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Energia

La super-raffineria nigeriana Dangote inciampa. Meno greggio e stop alla benzina: un “assist” inatteso all’Europa.

Il colosso nigeriano da 650.000 barili/giorno, costato 20 miliardi, riduce gli acquisti di greggio di oltre il 50% per guasti tecnici. L’autosufficienza della Nigeria slitta e, ironicamente, i prezzi della benzina in Europa restano alti

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La chiamano la “speranza dell’Africa”. La gigantesca raffineria integrata Dangote, un colosso da 20 miliardi di dollari e 650.000 barili al giorno (BPD) situato vicino a Lagos, in Nigeria, doveva segnare l’indipendenza energetica del paese e trasformare i mercati petroliferi dell’Africa occidentale.

E invece, dopo l’avvio nel 2024, la doccia fredda. La mega-raffineria sta lottando per soddisfare la domanda locale e, secondo gli ultimi rapporti, sta drasticamente riducendo i suoi acquisti di greggio a causa di importanti battute d’arresto operative.

I dati di tracciamento delle petroliere e le liste di allocazione dei carichi, analizzati da Bloomberg, parlano chiaro: questo mese la raffineria dovrebbe acquistare meno di 300.000 barili al giorno di greggio. Si tratta di un crollo di oltre il 50% rispetto al picco di 600.000 barili al giorno registrato a luglio, e meno della metà della capacità teorica dell’impianto.

Deposito della raffineria di Dangote

Il cuore del problema: guasti e stop alla produzione

La causa di questo drastico rallentamento? Una serie di “intoppi operativi”, per usare un eufemismo. Il rapporto menziona problemi significativi, tra cui guasti imprevisti, possibili sabotaggi da parte dei lavoratori e difficoltà legate alla riorganizzazione interna.

Il cuore del problema sembra essere l’unità di produzione di benzina (il Residue Fluid Catalytic Cracker, o RFCC), che ha subito diverse interruzioni quest’anno. Secondo la società di intelligence IIR Energy, questa unità cruciale, che doveva ripartire questa settimana dopo uno stop che durava da fine agosto, potrebbe doversi fermare di nuovo a gennaio per lavori di manutenzione straordinaria.

Il ciclo produttivo RFCC

Questa situazione sta già avendo due effetti tangibili:

  1. Impatto locale: Mantiene alta la pressione sui prezzi della benzina in Nigeria, vanificando (per ora) l’obiettivo dell’autosufficienza.
  2. Impatto internazionale: Crea un vantaggio inatteso per i raffinatori europei, che rischiavano di essere spiazzati dalla grande produzione di questo impianto moderno ed efficiente.

L’ironia del mercato: i problemi di Dangote sostengono i prezzi in Europa

E qui scatta l’ironia della sorte. L’avvio della raffineria Dangote era visto come una minaccia per le raffinerie europee, che per decenni hanno prosperato esportando benzina raffinata (spesso dallo stesso greggio nigeriano) verso l’Africa occidentale.

Con l’impianto di Dangote a mezzo servizio, la Nigeria e i suoi vicini sono costretti a continuare a importare benzina dall’Europa per coprire il fabbisogno locale.

Neil Crosby, analista di Sparta Commodities, ha dichiarato che “la benzina europea è stata estremamente forte (nei prezzi) come risultato dei problemi di Dangote”. Finché la raffineria nigeriana avrà un “track record scarso”, ha aggiunto, questo “sosterrà la benzina europea”.

In pratica, il fallimento (temporaneo) del gigante nigeriano sta aiutando a sostenere i margini di raffinazione nel Vecchio Continente, che già affrontava una crisi di sovrapproduzione.

Prospettive future: scetticismo e “Piano B”

Nonostante la Nigerian National Petroleum Company Limited (NNPC) stia fornendo 1,5 milioni di barili al mese tramite un accordo in valuta locale (naira), la raffineria ha rallentato gli acquisti spot, ad esempio non piazzando ancora ordini per il greggio americano WTI per novembre.

Gli analisti rimangono scettici sulla possibilità che l’impianto possa operare a pieno regime nel breve termine.

  • FGE NexantECA ritiene “probabile che Dangote continuerà ad affrontare problemi anche l’anno prossimo”, aggiungendo un “sentiment rialzista” al mercato della benzina in vista della prossima estate.
  • Wood Mackenzie Ltd. avverte che, se i problemi non verranno risolti, la raffineria sarà costretta a modificare il suo mix di produzione, rinunciando alla benzina (ad alto valore) per concentrarsi su esportazioni di olio combustibile (a basso valore) verso l’Asia.

Il sogno di Aliko Dangote di alimentare la Nigeria e creare un mercato da 21 miliardi di dollari all’anno per il greggio locale non è svanito, ma è certamente rimandato. Nel frattempo, a Rotterdam, ringraziano.

Alikko Dangote, l’uomo più ricco d’Africa, proprietario della raffineria Dangote

Domande e Risposte sul testo

1) Perché la raffineria Dangote, pur essendo così grande, sta riducendo la produzione?

La raffineria sta affrontando seri “intoppi operativi”. Il problema principale risiede nell’unità di produzione di benzina (RFCC), che ha subito guasti imprevisti e diverse interruzioni. A questo si aggiungono segnalazioni di possibili sabotaggi e difficoltà organizzative interne. Questi fattori costringono l’impianto a operare a meno della metà della sua capacità, riducendo drasticamente l’acquisto di greggio e la produzione di carburanti finiti, in particolare la benzina.

2) Qual è l’impatto principale di questi problemi sulla Nigeria?

L’obiettivo primario della raffineria era rendere la Nigeria autosufficiente dal punto di vista energetico e ridurre i prezzi del carburante. Con la produzione di benzina a singhiozzo, questo obiettivo fallisce. Il paese è costretto a continuare a dipendere dalle importazioni di benzina, e la scarsità di offerta locale contribuisce a mantenere i prezzi interni del carburante elevati, con un impatto negativo su trasporti, inflazione ed economia reale.

3) In che modo i problemi di una raffineria in Nigeria aiutano l’Europa?

È un’ironia del mercato globale. Le raffinerie europee avevano perso una quota di mercato importante (l’Africa occidentale) con l’avvio di Dangote. Ora che Dangote non riesce a produrre abbastanza benzina, la Nigeria e i paesi vicini devono tornare a comprare quella europea. Questa domanda “inattesa” dall’Africa aiuta a sostenere i prezzi della benzina in Europa e i margini di profitto dei raffinatori europei, che altrimenti sarebbero sotto pressione.

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