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La maledizione della “Regina Rossa”: il petrolio USA corre, ma rischia di restare fermo

Il boom del petrolio di scisto americano nasconde una debolezza fatale: i pozzi si esauriscono a una velocità allarmante. L’Agenzia Internazionale dell’Energia lancia l’allarme, ribaltando le sue previsioni. Ecco perché l’industria USA deve correre solo per restare ferma e come questo cambia gli equilibri energetici mondiali.

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I pozzi di petrolio da scisti bituminosi sono molto produttivi nel primo anno, ma poi si esauriscono rapidamente. Le aziende che operano in questo settore devono quindi continuare a investire sempre più denaro nella produzione solo per mantenere costante la produzione, un fenomeno noto come “sindrome della Regina Rossa”, dal nome del personaggio di Lewis Carroll in “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Questo è dovuto a un fenomeno noto di esaurimento dei pozzi da scisto che presentano il seguente andamento produttivo:

  • Un pozzo di scisto perde tra il 70% e il 90% della sua produzione iniziale nei primi tre anni.
  • Senza nuove perforazioni, il calo produttivo annuo si attesta tra il 20% e il 40% di quella iniziale, per cui c’èm una necessità di continui investimenti.

Quindi è difficile, nel lungo termine, mantenere un eccesso produttivo con i pozzi con tecnologia moderna, tranne che non si continui a investire.

Punto di estrazione dello shale oil

La AIE cambia opinione: basta eccesso d’offerta

Un recente rapporto dell’AIE lo conferma, affermando che i giacimenti di petrolio e gas mondiali stanno diminuendo a un ritmo più rapido di quanto si pensasse in precedenza, lasciando il settore energetico ad affrontare una costosa battaglia per mantenere la produzione.

Infatti, dal 2019 i gruppi petroliferi e del gas hanno speso 500.000 dollari nella produzione di petrolio e gas, quasi il 90% degli investimenti annuali, semplicemente per arrestare il declino dei giacimenti esistenti.

“La situazione significa che l’industria deve correre molto più veloce solo per rimanere ferma”, ha affermato il capo dell’AIE Faith Birol.

Si tratta di una svolta di 180 gradi da parte dell’agenzia, che in precedenza aveva messo in guardia da un “sorprendente eccesso di offerta” di greggio.

L’AIE ha analizzato i dati provenienti da 15.000 giacimenti di petrolio e gas e ha concluso che la produzione sta diventando sempre più precaria a causa della crescente dipendenza dal petrolio e dal gas di scisto, dove i giacimenti necessitano di continue nuove trivellazioni per mantenere la loro produzione.

Washington County PA. Perforazione di un pozzo con la tecnica dello Shale Oil

Nel suo rapporto di martedì, l’IEA ha anche suggerito che se le compagnie petrolifere smettessero completamente di investire,

  • la produzione globale di petrolio si ridurrebbe di 5,5 milioni di barili al giorno, circa la produzione combinata di Brasile e Norvegia. Il calo del gas naturale è salito a 270 miliardi di metri cubi all’anno da 180 miliardi di metri cubi all’anno.
  • il petrolio e il gas di scisto statunitensi crollerebbero del 35% nel primo anno dopo la cessazione delle trivellazioni, secondo il FT.

Reuters ha riferito che, dopo aver raggiunto il picco di produzione, il calo medio annuo della produzione è stato del 5,6% per i giacimenti di petrolio convenzionali e del 6,8% per i giacimenti di gas convenzionali. Il fatto che la produzione non sia eccessiva rispetto alla domanda è la posizione dell’OPEC+, tra l’altro.

Le Conseguenze: dal lavoro a Wall Street al Medio Oriente

Il calo della produzione dei giacimenti di petrolio e gas significa che la produzione petrolifera si concentrerà gradualmente in Medio Oriente e in Russia, dove i grandi giacimenti diminuiscono più lentamente.

Questo effetto “Regina rossa ” ha forti effetti anche sull’occupazione negli USA: solo quattro gironi fa sottolineavamo che le major USA stessero licenziando nonostante la produzione record, a causa dei prezzi del petrolio bassi.

I posti di lavoro nel settore dello shale statunitense sono diminuiti dell’1,7% ad agosto, i produttori hanno rallentato le trivellazioni, rinviato i completamenti e spinto sull’efficienza dopo un calo del prezzo del petrolio di circa il 12% dall’inizio dell’anno.

Chevron prevede una riduzione del 20% della forza lavoro e ConocoPhillips fino al 25%, anche se le aziende cercano di mantenere la produzione con investimenti inferiori.

Il settore dello shale negli Stati Uniti sta registrando i tagli di posti di lavoro più consistenti degli ultimi tre anni, poiché i produttori rispondono al calo dei prezzi del petrolio rallentando l’attività di trivellazione e aumentando l’efficienza attraverso il consolidamento e la riduzione dei costi, ha scritto Paraskova.

