Attualità
La politica e il gossip: il caso chat Fdi
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E alla fine la voglia di scoperchiare il vaso di pandora di quello che cova nei meandri della coalizione di centro destra, che governa il paese, ha prevalso sulla cronaca politica spicciola. La volontà nello specifico di colpire la premier, Giorgia Meloni, non tanto sul piano politico, che sarebbe legittimo e pure auspicabile, ma su quello del gossip e della dietrologia, ancora una volta sembra avere avuto il sopravvento. Era già accaduto con le inchieste di fan page sotto copertura. Inchieste che poi non hanno
portato a nessuna conseguenza dal punto di vista penale, e che sono state usate ad arte per cercare di colpire la premier e il suo partito in quello che da sempre viene ritenuto il suo tallone d’Achille, e cioè il presunto legame con il ventennio fascista.
Ora arriva un libro di Giacomo Salvini, bravo notista politica de “Il Fatto quotidiano” a cercare di mettere nuovamente in subbuglio il partito della premier e la sua maggioranza. Il giornalista di Travaglio ha recuperato (probabilmente, come spesso accade in questi casi, imboccato ad arte e volutamente, da qualche gola profonda all’interno del partito) una vecchia chat di Fratelli d’Italia del 2018, per realizzare un libro, che dovrebbe dimostrare il retropensiero di alcuni dirigenti di primo piano del partito della Meloni, su alleanze, alleati interni ed internazionali e su alcuni provvedimenti politici in discussione. È chiaro che il libro è stato pubblicizzato con grande maestria, grazie ad un battage pubblicitario notevole, fatto di indiscrezioni e lanci di stampa “succosi” sul contenuto di conversazioni che sarebbero dovuto
rimanere private.
Questo molto probabilmente determinerà un buon successo nei dati di vendita in libreria. Ma al di là di questo, che è legittimo ( tutti scrivono alla fine per vendere più libri degli altri, o almeno quello è l’auspicio) le modalità che si sono seguite nella stesura della fatica editoriale e lo stesso suo contenuto, pongono alcuni interrogativi sulla correttezza o meno, non si sa se sul piano penale, ma certamente su quello deontologico, di questo giornalismo da spioni, che sta ormai furoreggiando da anni ( ma che sta avendo il suo acme proprio in questi ultimi due anni di governo di centro destra).
Certo il pettegolezzo esisteva anche nella prima repubblica (proverbiali il gossip sulle presunte relazioni clandestine di Bettino Craxi), ma con ben altro stile e modalità. I tempi cambiano, si dirà, e anche i
personaggi coinvolti, ma resta comunque il dato di fatto che spulciare tra chat e conversazioni private, anche se di personaggi pubblici, è un modo di fare giornalismo non proprio edificante.
Ma scendendo nel merito dei fatti che molto abilmente il giornalista ha reso pubbliche, tramite alcune anticipazioni, durante alcune ospitate (curiosamente, ma forse nemmeno troppo, quasi tutte su la7) non sembrano così sensazionali da meritare addirittura la pubblicazione in un libro. Le dichiarazioni più
“succose” sembrerebbero essere quelle sulle poco gentili esternazioni fatte su Matteo Salvini e la Lega (a quell’epoca ministro nel governo gialloverde, verso il quale il partito della Meloni era fiera oppositrice) da parte di alcuni dirigenti di primo piano di Fratelli d’Italia. Certo poi non potevano mancare alcuni riferimenti sul fascismo e sulla presunta nostalgia da parte di alcuni membri del partito della premier.
Ma tornando a quello che sembra il tema principale delle chat e cioè le critiche anche dure alla Lega e al suo leader Matteo Salvini. Non si capisce davvero dove sia la sensazionalità nel rendere pubblico, quello che i dirigenti di un partito di opposizioni di scambiavo sul governo e alcuni suoi esponenti. Fratelli d’Italia, anche pubblicamente criticava apertamente le decisioni assunte da quel governo e quindi
non si vede perché in “privato” i suoi esponenti non dovesse usare gli stessi toni (anzi semmai la cosa dimostrerebbe la coerenza dei fratelli d’Italia). Definire in modo colorito, come farebbe il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanbattista Fazzolari, il Mazzarino della premier (in parlamento si sono sentite parole e visti gesti ben più gravi in questi anni) non pare una notizia da prima pagina, per dire.
A meno che non si voglia comunque tirare in ballo ed enfatizzare ancora una volta, in maniera strumentale, i contrasti che esisterebbero tra i partiti della maggioranza. Anche qui si rischia di cadere nell’ovvio, nel riconoscere che esistano divergenze da parte dei principali partiti della maggioranza. Che poi quattro anni fa, ci si lasciasse andare a espressioni più o meno colorite, verso questo o quell’esponente di governo, rientra nella normale dialettica tra maggioranza ed opposizione. Ma anche sulle dichiarazioni più strettamente politiche, come quelle riferite alla legge sull’autonomia differenziata, i distinguo da parte dei Fratelli, in temi comunque assai lontani da quelli attuali, sono risaputi, anche perché espressi più volte sia in pubblico che nelle stesse aule parlamentari. La politica di coalizione si basa proprio su alcuni compromessi tra le varie forze che lo compongono. E fino a che non si rompe, come per esempio accaduto in Germania, su questioni fondamentali, si discute e ci confronta, come è giusto e naturale che sia. È noto che la legge sull’autonomia differenziata, non sia mai stata una priorità per Fratelli d’Italia, che al sud ha un importante bacino di voti, e anche pubblicamente ha espresso qualche dubbio nel merito. Ma non ha mai posto veti e pregiudiziali sulla norma, che la Lega invece
insegue da anni. E’ chiaro che nelle chat private le dichiarazioni assumono un tono molto più colorito e confidenziale.
Ma se qualcuno spiasse e rendesse noto, quello che ci si dice, per esempio in alcune delle numerosissime chat delle scuole, ci sarebbe probabilmente ampia materia per assistenti sociali e psichiatri. Scoprire poi che Fratelli d’Italia nel 2018, quando era al 6%, mirava a conquistare più voti ai danni della Lega di Salvini (come poi puntualmente avvenuto) al tempo oltre il 20%, è cosa naturale, ovvia e arci conosciuta. Insomma, senza nulla togliere al buon Salvini, inteso come Giacomo non Matteo, tutta questa storia pare davvero come la classica tempesta in un bicchier d’acqua.
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