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La ricetta sulle tasse della grillina Montella che sembra scritta a Bruxelles

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Ieri è uscito sul Fatto Quotidiano un articolo che riportava le conclusioni di uno studio dell’economista di area 5 stelle Monica Montella, ricercatrice ISTAT e fresca docente a contratto alla Sapienza. Secondo la Montella invece di togliere le tasse sulla prima casa, come promesso da Renzi, sarebbe molto meglio tagliare decisamente le tasse sul lavoro, spostando la tassazione sul patrimonio, sia immobiliare, con la revisione degli estimi catastali e con un taglio delle agevolazioni fiscali, sia mobiliare, con l’inasprimento di tutte quelle imposte e tasse indirette come IVA agevolata, assicurazioni, addizionali, registro, utili distribuiti, PRA, fino ad arrivare ai diritti speciali sulle acque da tavola, telecomunicazioni ed il canone RAI che colpiscono i beni ed il risparmio.

Questo spostamento di tassazione provocherebbe un gettito fiscale permanente e strutturale, non legato al ciclo economico, un tesoretto stimato di 86 miliardi che potrebbe essere speso per sostenere i redditi. La ricercatrice ISTAT infatti nota che, mentre le tasse sul reddito pesano il 25% del PIL quelle indirette gravano solo per il 5%, pari a circa 86 miliardi, per cui un raddoppiamento di queste ultime porterebbe appunto ad un aumento del gettito della stessa somma.

La Montella nota che il patrimonio immobiliare degli italiani vale circa 6.000 miliardi, tre volte l’intero debito pubblico, e che tale patrimonio è tassato solo lo 0,4% per un gettito di 22 miliardi: portare il carico all’1% porterebbe ad un extragettito di circa 60 miliardi, che potrebbero essere spesi per la crescita. Altrimenti ci sarebbe la strada sempre percorribile della patrimoniale sui grandi capitali.

Questa posizione della ricercatrice ISTAT e docente universitaria è in linea con quanto richiesto ed indicato dal Consiglio europeo nella sua ultima raccomandazione di giugno 2005. E non sorprende che la UE voglia le tasse spostate sul capitale: nonostante la crisi ed il crollo dei redditi in Italia, diversamente che nei Paesi del Nord Europa, esiste infatti un risparmio investito, soprattutto in immobili, che è la vera riserva economica del Paese, un tesoretto che fa molto gola, l’ultima succosa “polpa” di un’Italia per il resto prosciugata nei redditi dagli ultimi tre governi e depredata delle proprie industrie via IDE.

Sorprende invece che un’iscritta del M5S ed una studiosa propugni una soluzione così profondamente ingiusta, insensata ed antidemocratica: da economista la Montella dovrebbe ben sapere che tutte le imposte indirette, ovvero non basate sul livello di reddito del contribuente, SONO PER DEFINIZIONE REGRESSIVE, ovvero tendono a colpire di più i redditi bassi. L’IVA ad esempio, aumentando il costo finale di un bene, tende a penalizzare il consumatore più povero per il quale quel costo incide percentualmente di più sulle sue disponibilità economiche. Lo stesso vale per le tasse ed imposte per servizi, concessioni e naturalmente per quelle che aggravano le bollette dei consumi. Sembra quasi che la docente ignori che esistano i poveri, per i quali un aumento nel costo dei servizi significa non poterne più usufruire, oppure che i poveri per lei non meritino di godere dei stessi diritti: non ti puoi permettere più un auto perché la patente, il bollo, l’assicurazione sono aumentati e vivi in mezzo alle montagne? Semplice, non ti muovi. Sei in Sicilia e bevevi acqua minerale perché non arriva quella pubblica o non è bevibile? Bevi di meno o bevi acqua non potabile (con tanti saluti al diritto alla salute). Una visione aristocratica della società civile.

