Attualità
LA SEN. PAOLA DE PIN DEMOLISCE IN AULA IL DEF 2016
La Sen. Paola De Pin nella sua relazione demolisce il DEF presentato dal governo Renzi in discussione oggi in Senato.
Onorevoli colleghi,
ormai dovrebbe essere chiaro che ai Parlamentari nazionali dell’area euro è demandato sempre più il ruolo di meri certificatori di vincoli ed imposizioni decise altrove.
Vincoli e imposizioni che non rispecchiano affatto le effettive e peculiari esigenze socio economiche di ciascuno Stato, anche perché il disegno di dotare l’Europa di un effettivo mercato unico, di creare la cosiddetta Europa dei popoli, è rimasto praticamente solo sulla carta e nelle intenzioni dei Trattati.
Il Documento di economia e finanza, che sia quello del 2015 o del 2016, ne è la prova più evidente. Perché, per quanti miglioramenti possano essere apportati a questo testo, l’unico gesto sensato sarebbe quello di respingerlo in toto.
E’ pieno di rimandi e rinvii, cifre basate su ottimistiche previsioni future. Cifre indefinite in attesa di tempi migliori, di una ipotetica crescita e di previsioni totalmente inattendibili pur di cercare benevolenza e consensi a Bruxelles o forse semplicemente per seguire la falsariga dei diktat europei, al posto di proporre programmi di politica economica efficaci e coerenti con l’attuale situazione economica italiana, per il rilancio della domanda interna, investimenti e occupazione.
Appare ormai chiara la distanza dell’Italia rispetto alla crescita media europea, con un tasso di occupazione che rimane stabilmente al di sotto della suddetta media.
Un documento incentrato, fin dall’inizio, non solo a politiche di riduzione di un debito che effettivamente i cittadini non hanno contratto ma attraverso il quale, addirittura, si pensa di ridurre il rapporto debito/PIL attraverso la cessione di proprietà pubblica: la solita menzogna che si racconta per motivare ogni grossa privatizzazione attuata fin’ora.
Occorre ricordare come la protezione assoluta dei diritti sociali oggetto delle conquiste della nostra civiltà sia oggi subordinata al perseguimento dell’obiettivo della stabilità dei
prezzi. Ma tacendo questo obiettivo, sacrifici e ancora sacrifici vengono imposti agli italiani in nome del pareggio di bilancio, metastasi antistorica dissennatamente inoculata nella nostra Legge fondamentale.
Il DEF non da risposte alle reali e molteplici emergenze sociali del Paese. Onorevoli colleghi, il costo che ci impone l’Europa è ineludibile: svalutare i diritti di lavoratori, pensionati, malati, studenti. Con effetti più che proporzionali sull’economia reale- che si vorrebbe rilanciata-, mentre imprese che un tempo erano il nostro fiore all’occhiello
vengono comprate da chi si vuole appropriare della nostra storia o da chi vuole sbarazzarsi – ora – di pericolosi concorrenti.
Come il tentativo di smantellare il sistema sanitario pubblico per il profitto dei privati. Rimanendo in linea con le politiche di un Governo che ha portato al risultato che un cittadino su 10 rinuncia a curarsi per l’aumento del ticket e le interminabili liste d’attesa.
Per il 2016 erano previsti 117,6 miliardi dal DEF precedente del 2013, calati poi invece a 113,4 con il DEF 2015, per arrivare a un finanziamento reale di 111 miliardi, comprensivi di 800 milioni per i nuovi LEA.
Stiamo demolendo sistematicamente la più grande conquista sociale dei cittadini italiani: un Servizio sanitario pubblico, equo e universalistico da difendere e garantire alle future generazioni.
Andando nello specifico e confrontando gli attuali dati con quelli contenuti nel DEF del 2015, l’attuale coalizione di governo sarà soddisfatta per aver apparentemente azzeccato le previsioni, con uno scostamento minimo, del maggior indebitamento. In realtà questo basso scostamento deriva da una sovrastima complessiva delle entrate di 4,7 miliardi di euro e di 5 miliardi di euro per le uscite.
Abbiamo avuto una preoccupante sovrastima delle imposte dirette per ben 6,5 miliardi di euro, compensata parzialmente da un incremento delle imposte indirette dovute essenzialmente all’ampliamento della pratica di REVERSE CHARGE.
Dal lato delle uscite vi è stata una diminuzione delle retribuzioni dei dipendenti della P.A. per 3,1 miliardi di euro, variazione piuttosto inspiegabile visto che, il numero di Unità di Lavoro non è diminuito. Anche tenendo conto del fatto che il miliardo di euro previsto per la “buona scuola” non sia stato tutto di competenza del 2015, questo calo, a parità di forza lavoro, rimane inspiegabile.
In realtà il dubbio è che il sostanziale azzeramento dei pagamenti delle ore straordinarie per gli uffici non di staff e il forte taglio alle componenti del salario di produttività abbiano contribuito a questo ridimensionamento assolutamente controproducente in un’evidente crisi di domanda aggregata.
Tutto ciò fa sì che grandi e potenti lobby riescano a rendere più debole l’apparato pubblico in modo da impadronirsi dei suoi mezzi e competenze, sovente a prezzi di comodo.
D’altronde come fidarsi di un Governo che si fa portavoce delle lobby delle trivellazioni in mare e il cui Presidente del consiglio lancia moniti a favore dell’astensionismo per un referendum a riguardo.
E di una politica ambientale europea che sostiene la cattura e lo stoccaggio del biossido di carbonio come pratica e sicura e che invece è una tecnologia immatura, costosa e rischiosa che più che porre un argine alla emissione di gas serra è una giustificazione per costruire nuove centrali a carbone.
Tutto in linea con quelle che sono l’essenza e lo scopo di questo DEF. Come quando si parla di energia rinnovabile e poi si assiste alla proliferazione incontrollata delle centrali a biomasse che seppur in linea di principio non producono Co2 tuttavia portano ad un incremento delle emissioni di inquinanti atmosferici, come ossido di azoto, composti organici volatili e polveri, determinando, concretamente, un peggioramento della qualità dell’aria…
Posso pertanto concludere che solo la fortuna ha portato l’entità delle entrate e delle uscite a compensarsi, non certo per una reale capacità di governo nel pianificare e programmare i fenomeni economici a supporto delle reali esigenze della spesa pubblica. Abbiamo sacrificato ogni cosa sull’altare di una integrazione europea che ha costi insostenibili, sotto il profilo economico, sanitario, umano. Ebbene il peggiore augurio che l’FMI ha formalizzato, è sciaguratamente finalmente arrivato.
Grazie a questa ulteriore manovra la compressione dei diritti del cittadino ritrova un’interpretazione tra le più cupe del nostro millennio: dobbiamo chiedere ai nostri cittadini ogni sacrificio privandoli di ogni speranza, allungando irragionevolmente i tempi del pensionamento, ma soprattutto scoraggiando in ogni modo quelle legittime aspettative di vita che sarebbe stato necessario coltivare e incoraggiare.
Confido unicamente nell’onestà di tutti coloro che vorranno come me assumere una posizione netta, di critica e di contrasto esprimendo un voto profondamente, radicalmente, motivatamente, del tutto contrario.
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