Poiché il prezzo del petrolio è pericolosamente vicino al punto di pareggio per molte piccole aziende indipendenti, il settore dello shale statunitense è in una fase di attesa.

Oilprice in un   articolo, sottolineava  che lo slancio nel settore dello shale statunitense sta svanendo, con vari amministratori delegati di aziende dello shale che affermano che la produzione sta raggiungendo il picco.

Anche a Wallstreet ci sono dei dubbi: in una lettera agli azionisti relativa al primo trimestre, Diamondback Energy “continua a ritenere che, ai prezzi attuali del petrolio, la produzione di petrolio da scisti negli Stati Uniti abbia probabilmente raggiunto il picco e che i livelli di attività nei 48 stati continentali rimarranno depressi”, ha affermato l’amministratore delegato Kaes Van’t Hof.

Diamondback ha eliminato quattro impianti di perforazione nel secondo trimestre, riducendo l’attività da 17 a 13 impianti. L’azienda prevede attualmente di utilizzare da 13 a 14 impianti di perforazione e cinque squadre di completamento per il resto dell’anno.

Il numero di impianti di perforazione petrolifera negli Stati Uniti è diminuito di circa 60 unità quest’anno, di cui 59 solo nel secondo trimestre, e il numero di squadre di completamento attive nel Bacino Permiano è sceso a circa 70, con un calo di oltre il 25% rispetto al 2024, ha aggiunto il dirigente.

Con i prezzi del petrolio depressi, i guadagni in termini di efficienza potrebbero sostenere la produzione di petrolio negli Stati Uniti, ma non per troppo tempo. Il calo delle piattaforme operative e delle squadre di fratturazione si manifesterà tra pochi mesi.

Se i prezzi del petrolio rimarranno ai livelli attuali o inferiori, le società di trivellazione statunitensi rallenteranno ulteriormente i livelli di attività, poiché il loro obiettivo principale in questo periodo è preservare la liquidità e restituirla agli azionisti, non aumentare la produzione a tutti i costi.

Il numero totale di impianti di trivellazione attivi per petrolio e gas negli Stati Uniti è nuovamente diminuito nella settimana terminata il 29 agosto, secondo i dati di Baker Hughes.

Il numero totale di impianti negli Stati Uniti è sceso a 536, in calo di 47 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Il numero di impianti è ancora vicino ai minimi degli ultimi quattro anni.

Quindi niente eccesso del prezzo, anzi il rischio che la produzione sfugga dagli USA e torni in altre aree che, anche politicamente, non proprio amichevoli, come la Russia. Trump punta a prezzi bassi del petrolio per invogliare a una fine del conflitto in Ucraina, e questo potrebbe porlo in difficoltà.

Pozzo Shale oil

Domande e Risposte sul Tema

1) Qual è il problema fondamentale del petrolio di scisto descritto nell’articolo?

Il problema fondamentale è la “Sindrome della Regina Rossa”. A differenza dei pozzi convenzionali, quelli di scisto hanno un tasso di declino estremamente elevato, perdendo fino al 90% della loro produttività in tre anni. Questo costringe le compagnie a investire incessantemente in nuove e costose trivellazioni non per espandere la produzione, ma semplicemente per rimpiazzare il petrolio che non viene più estratto dai pozzi esauriti. È una corsa continua e dispendiosa solo per mantenere stabili i livelli produttivi.

2) Perché il recente rapporto dell’AIE è così importante?

L’importanza del rapporto risiede nel suo cambio di prospettiva radicale. Per anni, l’AIE e altri analisti hanno visto lo shale oil statunitense come una fonte quasi inesauribile che avrebbe garantito un eccesso di offerta globale. Ora, l’agenzia certifica la fragilità di questo modello produttivo, riconoscendo che la sua sostenibilità è molto più precaria di quanto si pensasse. Questa ammissione cambia le carte in tavola per le future strategie energetiche globali, ridimensionando il ruolo dello scisto come “game changer” a lungo termine.

3) Quali sono le ricadute pratiche di questa situazione a livello globale?

Le ricadute sono duplici. A livello industriale, negli USA si assiste a un rallentamento delle attività, con tagli ai posti di lavoro e agli investimenti, poiché le aziende preferiscono la stabilità finanziaria alla crescita. A livello geopolitico, la ridotta capacità di espansione dello shale oil americano potrebbe far tornare il baricentro del potere petrolifero verso i produttori tradizionali come l’OPEC+ (guidato da Arabia Saudita e Russia), che controllano vasti giacimenti convenzionali con tassi di declino molto più bassi e costi inferiori.

E tu cosa ne pensi?

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