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La povertà è il maggior dissuasore a emigrare

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“La povertà è il più grande dissuasore alle partenze. Se invece aumenti istruzione e reddito medio spingi le persone a partire”, a dirlo è Matteo Villa, coordinatore dell’osservatorio sulle migrazioni Ispi. E’ la conferma di quanto affermiamo, con puro spirito di osservazione e buon senso, da tempo: a fuggire non sono i poveri e disperati ma, quella fascia “privilegiata” che può permettersi un viaggio, pronta a rischiare la vita in cerca di quel modello occidentale e di benessere che, purtroppo è un ricordo di un passato cronologicamente non troppo lontano -parliamo di un paio di decenni- ma per i suoi effetti socio-economici è distante ormai anni luce dall’attuale condizione socio-economica. I nostri giovani sono stati depredati della più grande leva di crescita e di sviluppo per un Paese: l’aspettativa e la speranza per il futuro.

Forse è pleonastico ripetere ai lettori che il nostro livello di disoccupazione giovanile è oltre il 40% (dati ufficiali, ma quelli reali potrebbero essere ancora più sconfortanti…), che le continue manovrine imposte dall’UE, e che i nostri politici diligentemente eseguono, stanno privando le generazioni attuali e quelle future dei servizi fondamentali che un tempo lo Stato offriva ai cittadini, e che le aziende all’occhiello della nostra industria di produzione stanno passando una dopo l’altra nelle mani di capitali e speculatori trasnazionali, con buona pace del made in Italy. I nostri informati lettori lo sanno già, ma occorre che anche all’estero venga aggiornata l’immagine dell’Italia, non più Eldorado, ahimè, ma terra di disagio e senza prospettive, in cui l’unica forma di redistribuzione e di sostegno sociale è quella che genitori e nonni continuano a concedere ai loro figli (il famigerato familismo amorale, croce e delizia italica, che per ora ci tiene in vita).

Dirottare giovani stranieri pieni di speranze e di energie verso un Paese economicamente e socialmente morente è un duplice tradimento: verso di loro e verso di noi. Informarli attraverso campagne mirate, che operino alla radice dei flussi migratori, che la situazione economica italiana è radicalmente – e speriamo non irreversibilmente- cambiata è un atto doveroso e umanitario. L’Ue continua a gravare il suo anello più debole, cioè noi che siamo ormai i più vicini alla Grecia, del insostenibile fardello della questione immigratoria. Prendere le distanze da un problema così complesso e dai risvolti socio-economici così impattanti sulla già precaria situazione socio-economica  coprendosi gli occhi con la maschera del buonismo e dell’accoglienza è una soluzione comoda ma profondamente egoistica.

 

Ilaria Bifarini


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