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LA MAFIA E I POTERI FORTI

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Nel Seicento, o ancora nel Settecento, nessuna persona di buon senso avrebbe dubitato dell’esistenza delle streghe, e nessuno avrebbe mai dubitato dei loro speciali, demoniaci poteri. La spiegazione è semplice: se di una cosa parlano tutti, se ad essa credono tutti, il singolo per umiltà si conforma: “Chi sono io per negare ciò di cui tutti sono certi?”

Purtroppo c’è chi sposta l’umiltà ancor più lontano, fino a rischiare l’accusa di presunzione. Infatti dice: “Perché dovrei farmi forte della sapienza altrui, se a me personalmente quel dato non risulta? Io non darò per sicura l’esistenza delle streghe finché non ne avrò la prova e finché non diverrà una mia personale opinione”.

Usando questo metodo, si può dubitare di molte cose. Non certo dell’esistenza di una città chiamata Adelaide, perché basta prendere una nave o un aereo ed andarci; per non parlare di fotografie, resoconti di amici, enciclopedie e via dicendo. Ma quando si arriva all’anima immortale, l’evidenza di tutti non basta a costituire una prova. Dell’esistenza del cervello e delle sue funzioni non si può dubitare, perché il fatto è sperimentale, dell’anima sì.

Analogamente, si può dubitare della Mafia. Attenzione, non della delinquenza, eterna ed universale; e neppure della criminalità organizzata. Si può dubitare dell’esistenza di un’entità diversa e separata dalla criminalità organizzata, chiamata Mafia. Questo è infatti un concetto di cui si può fare a meno senza che nulla cambi.

I dati di partenza sono semplici: dovunque c’è delinquenza. Essa è tanto più forte e tanto più estesa quanto più lo Stato è debole ed assente: dunque meno a Monaco di Baviera e più a Palermo. Inoltre essa è tanto più piramidale ed organizzata quanto più grande è la città: per conseguenza più a Marsiglia che a Nantes. E i due criteri si intrecciano: se la città è grande e lo Stato è pressoché assente, la criminalità organizzata sarà massima; se lo Stato è molto presente e la comunità umana è piccola, non ci sarà quasi nessuna criminalità.

Sulla base di questo criterio, la criminalità organizzata a Palermo (e non a Ragusa) è del tutto inevitabile: e non è necessario inventare un’entità diabolica e diversa, chiamata Mafia. Del resto, che questa “associazione” non abbia niente di specialmente siciliano è dimostrato dal fatto che a New York si è a lungo parlato, e forse si parla ancora, della “Mafia” locale, che in Italia si parla di “Mafia cinese” e che tutti consideriamo la “Yakuza” la Mafia giapponese.

Analogamente discutibile è il concetto di “Poteri Forti”. Essi includono tante entità – basti vedere quante ne enumera Galli Della Loggia(1) – che alla fine da un lato la lista è troppo lunga per tenerla a mente, dall’altro rimane aperta a qualche “Potere” momentaneamente dimenticato. In realtà questi organismi corrispondono semplicemente a quell’ “establishment” che il Garzanti traduce con: “classe dirigente, potere costituito”. E poiché in nessun Paese possono mancare una classe dirigente e un potere costituito, per se l’esistenza dei “Poteri Forti” non dovrebbe comportare nessuna speciale conseguenza. Il problema nasce quando questo establishment, a causa di un’etica insufficiente, tende a conservare i propri indebiti privilegi o a contrastare le innovazioni che reputa per sé dannose, vanificando in concreto le leggi, corrompendo la classe politica, stravolgendo, in fin dei conti, la volontà popolare. E poiché l’insufficiente livello etico non è una caratteristica esclusiva di questo strato della società, bisogna credere che anche coloro che oggi non fanno parte dell’establishment, se cominciassero a farne parte, si comporterebbero come gli altri. La classe dirigente e la società sono l’una lo specchio dell’altra.

Naturalmente, scendere dai miti colorati delle streghe, della Mafia o dei Poteri Forti, per atterrare sul banale terreno della realtà, non è gradevole. Chi lotta contro la Mafia è autorizzato ad assumere pose gladiatorie e a credersi un eroe; se invece ci si rende conto che la vera lotta contro la Mafia comincia dalla morale spicciola, tutto diviene contemporaneamente più banale e più difficile. E per quanto riguarda una più capillare presenza dello Stato, bisogna ricordarsi che la città si risana punendo chi rompe il vetro di una finestra – come fece il sindaco di New York Giuliani – non condannando all’ergastolo qualcuno sulla base delle dichiarazioni dei pentiti.

Finché cercheremo di sconfiggere i miti non avremo mai successo: perché i miti non esistono. E non avremo successo finché non considereremo moralmente inammissibile raccomandare un bambino perché passi dalla terza alla quarta elementare. Se non migliora l’etica nazionale, a tutti i livelli, non cambierà molto.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

24 gennaio 2014

(1)http://www.corriere.it/editoriali/14_gennaio_24/qual-vero-potere-forte-0da05182-84c4-11e3-a075-38de66619eb5.shtml

 


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