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La speculazione legata al Green Deal affossa l’industria europea

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Un bello specchietto di come funzione l’Unione europea. Si vogliono limitare le emissioni di CO2, quindi, invece che finanziare grossi investimenti pubblici per lo sfruttamento di fondi di energia verde a costi convenienti, si crea un sistema di scambio di “Certificati di emissione” di carbonio, (ETS) con tanto di borsa di scambio per gli stessi, salvo poi accorgersi che il tutto sta diventando uno strumento estremamente speculativo, con esplosione dei prezzi e quindi con penalizzazione delle imprese europee. Una scelta geniale, che ci dirige verso la deindustrializzazione.

Andiamo nei particolari, in un memento in cui i prezzi energetici crescono ed il petrolio Brent sfiora i 70 dollari, i diritti di emissione del mercato europeo ETS toccano i massimi:

La genialità di aver permesso un mercato dei diritti di emissione su piattaforma informatica è quello di aver creato un bel mercato speculativo in cui molti hanno comprato per speculare sui nuovi standard i emissione, più stringenti, mandando il prezzo alle stelle e facendolo passare dai 17 euro di aprile 2020 ad oltre 40 attuale. Un colpo per le aziende che utilizzano molta energia (come i settori acciaio, alluminio, chimica, metallurgia pesante etc) che rischiano di essere messe  fuori mercato dal combinato di alti prezzi di energia e di diritti di emissione.

Ora la UE, su sollecitazione danese, ha promesso di intervenire, ma, come spesso accade nelle lande di Bruxelles, la toppa rischia di essere peggiore del buco: si vuole limitare il numero di diritti in possesso per ogni operatore, ma le grandi aziende, che non fanno speculazione ed usano questi certificati effettivamente, spesso ne possedevano in quantità proprio per mettersi al sicuro dagli aumenti dei prezzi. In questo modo rischiano di venire ancor più  penalizzate. Senza contare poi la forte spinta in alto sui costi dei prodotti che questo sistema sta avendo in combianzione con il futuro meccanismo di aggiustamento al carbonio alle frontiere, il CBAM. Alla fine il consumatore europeo sarà sicuramente “Più verde”, o meglio “Più al verde”, nel senso che resterà senza un euro, per i consumi più banali.

 

 


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