Difesa

La Marina del Venezuela: tanta propaganda, ma le navi affondano (da sole) o sono ferme ai box

La Marina di Maduro è un bluff? Tra sottomarini fantasma e navi che si scontrano con navi da crociera, la vera minaccia per una flotta nemica arriva dal cielo.

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Il Presidente venezuelano Nicolas Maduro, con la consueta retorica, ha tuonato contro il dispiegamento americano nei Caraibi, giurando che per gli Stati Uniti non c’è “alcuna possibilità” di invadere la nazione sudamericana. Mentre il governo distribuisce armi ai civili in preparazione di un’ipotetica difesa terrestre, sorge spontanea una domanda: ma sul mare, come se la cava il Venezuela?

La risposta, a conti fatti, disegna un quadro ben diverso dalla propaganda di Caracas. Secondo analisti ed esperti di sicurezza marittima, la capacità della Marina Bolivariana del Venezuela è, a essere generosi, estremamente limitata. La realtà, come spesso accade, è molto meno roboante delle dichiarazioni politiche. Una curiosità è che le due navi forse più interessanti e curiose sono di costruzione italiana. 

Una flotta da “acque marroni”

Andrea Resende, docente di relazioni internazionali presso l’Università di Belo Horizonte in Brasile, è lapidaria: la flotta venezuelana ha capacità operative definite “brown and green water”, ovvero è in grado di operare solo in prossimità delle coste e nelle acque fluviali. Scordiamoci il mare aperto.

Le recenti esercitazioni militari, come la “Luisa Caceres de Arismendi” o la “Caribe Soberano 200”, confermano questa valutazione. I video diffusi dalla stessa Marina mostrano principalmente navi da trasporto anfibio e pattugliatori costieri, impegnati in manovre a pochi chilometri dalla terraferma. Delle unità da combattimento più importanti, come fregate e sottomarini, nessuna traccia.

I gioielli di famiglia: arrugginiti e dispersi

Il vero problema della Marina venezuelana risiede nelle sue unità principali, quelle che dovrebbero costituire la spina dorsale di una flotta credibile.

  • Sottomarini: Sulla carta, il Venezuela possiede due sottomarini classe Sabalo, di costruzione tedesca degli anni ’70. Gli analisti sono concordi nel ritenerli “non operativi”. Uno di essi, il Sabalo, è stato avvistato in un video di aprile all’interno di un hangar del cantiere navale Dianca. Non esattamente un segnale di prontezza al combattimento. Si tratta di mezzi diesel elettrici che, anche se fossero perfettamente operativi, non sarebbero una grossa preoccupazione.
  • Fregate: Lo stato delle fregate classe Mariscal Sucre, acquistate dall’Italia negli anni ’80, è un altro mistero. La fregata Almirante Brión , Classe “Luporisultava in manutenzione a fine 2022, ma da allora né la Marina né il cantiere hanno confermato il suo ritorno in servizio attivo. Di fatto, non esistono immagini recenti e affidabili di queste navi in mare. Se fosse manutenuta, con i suoi missili Otomat Mk 2, sarebbe anche di un certo valore, ma non se ne sa nulla.
  • Varie corvette e pattugliatori, come quelli classe Gaicamacuto

    Classe Gaicamauto

  • Un sottomarino da incursione VAS 525, costruito anche questo in Italia, dalla GST, è un minisommergibile da incursione. Sarebbe un interessante mezzo da incursione, ma le basi della flotta USA sono troppo lontane.

il VAS 515, che porta cinque incursori

Quando il nemico è un reef (o una nave da crociera)

Anche le navi che riescono a navigare non se la passano benissimo. Le corvette classe Guaqueri, ad esempio, soffrono di una dotazione improvvisata, con l’integrazione di missili di derivazione iraniana (C-802/CM-90) e l’installazione di cannoni antiaerei ZU-23, considerati inadatti all’impiego navale.

A questo si aggiungono incidenti a dir poco imbarazzanti che hanno ulteriormente ridotto i ranghi:

  • Il pattugliatore Warao si è gravemente danneggiato nel 2012 colpendo una barriera corallina durante un’esercitazione con il Brasile. Non è mai rientrato pienamente in servizio.
  • Il pattugliatore Naiguatá è affondato nel 2020 in seguito a una collisione con la nave da crociera di lusso Resolute, in un bizzarro tentativo di abbordaggio in acque internazionali.

Vedetta lanciamissili venezuelana di costruzione iranianaclasse  Peykaap II. Questi mezzi, al massimo, potrebbero essere utilizzati in tentativi di imboscata. 

L’aiuto iraniano e il vero deterrente

L’unica vera novità arriva dall’Iran, che ha fornito al Venezuela alcune capacità di deterrenza costiera. Si tratta principalmente di motoscafi veloci classe Peykaap III, in grado di lanciare missili, e di sistemi lanciarazzi multipli Fajr-1 installati su imbarcazioni leggere. A questi si aggiungono i droni, sviluppati con l’assistenza di Teheran.

Tuttavia, concordano gli esperti, queste non sono armi in grado di creare una vera deterrenza marittima contro una superpotenza. Il vero asso nella manica di Maduro, il suo reale potere deterrente, non è in mare, ma in cielo. Come sottolinea Andrei Serbin Pont, presidente del think tank CRIES, “la maggior parte delle capacità anti-nave” venezuelane risiede nell’Aeronautica Militare.

La vera minaccia per una flotta d’invasione sarebbero i caccia Sukhoi Su-30 di fabbricazione russa, armati con i potenti missili anti-nave Kh-31. È lì, e non in una flotta fantasma e obsoleta, che risiede la reale (e comunque limitata) capacità del Venezuela di difendere la propria sovranità.

Niente che gli F-35 B e gli AV8 dei Marines non possano affrontare.

Missile KH-31

Domande e Risposte

1) Ma allora il Venezuela è completamente indifeso sul mare? Non completamente. La Marina venezuelana, pur non potendo operare in mare aperto, mantiene una certa capacità di difesa costiera. Grazie ai motoscafi veloci e ai sistemi missilistici di origine iraniana, può attuare tattiche di “guerriglia marittima” per rendere un eventuale sbarco anfibio un’operazione complessa e costosa per l’invasore. L’obiettivo non è vincere uno scontro diretto, ma infliggere danni e complicare le operazioni nemiche vicino alla propria costa. Tuttavia, questa capacità è puramente difensiva e a corto raggio.

2) Perché la flotta venezuelana si trova in questo stato di abbandono? Le cause sono molteplici e interconnesse. La devastante crisi economica che ha colpito il paese ha prosciugato i fondi per la manutenzione, l’acquisto di pezzi di ricambio e l’addestramento. Le sanzioni internazionali hanno reso quasi impossibile ottenere componentistica occidentale per le navi di origine europea. A questo si aggiunge un decennio di cattiva gestione e probabile corruzione all’interno delle forze armate, che ha portato a un progressivo degrado di mezzi complessi e costosi come le unità navali maggiori.

3) Qual è il vero deterrente del Venezuela contro un’invasione? Il vero deterrente, secondo gli analisti, è l’Aeronautica Militare. In particolare, la flotta di caccia multiruolo Sukhoi Su-30MK2 di fabbricazione russa. Questi aerei, se operativi e ben equipaggiati, possono trasportare missili anti-nave a lungo raggio come i Kh-31. Volando a bassa quota e ad alta velocità, rappresentano una minaccia molto più credibile e letale per una flotta nemica rispetto alle obsolete e malconce navi della Marina. L’aviazione costituisce quindi il principale strumento di proiezione di potenza e di difesa strategica del Venezuela.

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