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La trappola spagnola del salario minimo: tutti (o quasi) alla paga base. Un capolavoro?

La Spagna ha alzato il salario minimo così tanto (+46%) che ora quasi coincide con lo stipendio più comune. Ma gli altri salari sono fermi. Un appiattimento pericoloso che disincentiva la produttività e la crescita.

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In Spagna sta accadendo qualcosa di curioso, e che esemplifica il grosso problema del salario minimo. Gli stipendi stanno subendo un appiattimento che ha dell’incredibile. Il salario minimo nazionale (SMI) e lo stipendio più frequente, la cosiddetta “moda” o “salario modale” (quello, cioè, che riceve la maggior parte dei lavoratori, da non confondere con la media) sono ormai quasi la stessa cosa.

Quello che nel 2018 era un divario di quasi il 40%, si è ridotto a un misero 2,97% nel 2023. Un livellamento che, a guardarlo bene, puzza di trappola e assomiglia molto a una convergenza verso il basso.

Questo fenomeno, analizzato da Fernando Pinto, professore di Economia Applicata presso l’Università Rey Juan Carlos, e pubblicato su El Economista, non nasce oggi, ma ha subito un’accelerazione vertiginosa. I numeri nominali parlano chiaro:

  • 2009: Salario minimo 8.736 €; Salario modale (più frequente) 15.491 € (Divario: 77%)
  • 2018: Salario minimo 10.302 €; Salario modale 16.977 € (Divario: 64%)
  • 2023: Salario minimo 15.120 €; Salario modale 15.575 € (Divario: 3%)

Come è potuto succedere? Semplice: mentre il salario minimo veniva aumentato a tappe forzate (+46% solo tra il 2018 e il 2023) per raggiungere gli standard europei (il famoso 60% del salario medio), il salario più frequente è addirittura diminuito in termini nominali (-8,6%). L’obiettivo era nobile, ma il risultato è che l’SMI ha raggiunto il 97% del salario modale. Non ha “tirato” gli altri stipendi, non ne ha portato a una crescita, anzi il contrario; li ha raggiunti mentre quelli restavano fermi o indietreggiavano. Alla fine il salario più frequente è quello minimo, non quello frutto della contrattazione.

Il vero problema: inflazione e potere d’acquisto

Ma, come sanno i nostri lettori, i numeri nominali raccontano solo mezza storia. All’appello manca l’inflazione, che dal 2019 ha accumulato un +22,93%.

Se ricalcoliamo in termini reali (cioè il vero potere d’acquisto), il quadro si fa ancora più fosco. Lo studio di Pinto calcola che tra il 2018 e il 2023:

  • Il salario minimo reale è sì aumentato, ma “solo” del 26% (e, nota bene, nel 2023 il suo valore reale è sceso sotto quello del 2019: l’inflazione morde anche lì).
  • Il salario modale reale è letteralmente crollato: -21,1%. Questo è quanto il maggior numero di spagnoli incassa in meno.

Il divario reale tra i due è sempre lì, al 2,93%, ma è una convergenza ottenuta distruggendo il potere d’acquisto dei salari più comuni.

Salario Minimo e Salario Minimo da El Economista

Produttività, questa sconosciuta

Il problema, come sottolinea Pinto, è “un forte aumento nominale del salario minimo, ben al di sopra della crescita della produttività”. Mentre la paga base veniva decisa a tavolino, il resto degli stipendi restava stagnante, frenato da bassa produttività, inflazione e frammentazione contrattuale. Praticamente il salario minimo ha drenato le risorse per il totale del monte salari. 

Persino l’AIReF (l’autorità fiscale indipendente spagnola) già nel 2020 notava che l’aumento dell’SMI non spostava la struttura salariale verso l’alto, ma causava “una maggiore concentrazione dei salari” ai livelli più bassi. Raymond Torres di Funcas è d’accordo: il problema non è l’SMI in sé (che partiva da livelli bassi), ma la stagnazione del salario modale dovuta alla “debole crescita della produttività”.