Questo problema invece era ben presente ai nostri costituenti, che non saranno stati degli economisti come la Montella, ma erano persone sagge e profondamente democratiche: riporto un brano già citato su un altro post qui su SE

Se poi consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e neppure in misura proporzionale, ma in senso regressivo il che costituisce una grave ingiustizia sociale, che va eliminata, con una meditata e seria riforma tributaria

Oltre ad essere ingiusta poi la proposta è insensata perché chiede di far pagare più beni e servizi e quindi abbassare il potere di acquisto degli stipendi e salari, per trovare risorse con cui sostenere… stipendi e salari! Oltretutto la ricercatrice ISTAT dovrebbe sapere che qualsiasi inasprimento della tassazione sulle abitazioni farebbe crollare ulteriormente il loro valore (come è avvenuto nel 2012 con l’IMU) e che ciò, oltre ad impoverire tutti gli italiani nel loro patrimonio, spesso creato con duro lavoro e sacrifici, creerebbe problemi ai mutui accesi, in quanto la garanzia prestata attraverso ipoteca potrebbe diventare non più sufficiente, costringendo così le banche a chiedere un’integrazione o un ulteriore ipoteca. Non solo: le stesse banche attualmente sono imbottite di immobili acquisiti via pignoramenti che non riescono a vendere proprio grazie ad un mercato crollato per il peso della tassazione sulle case. I bilanci di queste, già estremamente fragili, vedrebbero peggiorare l’attivo per il deprezzamento degli asset immobiliari e l’aumento di rischio sui prestiti erogati, con conseguente peggioramento del loro TIER ed ulteriore stretta monetaria. Insomma la proposta Montella sarebbe una iattura, ammesso di ottenere il gettito da lei indicato, il che non e affatto scontato: l’economista grillina sa bene (o dovrebbe) che, superata una certa soglia di tassazione, all’aumentare del carico fiscale diminuisce il gettito perché aumenta l’evasione difensiva, la cessazione di attività diventate non più sostenibili, ecc.. Il tutto è rappresentato graficamente dalla c.d. Curva di Laffer che è questa:

laffer

In Italia siamo abbondantemente al di là del punto ottimale di pressione fiscale, per cui un qualsiasi aumento di essa provocherebbe una diminuzione del gettito e non una sua crescita. Anche qui sembra che l’economista dell’ISTAT ignori le difficoltà di molte piccole e medie imprese nell’avere quei margini di profitto che permettano loro di continuare l’attività e che un aumento della tassazione sugli immobili porterebbe alla chiusura, o che l’aumento del prezzo finale dei loro beni porrebbe fuori mercato, con in ambedue i casi, perdita di posti di lavoro ed in ultima analisi appunto di gettito fiscale.

Ma c’è anche un ultimo aspetto che va evidenziato, l’ennesima dimostrazione di quanto si ignorano le basi del nostro essere italiani: la proposta Montella è palesemente in violazione del dettato costituzionale ed antidemocratica. Come già accennato i nostri costituenti ebbero ben presente il problema dell’equità sociale della tassazione, come momento partecipativo al funzionamento della macchina pubblica attraverso il contribuio di tutti i cittadini, secondo le loro possibilità, e posero alla base dell’imposizione fiscale due principi: la capacità contributiva e il principio della progressività (art. 53 Cost.). La proposta Montella viola ambedue questi principi: la capacità contributiva, poiché le tasse indirette non tengono conto del reddito e hanno un costo fisso che grava di più sul meno abbiente; la progressività, perché sono appunto all’opposto regressive o al limite proporzionali, ma di certo non pesano in maniera maggiore sui più abbienti, con quell’effetto redistributivo che solo garantisce equità e uguaglianza, principi che sono alla base della nostra democrazia.

Spiace che per la foga di far quadrare i conti in maniera freddamente contabile la Montella, esponente di un movimento che fa della giustizia sociale e della difesa del cittadino comune la sua bandiera non si sia accorta di essersi posta in linea con i poteri finanziari che gestiscono l’Europa contro l’interesse dei cittadini e che vorrebbero trasformare l’Italia nella prossima Grecia: uno Stato interamente da privatizzare. Forse il fatto di essere diventata docente a contratto con un lauto stipendio l’ha un po’ allontanata dalla durezza del vivere auspicata (per gli altri) da Padoa Schioppa e che attualmente purtroppo permea l’esistenza di gran parte degli italiani.


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