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LA NECESSITA’ DELLO STATO LAICO (di Giuseppe Drago)

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È dalla sua promulgazione che la carta costituzionale viene di volta in volta coccolata, tirata per la giacchetta, tradita, violentata. Fino a quando non ci comunicheranno la data del Referendum, col quale la si vuole sottomettere ulteriormente e definitivamente a principi contrari a quelli per cui fu scritta, tocca a noi difendere Lei.

Lei è sempre stata sottoposta a tentativi di attacco da parte di forze politiche che volevano incardinare leggi talvolta contrarie ai suoi principi, a volte no.

Da sempre, quando si voleva difendere Lei e di conseguenza Noi, si è sempre o quasi sempre invocata la Laicità dello Stato.

Certamente è sempre stata una battaglia di “visione”, tra chi si rifaceva a principi cristiani e chi voleva allargare la base dei diritti c.d. Civili. O come si direbbe oggi “cosmetici”.

Nella storia della nostra Repubblica sono ormai esempio scolastico le battaglie a riguardo di divorzio, aborto, interruzione vita, ad esempio, oppure in tempi più recenti il riconoscimento dei matrimoni gay, con tutti i sottostanti problemi “etici”, riguardo ad esempio l’adozione.

Innegabile è il fatto che la presenza “pesante” dei Papi, ha condizionato e non poco l’attività dei governi del paese. La presenza di CEI e Democrazia Cristiana, sono stati e sono una forte fonte di pressione nell’opinione pubblica e nei nostri rappresentanti parlamentari. Ci si è combattuti per anni su ogni questione etica e morale, invocando ogni volta il rispetto dei valori cristiani oppure invocando la laicità dello Stato.

Oggi alla luce dei recenti atti di violenza a sfondo religioso che interessano diversi stati europei, non gli USE, ci troviamo ad affrontare l’ennesimo scempio, morale e civile, verso i valori che, seppur nelle divisioni di parte, accomunano il nostro essere Italia.

Orbene, abbiamo assistito a chiare ed inequivocabili non prese di posizione spontanee e di condanna degli attentati, da parte delle comunità musulmane presenti sul nostro territorio. Abbiamo assistito alle parole di un Papa che si domanda stupito “Dove è dio?”, che di per se sarebbe già abbastanza. Abbiamo assistito all’invito di una sparuta pattuglia di Imam invitati nelle Chiese, come se fossimo noi infedeli riconducibili agli atti violenti che hanno caratterizzato lo scorso mese di luglio. Sarebbe stato sensato il contrario. Sarebbe stato opportuno da parte di queste comunità, invitare gli infedeli nei loro luoghi di culto in segno di apertura verso le società che li ospitano e che attraverso le loro leggi, garantiscono loro diritti che nei paesi di origine sono utopia.

Tornando a noi ed alla laicità della costituzione e quindi dello Stato, mi pare pur troppo semplice evidenziare quelle “criticità” se non complete incompatibilità, tra le nostre regole Costituzionali e la professione della fede islamica.

Come possiamo conciliare la manifesta inferiorità con cui si circoscrivono gli ambiti di libertà delle donne nel mondo musulmano, ad esempio con l’articolo 3 della Costituzione, che garantisce ai cittadini “pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”?

Come possiamo conciliare la sharia con l’articolo 8 della Costituzione che sancisce che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge e che possono organizzarsi purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano?

Come facciamo ad ignorare che le comunità islamiche presenti sul territorio siano oggetto di usi, costumi e consuetudini in aperto contrasto con le libertà fondamentali prescritte nella nostra Carta Costituzionale? Non possiamo ignorare, o forse lo abbiamo fatto troppo a lungo, nonostante la cronaca ci abbia ciclicamente riportato notizie in merito, di uccisioni di ragazze “troppo” influenzate da noi “infedeli”, colpevoli di non essere delle buone musulmane? Uccise solo perché non portavano il velo in pubblico, uccise perché si sono rifiutate di accettare matrimoni combinati? È accettabile per la nostra società far finta di niente per non urtare sensibilità diverse dalle nostre, avere donne segregate in casa? Donne che non possono compiere normali gesti quotidiani come muoversi liberamente, imparare la lingua, proseguire gli studi, lavorare e quindi avvicinarsi a quella integrazione di cui tanto si favoleggia? Sappiamo che è impedito ad una donna musulmana sposare un uomo di religione diversa?

Quale integrazione è possibile se la comunità che si pretende integrante è chiusa e monolitica a tal punto di anteporre alle leggi dello Stato ed i suoi organi Costituzionali, Tribunali Religiosi? Pur nei nostri molteplici difetti, i rapporti con il Vaticano sono stati regolati dai Patti Lateranensi e dal successivo Condordato del 1984. Altre confessioni religiose hanno regolato i rapporti con lo Stato Italiano, firmato “intese” ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione.

Lo Stato Italiano non preclude ad alcuna confessione religiosa, purché essa non contrasti con l’ordinamento giuridico dello Stato e ne riconosca senza indugio, la supremazia “Laica” dello stesso.

Come possiamo conciliare la legge islamica con l’articolo 54 della Costituzione che ci dice che “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.?”

Come conciliare l’apostasia, la conversione ad altro credo religioso diverso dall’islam, con l’articolo 19 della Costituzione che recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume?”

Come conciliare il velo integrale in presenza del divieto di dissimulare la propria identità in luoghi pubblici o aperti al pubblico? Le piscine ad uso esclusivo per le donne musulmane? La lapidazione?

Insomma, al netto del credo religioso che ognuno è libero di professare, risulta innegabile e facilmente confutabile, il fatto che esistano evidenti contrasti tra il nostro ordinamento giuridico e le leggi, gli usi ed i costumi islamici.

Senza che questo porti ad uno scontro di “civiltà”, sarebbe opportuno per chiunque, riconoscere le leggi e le libertà fondamentali che una nazione si è data, senza la pretesa di piegarle a proprio uso e consumo.

La Presidenta potrebbe illuminarci circa la sua posizione di paladina dei diritti delle donne. Oppure è in palese contrasto con se stessa?

Drago Giuseppe


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