Spazio

La Vita sulla Terra è un puro caso? Senza lo scontro con un altro pianeta saremmo un sasso arido.

Una nuova ricerca svela che il nostro pianeta era un deserto roccioso. Solo la collisione casuale con un altro corpo celeste ha portato l’acqua e gli elementi che hanno permesso la nostra esistenza.

Pubblicato

il

La Terra è un pianeta incredibilmente fortunato o, se siete credenti, prescelto dalla mano di Dio? Un nuovo studio dell’Istituto di Scienze Geologiche dell’Università di Berna, pubblicato su Science Advances, mette un punto fermo su una questione dibattuta da tempo: la Terra primordiale era un pianeta sterile e secco. Gli ingredienti per la vita sono arrivati solo in un secondo momento, recapitati da un corpo celeste vagante. Potete leggere lo studio nella sua interezza a questo link. Potete  approfondire anche seguendo l’originale comunicato stampa.

Una ricetta per la vita… con gli ingredienti mancanti

Quando il nostro Sistema Solare si è formato, circa 4,5 miliardi di anni fa, la zona interna – quella dove oggi orbitano Mercurio, Venere, la Terra e Marte – era un ambiente infernale. Il calore del giovane Sole era così intenso da vaporizzare gli elementi “volatili” come l’idrogeno (quindi l’acqua), il carbonio e lo zolfo. Questi mattoni fondamentali della vita non riuscirono a condensarsi e a integrarsi nel materiale roccioso che stava formando i pianeti interni.

I ricercatori svizzeri, guidati dal Dr. Pascal Kruttasch, hanno dimostrato che la composizione chimica della proto-Terra si è definita in un tempo record: meno di tre milioni di anni dalla nascita del Sistema Solare. Un battito di ciglia, in termini cosmici. Il risultato? Un pianeta roccioso, completo nella sua struttura di base, ma completamente privo degli elementi essenziali per far sbocciare la vita. Un deserto sterile.

Come hanno fatto a stabilirlo con tale precisione? Hanno usato una sorta di orologio geologico basato sul decadimento radioattivo di un isotopo, il manganese-53, che decade in cromo-53. Analizzando le proporzioni di questi elementi in meteoriti e rocce terrestri, sono riusciti a datare con una precisione sbalorditiva la formazione dei “mattoni” planetari originali. E il verdetto è inequivocabile: la Terra originale era asciutta.

Theia: il fattorino cosmico che ha cambiato tutto

Se la Terra è nata secca, com’è arrivata l’acqua? E il carbonio? E tutto il resto? La risposta, secondo lo studio, risiede in un evento catastrofico e, per noi, provvidenziale: la collisione con un altro pianeta, o pianetoide,  battezzato Theia.

Questo corpo celeste, grande all’incirca come Marte, si sarebbe formato in una regione più esterna e fredda del Sistema Solare. Lì, lontano dal calore soffocante del Sole, aveva potuto accumulare e trattenere enormi quantità di acqua e di altri composti volatili. Il suo successivo impatto con la nostra proto-Terra ha letteralmente “inseminato” il nostro pianeta con tutto ciò che gli mancava.

L’impatto fu così violento da non solo arricchire la Terra, ma anche da proiettare nello spazio una quantità enorme di detriti, che si sarebbero poi aggregati per formare la Luna. Dunque, un singolo, casuale incidente cosmico ci ha regalato:

  • L’acqua nei nostri oceani.
  • Il carbonio per la chimica organica.
  • La Luna, che stabilizza l’asse di rotazione terrestre e regola le maree.

In pratica, senza questo scontro, la Terra sarebbe oggi poco più di un grosso asteroide arido.

L’abitabilità non è la regola, ma una fortunata eccezione

La conclusione dello studio è tanto affascinante quanto spiazzante. Come afferma il co-autore Klaus Mezger, “la Terra non deve la sua attuale compatibilità con la vita a uno sviluppo continuo, ma probabilmente a un evento casuale”. Questo ridimensiona molto le nostre aspettative sulla diffusione della vita nell’universo.

Non basta che un pianeta si trovi alla giusta distanza dalla sua stella (la cosiddetta “fascia di abitabilità”). È necessario anche che, per una serie di coincidenze, riceva il giusto mix di ingredienti al momento giusto. Questo spiegherebbe anche perché i valori del cosiddetto “Paradosso di Fermi”, la formula che dovrebbe calcolare il numero di civilizzazioni nell’universo, sembri avere dei valori così bassi.

L’abitabilità, quindi, non è una conseguenza scontata della fisica planetaria, ma il risultato di una storia caotica e imprevedibile. Siamo, a tutti gli effetti, i figli di un caso fortuito, o se siete credenti, del preciso volere di Dio. La prossima frontiera della ricerca, come conclude Kruttasch, sarà modellizzare questo impatto per capire non solo le proprietà fisiche, ma anche la complessa firma chimica e isotopica che ha lasciato sulla Terra e sulla Luna.

La vita sulla  Terra, frutto del caso o di un preciso, specifico, disegno?

Domande e Risposte

1) Qual è la scoperta fondamentale di questo nuovo studio? La scoperta chiave è che la Terra primordiale, formatasi in meno di tre milioni di anni, era un pianeta roccioso e completamente secco. Era priva degli elementi volatili essenziali per la vita, come acqua e composti del carbonio, perché il calore del giovane Sole li aveva vaporizzati nella zona interna del Sistema Solare. Questo dimostra che la nostra attuale condizione di pianeta abitabile non è una caratteristica originaria, ma il risultato di un evento successivo e non lineare, cambiando la prospettiva sulla formazione dei pianeti vivibili.

2) Perché questa notizia è importante per la nostra comprensione dell’universo? Questa ricerca è cruciale perché suggerisce che l’abitabilità di un pianeta potrebbe essere un evento molto più raro e casuale di quanto si pensasse. Non è sufficiente trovarsi nella “fascia di abitabilità” di una stella. È necessario un evento successivo, come l’impatto con un corpo celeste ricco di elementi volatili, per “consegnare” gli ingredienti della vita. Questo implica che molti pianeti rocciosi, anche se di dimensioni simili alla Terra e alla giusta distanza dalla loro stella, potrebbero essere rimasti mondi sterili e aridi, rendendo la vita nell’universo un’eccezione fortunata piuttosto che una regola.

3) Quali sono le ricadute pratiche o future di questa scoperta? La principale ricaduta riguarda la ricerca di vita extraterrestre e lo studio degli esopianeti. Invece di concentrarsi solo su pianeti in base a dimensione e orbita, gli astronomi potrebbero dover cercare indizi di sistemi planetari che hanno avuto un passato “violento” e instabile, con prove di grandi impatti. Inoltre, spinge i geochimici e gli astrofisici a sviluppare modelli più sofisticati per comprendere la dinamica delle collisioni planetarie, poiché questi eventi non sono più visti solo come distruttivi, ma come potenziali creatori di mondi abitabili.

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento

Annulla risposta

Exit mobile version