I rischi della “trappola”

E così, la Spagna si ritrova con una struttura salariale “appiattita”. Secondo l’INE (l’istituto di statistica spagnolo), la percentuale di lavoratori che guadagna tra una e due volte il salario minimo è schizzata da circa il 30% nel 2015 a oltre il 54% nel 2023. Un modello più egualitario, si dirà. Sì, ma verso il basso.

I rischi di questa trappola sono chiari e strutturali:

  1. Disincentivo: Se la paga base è quasi uguale a quella più comune, che incentivo c’è a formarsi, migliorare o produrre di più? La mobilità verticale si blocca.
  2. Lavoro sommerso: Con un minimo legale così alto rispetto alla produttività marginale di alcuni settori, cresce l’incentivo all’economia informale.
  3. Erosione della classe media: La classe media perde potere d’acquisto e prospettive di avanzamento, con buona pace degli investimenti e dei consumi futuri.
  4. Stagnazione strutturale: Si consolida un mercato del lavoro rigido, dove il prezzo è fissato “amministrativamente” e non legato al valore economico.

La politica batte l’economia (per ora)

Non è tutta colpa dell’idea del salario minimo. L’economista Laurine Pividal (Coface) nota che la Spagna era molto indietro e l’aumento ha aiutato la domanda interna. Il problema di fondo, come spesso accade, è la mancanza di un meccanismo tecnico e legato all’economia reale (produttività, inflazione), come quello che vige, ad esempio, in Germania.

In Spagna, la definizione dell’SMI è rimasta una decisione squisitamente “politica”, usata per ottenere consenso, un po’ come la promessa di Zapatero sulle pensioni o gli aumenti di Sánchez. Si è cercato di “colmare il divario” con un atto d’imperio, dimenticandosi che se la produttività non segue, il risultato non è un arricchimento generale, ma un pericoloso appiattimento. Però l’aumento del salario minimo è stato pagato dalla totalità dei lavoratori: alla fine qualcuno paga sempre il conto. 

Immagine illustrativa

Domande e risposte

Cosa significa che il salario minimo e quello più frequente sono quasi uguali?

Significa che la paga base legale (Salario Minimo Interprofesionale) è cresciuta così tanto (+46% dal 2018) da raggiungere quasi lo stipendio che riceve la maggior parte dei lavoratori (il salario “modale”). Nel 2018 c’era una differenza del 40%, oggi è solo del 3%. Invece di “tirare” in alto tutti gli stipendi, il salario minimo ha semplicemente raggiunto quelli più comuni, che nel frattempo, in termini reali (contando l’inflazione), hanno perso potere d’acquisto. Si è creato un appiattimento della struttura salariale verso il basso.

Perché gli altri stipendi non sono aumentati insieme al salario minimo?

Il problema principale è la stagnazione della produttività. Gli aumenti del salario minimo sono stati decisi politicamente, in modo slegato dalla crescita economica reale. Mentre la paga base aumentava per decreto, l’economia reale non generava abbastanza valore da permettere un aumento corrispondente degli altri stipendi (come il modale). Questi ultimi, anzi, sono stati erosi dall’inflazione, perdendo valore reale. L’aumento del minimo non è bastato a “trascinare” il resto del mercato, che è rimasto fermo.

Quali sono i rischi di questo “appiattimento” degli stipendi?

I rischi sono strutturali. Se la paga base è quasi uguale a quella più comune, si riducono gli incentivi a formarsi e a migliorare la propria produttività (perché il guadagno è minimo). Questo frena la mobilità sociale e la crescita della classe media. Inoltre, un salario minimo alto rispetto alla produttività reale di alcuni settori può spingere le aziende verso l’automazione, il lavoro temporaneo o, peggio, l’economia sommersa. Si rischia una stagnazione strutturale, con un mercato del lavoro rigido e poco meritocratico.

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