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La miglior arma dell’Occidente non è un cannone, ma una trivella

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L’attacco russo all’Ucraina ha rivelato la grande fragilità dell’Occidente, soprattutto dell’Europa occidentale, nei confronti della Russia: la dipendenza energetica. Chi legge Scenari ha già avuto occasione di conoscere questo puntio attraverso innumerevoli  articoli, ma vi rimando una sola immagine che spiega tutto.

Abbiamo spiegato chi ne sia stato il responsabile principale, in collaborazione con quelli secondari di diversi paesi, ma non è tempo di recriminare.  Bisogna guardare avanti.

Illudersi che le energie rinnovabili possano sostituire le fossili nell’arco di un anno o due è, appunto, un’illusione, anzi una follia. La crisi che già stiamo vivendo è proprio collegata a questo sogno perseguito, senza lucidità, da Bruxelles, e che sta impoverendo tutte le famiglie europee, e facendo chiudere migliaia di aziende. L’energia nucleare può aiutare, ma con tempi lunghi. Ammesso che vi fosse un accordo politico una centrale atomica, anche modulare, richiede tempi medio-lunghi per essere costruita. Quindi nel breve o brevissimo non c’è alternativa che il fossile.

Draghi nel suo discorso ha parlato di riapertura delle centrali italiane a carbone. Probabilmente, anzi sicuramente, la Germania dovrà fare lo stesso. Greta pesterà i piedini, beh può andare a pestarli al Cremlino e vedere l’effetto che fa, ma è una mossa insufficiente. Attualmente il 4,9 % dell’energia italiana viene dal carbone, anche raddoppiandolo non si sostituisce la generazione da gas. L’unica alternativa al gas è il gas, ma non russo.

La maggiore arma contro la Russia è una trivella. Una trivella veloce, come quelle utilizzate dalle aziende texane per l’estrazione dello shale gas. Facciamo un esempio: questa società texana per la produzione di Shale Gas impiega 16 settimane per mettere in produzione un pozzo di gas  naturale da shale:

  • pre drilling 3 settimane;
  • drilling (scavo) massimo 7 settimane
  •  attività post drilling una settimana
  • fractuoring una settimana
  • trivellazione post fracturing  una settimana
  • flowing, (riempimento liquido) tre settimane
  • produzione

Sono quattro mesi. L’Europa ha aree adatte all’utilizzo di queste tecnologie

Se non vedete l’Italia è semplicemente perché non ci sono prospezioni in materia. Comunque la diffusione è ampia e in zone con una densità abitativa non particolarmente ampia. , soprattutto all’est. Poi ci sono i giacimenti off-shore

Le aree in sviluppo off shore nel Mediterraneo sono relativamente poche.

Se si crede veramente nella “Transizione ecologica” e questa non è stato solo uno sporco trucco di qualche politico per renderci al servizio del gas e del petrolio russo, arabo o americano, allora questa è la soluzione per una transizione energetica sicuro. Non è per sempre, ma, supponiamo, per una quindicina d’anni, il tempo di trovare qualcosa di meglio.

Per sfruttare queste risorse ci vogliono.

  • investimenti, e questo è semplice, vista la redditività attuale dell’oil & gas;
  • tecnologie, e queste sono ampiamente disponibili;
  • volontà politica con semplificazione, anzi cancellazione, dei vari iter autorizzativi, almeno per i prossimi 24-36 mesi.

Ecco il terzo punto è il vero problema, perché la nostra politica a parole attacca Putin, ma, quando si tratta di fare qualcosa di pratico, soprattutto a Bruxelles o a Berlino, è serva dei propri preconcetti ideologici, del proprio “Bunker” di idee non flessibili e che non affrontano la realtà dei fatti. Ecco perché ora ci stiamo schiantando contro un muro che schiaccerà la nostra industria e che spremerà le nostre tasche.

 

 

 


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