano, rischia di lasciare a Kiev una terra desolata, priva di giovani, priva di forza lavoro, priva di futuro genetico.

Un popolo dovrebbe porsi come obiettivo primario la propria sopravvivenza biologica, che trascende i giochi di potere della NATO o le ambizioni imperiali di Mosca. Combattere “fino all’ultimo ucraino” non è uno slogan eroico; è una condanna a morte per l’etnos, irreversibile, senza neanche monumenti da far onorare dai posteri. Senza una pace, anche imperfetta, che fermi l’emorragia ora, non ci sarà nessuna Ucraina da ricostruire, ma solo un vasto territorio spopolato, un monumento funebre nel cuore dell’Europa.

Domande e risposte

Qual è l’impatto economico reale del calo demografico descritto?

L’impatto è devastante e strutturale. Con un rapporto di circa 1 lavoratore attivo ogni 2,5 dipendenti (pensionati, bambini, inattivi), il sistema fiscale ucraino è tecnicamente fallito. Senza gli aiuti occidentali, lo Stato non può erogare servizi essenziali. Nel lungo periodo, la mancanza di 4,5 milioni di lavoratori renderà impossibile qualsiasi ricostruzione fisica delle infrastrutture, condannando il Paese a una deindustrializzazione permanente e alla dipendenza totale dagli aiuti esteri o dall’immigrazione (che però difficilmente sceglierà un Paese devastato).

Perché le misure del governo per riportare gli ucraini in patria non stanno funzionando?

Le misure falliscono per mancanza di incentivi reali e fiducia. La strategia di Kiev si basa su promesse future (migliori infrastrutture, case), ma la realtà attuale è fatta di instabilità, corruzione percepita e rischio di morte al fronte. Inoltre, molti rifugiati, specialmente donne e bambini, si sono integrati nei sistemi scolastici e lavorativi europei (Germania, Polonia). La prospettiva di tornare in un Paese distrutto, con il rischio che i propri figli o mariti vengano arruolati in un conflitto senza fine o futuro, supera il patriottismo.

Esiste una soluzione “demografica” alternativa alla fine del conflitto?

Non nel breve termine. I trend demografici hanno un’inerzia enorme: anche se la guerra finisse oggi, ci vorrebbero decenni per invertire il calo della natalità. L’unica “soluzione” tampone suggerita dal governo, ovvero attrarre immigrati da altri Paesi, è irrealistica data la situazione economica e di sicurezza. L’unica vera variabile in grado di fermare l’emorragia immediata (morti al fronte ed emigrazione forzata) è la cessazione delle ostilità. Senza la pace, la proiezione di una popolazione sotto i 25 milioni è una certezza matematica.

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