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LA QUESTIONE DELLE AUTONOMIE VERO BANCO DI PROVA DI QUESTO GOVERNO (Di Nino Galloni)

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All’origine, il legislatore costituzionale aveva previsto che lo Statuto speciale dovesse venir riservato alle Regioni che, per posizionamento geografico, avrebbero visto compensato un gap di lontananza dal “centro”. Valle d’Aosta, Friuli e Trentino (qui con aggravio provinciale), Sardegna, soprattutto Sicilia.

Alla luce dell’esperienza – veramente negativa – delle Regioni a Statuto ordinario, specie per quanto riguarda il Sud, questo Governo deve affrontare la duplice sfida di un Nord che chiede maggiore autonomia e di un Sud che non ha saputo utilizzare l’autonomia stessa (la Sicilia ne è il caso più eclatante). I profeti di sventura prevedono che Lombardia e Veneto, fondamentali produttori del nostro sistema nazionale (ma la stessa Emilia è lì che si prepara), stresseranno le differenze, con rischi per la stessa tenuta dell’unità nazionale. Dissolvimento che sarebbe benaccetto dall’Unione Europea che preferisce “governare” con le Regioni piuttosto che con gli Stati (Catalogna, Scozia, ecc. docent).

La realtà è che non è l’autonomia regionale a fare la differenza, ma la qualità della classe politica e dell’amministrazione: vogliamo fare un paragone tra Sicilia (con forte autonomia) o Calabria da una parte e Toscana o Trentino (con forte autonomia) dall’altra?

Se ne esce con un richiamo al cambiamento della classe politica ed amministrativa, è vero….ma con quali programmi? Ogniqualvolta che, nel Sud, qualcuno avanza idee (infrastrutture, ambiente, turismo…), le risposte sono sempre le stesse: nel Sud ci sono arretratezza e criminalità (chi viene ad investire?) e poi non ci sono i soldi. Senza i soldi le belle idee rimangono tali e, quindi, occorre affrontare tale tema.

Se le forze che controllano lo  Stato (anche ben oltre quelle di passaggio al governo) ritengono di dover difendere l’unità nazionale, non c’è che una duplice soluzione: introduzione di una moneta parallela all’euro, statale, non a debito, a corso legale solo sul territorio nazionale, non convertibile (non proibita dal Trattato di Lisbona che parla di banconote (non di statonote!) a corso legale su tutto il territorio dell’Unione Europea); promozione di monete locali, capaci di favorire la valorizzazione dei prodotti e delle risorse del territorio, fiduciaria, non a corso a legale ma simile alle vecchie cambiali.

Anche le banche sarebbero chiamate a dare il loro contributo: con le buone o con le cattive spinte a fornire risorse (la creazione monetaria) alle attività produttive, con particolare riguardo a quei piccoli imprenditori di cui si parla sempre in modo distratto, ma che poi, all’atto pratico, non ricevono adeguate attenzioni in nessun campo.


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