Attualità
La violenza delle società multiculturali: qualcuno inizia a parlarne (ma in Germania)
Due giorni fa nella stazione Jungfernstieg del metro di Amburgo Mourtala M., un nigeriano 33enne, ha massacrato a coltellate la sua ex compagna tedesca Sandra P. e decapitato la sua stessa figlioletta Miriam di un anno, davanti ai passeggeri terrorizzati e al fratellino di tre anni di Miriam. Il terribile fatto di cronaca, uno dei tanti commessi da immigrati in tutta la Germania, crea polemica in Germania sulla violenza delle società multiculturali e l’impatto dell’immigrazione sulla popolazione tedesca.
L’uomo aveva un permesso di residenza fino al 2019 solo grazie alla figlia in minore età, ma un tribunale gli aveva appena negato la custodia della bimba dopo essere stato cacciato di casa dalla tedesca 34enne Sandra, madre della piccola Miriam e di altri 4 bambini (3, 6, 7, 15 anni). Il rischio di perdere il permesso di residenza e i benefici connessi avrebbero scatenato la furia omicida.
L’africano fa parte di una comunità amburghese di 300 immigrati africani detta “Gruppo di Lampedusa”, approdati nel 2013 in Europa attraverso la nostra isola del Canale di Sicilia e quindi giunti in Germania nell’aprile dello stesso anno. Verdi, Linke e il solito corteo di ONG cantanti e attori avevano appoggiato la richiesta di un permesso di soggiorno collettivo, respinta dalle autorità che a gennaio su 102 richieste hanno concesso solo 47 permessi ed espulso gli altri. Espulsi che però venivano tollerati in Germania, un po’ come avviene in Italia.
Il fatto che attira la nostra attenzione, al di là della violenza omicida di un africano ormai purtroppo comune nelle cronache europee, è la chiara presa di posizione di ieri del Die Welt sulla violenza delle società multiculturali e sui troppi fatti di sangue di persone “con retroterra di immigrazione“.
Il corrispondente da Amburgo, Ulrich Exner, evidenzia diversi recenti fatti di sangue opera di immigrati avvenuti in località un tempo tranquillissime: l’anziana cliente di un supermarket gravemente ferita all’arma bianca da un giovane immigrato a Großburgwedel, una stazione di polizia nell’idilliaco paesino di Preetz attaccata a sassate da bande di minorenni stranieri e il doppio omicidio del Mourtala nella stazione di Jungfernstieg.
Secondo il giornalista le “cose non vanno come dovrebbero andare”.
Il discorso è diretto e senza giri di parole, fatto molto insolito per un tedesco, e ve ne traduciamo un ampio stralcio.
“Stiamo vivendo una brutalizzazione della società, non solo dal settembre 2015 (apertura delle frontiere di Angela Merkel al milione di immigrati, NdA), quando tutte le dighe burocratiche collassarono per un momento e precipitarono un fenomeno iniziato molto tempo prima. Una brutalizzazione, una brutalizzazione della nostra società che attualmente né i politici né la polizia o la giustizia possono fermare.
Sono tutti impreparati per le sfide di una società multiculturale, che non è più un auspicio o un’immagine negativa a seconda dei punti di vista. In Germania non abbiamo più radici comuni, valori comuni, esperienze collettive alle quali ognuno e ciascuno o almeno la maggioranza possono fare riferimento (…) Le nostre tendenze endogene verso l’individualismo, spesso indotto dalla tecnologia, indeboliscono i legami familiari e premiano il primato dell’interesse individuale su quelli della comunità. In ogni caso il risultato è una miscela esplosiva.
Le ragioni della brutalizzazione sono ovvie: per prima cosa per decenni non abbiamo stabilito regole fisse per l’integrazione e l’immigrazione. Le abbiamo lasciate fare a quelli che arrivano da noi più o meno per scoprire come comportarsi in maniera appropriata in Germania. O no. (…) La rinuncia a regole chiare per gli immigrati è stata accompagnata allo stesso tempo da una generale liberalizzazione e livellamento delle convenzioni sociali. Lasciar fare era il motto. (…). Sfortunatamente oggi completamente inappropriato.
Una società di immigrazione, un paese eterogeneo che è allo stesso tempo soggetto a enormi dinamiche economiche; una società dirompente e allo stesso tempo multiculturale, necessita di regole più chiare, più comprensibili e più severe e leggi più dure di quelle relativamente chiare ed omogenee della Repubblica Federale degli scorsi decenni. Serve più polizia, più giustizia e probabilmente più strutture carcerarie per assicurare la conformità a queste regole.
Ciò è probabilmente duro da digerire per tutti coloro che hanno argomentato per decenni a favore di una nazione libera e “colorata”. Ma è dolorosamente necessario, come mostrano i fatti di Großburgwedel, Preetz o Jungfernstieg.”
Speriamo che il dibattito sul problema della violenza legata all’immigrazione incontrollata arrivi presto anche in Italia, magari stimolato dal voto del 4 marzo scorso.
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