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Attualità

La voce di Papa XXIII sulle migrazioni: perché la dottrina sociale della Chiesa è stata abbandonata?

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Ricevo questo scritto, sempre dal mio amico che legge le fonti e soprattutto pensa con la sua testa.

Oggi mi propone la visione di un grande papa del passato sul tema del giorno, l’immigrazione. O meglio, la migrazione forzata e quindi la sottrazione del capitale più prezioso di un paese in via di sviluppo, quello umano. Visione tratta dalla  sua enciclica più importante, la Pacem in Terris, che legava la pace alla giustizia, alla libertà e al‎ benessere economico.

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Ma i cattolici, i tanti parroci e Papa Francesco, conoscono quello che scriveva Papa Giovanni XXIII?

La dottrina dei diritti umani e la sua applicazione all’immigrazione ha soppiantato la dottrina tradizionale del bene comune, che viene ora intesa solo come un appello all’assistenzialismo.

A questo proposito ricordiamo come Giovanni XXIII parlava dell’immigrazione nell’enciclica Pacem in Terris (1963).

Ecco alcuni brani tratti dall’enciclica.

Se è vero che:

“12. Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di emigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse.”

È anche vero che:

“17…. nei rapporti della convivenza, i diritti vanno esercitati, i doveri vanno compiuti, le forme di collaborazione vanno attuate specialmente in virtù di decisioni personali; prese cioè per convinzione, di propria iniziativa, in attitudine di responsabilità, e non in forza di coercizioni o pressioni provenienti soprattutto dall’esterno.

“18. La convivenza fra gli esseri umani è ordinata, feconda e rispondente alla loro dignità di persone, quando si fonda sulla verità.

Ciò domanda che siano sinceramente riconosciuti i reciproci diritti e vicendevoli doveri.

“56. ….

Qui crediamo opportuno di osservare che, ogniqualvolta è possibile, pare che debba essere il capitale a cercare il lavoro e non viceversa.

In tal modo si offrono a molte persone possibilità concrete di crearsi un avvenire migliore senza essere costrette a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro; il che è quasi impossibile che si verifichi senza schianti dolorosi, e senza difficili periodi di riassestamento umano o di integrazione sociale.”

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A voi la riflessione: preferite il cristianesimo sociale di Giovanni XXIII o quello liberal di Francesco? Il papa dei diritti sociali o quello dei diritti umani (cosmetici direbbe qualcuno)? 


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