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La Russia considera un “Price floor” per contrastare il “Price Cap” sul petrolio

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Il tetto al prezzo del petrolio imposto dal G7 è entrato in vigore lunedì, ma la risposta della Russia è quella di prendere in considerazione la possibilità di fissare un “prezzo minimo” per le sue esportazioni di greggio, come hanno dichiarato martedì a Bloomberg due funzionari di Mosca. Cioè Mosca si rifiuterebbe comunque di esportare il petrolio al di sotto di un certo prezzo. Questoi bloccherebbe una fetta del mercato.

La Russia aveva già affermato che non avrebbe spedito greggio a nessuno che avesse accettato il limite di prezzo del G7 e che avrebbe potuto rispondere tagliando la produzione di petrolio piuttosto che spedire il suo greggio con uno sconto troppo alto, come previsto dal limite di prezzo.

Il limite di prezzo del G7 è stato fissato a 60 dollari al barile e attualmente la Russia invia carichi anche a quel prezzo, potendo così avvalersi anche delle navi occidentali, ma questo non ha impedito a Mosca di minacciare un taglio produttivo.

Il limite di prezzo del G7 è stato creato apparentemente per limitare le entrate della Russia dalle vendite di greggio, ma se la Russia dovesse limitare la produzione in risposta al price cap, come ha detto di voler fare, i prezzi del petrolio potrebbero salire, vanificando ancora di più gli sforzi per limitare le entrate russe mentre continua quella che la Russia definisce la sua operazione militare speciale in Ucraina.

L’UE e il G7 hanno dichiarato che rivedranno il tetto massimo ogni due mesi, con la prima revisione a metà gennaio. Inoltre questo tetto sarà seguito a febbraio, da limiti simili riguardanti i prodotti petroliferi, anche se il loro livello è tutto da definire e l’Europa dipende fortemente dai prodotti distillati dalle raffinerie russe. Il rischio è che i price cap si convertano in un vero e proprio caos sui mercati petroliferi mondiali.

 


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