Attualità
LA LINEA TSIPRAS-VAROUFAKIS: USCITA GRADUALE DALL’EURO? (di Claudio Moffa)
I sondaggi recitano un testa a testa, ma le due manifestazioni di ieri dicono che dovrebbe vincere il no: 30mila persone in piazza Sintagma, la metà nello stadio, Tsipras grande oratore, addirittura assenti i due sindaci leaders del sì. Ma cosa accadrà se vincerà il no?
Bisognerebbe evitare a destra i pregiudizi della sinistra sull’Ungheria di Orban. I sovranisti sanno che l’origine primaria del debito sta nella perdita o nella mancanza di sovranità monetaria, intesa come diritto-dovere dello Stato all’emissione monetaria e all’acquisizione del relativo profitto. “Poi”, nella fase della circolazione della moneta, viene la questione degli interessi.
L’Ungheria di Orban ha percorso entrambi i binari, e forte di una moneta nazionale controllata e emessa dal governo, ha raggiunto tassi di sviluppo paragonati in qualche mappa della BEI a quelli della Germania, ovviamente tenendo conto dei diversi punti di partenza. La Grecia al contrario sta agitando ‘solo’ l’obbiettivo della riduzione del debito (- 30%), aggradendo nei fatti – che sia esplicitata o no – la questione degli interessi e dell’anatocismo. Ma dopo? Che vuol dire la lunga trattativa durata mesi e mesi tra Atene e i mostri bancario-finanziari che stanno affamando non solo la Grecia ma tutti i popoli europei? Che vuol dire un referendum che non pone l’alternativa radicale tra euro o uscita dall’euro, e si accontenta solo di contestare il ‘pacchetto’ oggetto del lungo braccio di ferro tra il governo greco e i governanti della finanza europea e mondiale?
Qualche sovranista risponderà che Tsipras è un bluff, magari aggiungendo “non è di destra”. E’ già successo. Io non sono d’accordo e aspetto i fatti dopo il voto di domani: potrebbe darsi che le dichiarazioni di volontà di adesione all’eurozona siano vere, ma potrebbe anche darsi che siano il frutto della convinzione che se hic et nunc il popolo greco fosse stato chiamato a decidere tra tra euro sì euro no, avrebbero vinti i nemici di Tsipras e Varoufakis. O quanto meno, il Consiglio di Stato avrebbe potuto bloccare il referendum.
Tutto cioè, potrebbe essere letto come un “piano B” graduale di uscita dall’euro – magari provocato da una rottura decisa da Juncker e dai suoi sponsor BCE e FMI – che deve giocoforza tener conto della campagna di stampa martellante e minacciosa dei soliti noti, che agitano chissà quali catastrofi in caso di rottura tra Grecia e Strasburgo. Peggio di così, un popolo ridotto alla fame?
Tutto il ping pong degli ultimi mesi potrebbe essere dunque rivisto in questa luce: compreso il commissariamento un paio di mesi fa di Varoufakis, il quale – guarda caso – il 2 luglio scorso ha tirato fuori (di nuovo?) la proposta di una doppia monetazione per il suo paese – idea questa circolata per l’Italia anche tra i sovranisti nostrani – da una parte gli euro, dall’altra, nel caso greco, la moneta virtuale dei bitcoin.
Conviene dunque aspettare, tra l’altro considerando l’ipotesi che l’eroica lotta del popolo greco potrebbe o sostenere o smascherare la fugace dichiarazione del “socialdemocratico” Shultz sulla necessità dei governi europei di controllare la BCE. Aspettare dunque, anche se la Grecia di Syriza ha già raggiunto tre obbiettivi: ha fatto rialzare la testa alla Politica come soggettività capace di trattare e ribellarsi ai diktat di Banche e finanza transnazionale. Una cosa che non accadeva almeno dagli anni Novanta.
Due, ha praticamente mostrato la capacità di fare sponda sulla Russia di Putin e sul nuovo polo finanziario euro-asiatico e dei Brics. Infine, ha chiamato alla lotta i Greci in nome della dignità nazionale, sottolineando un leitmotiv ideologico peraltro condivisibile da molta destra, e cioè che questa Europa delle banche e della Finanza non ha nulla a che vedere con l’Europa delle origini e i suoi Valori, a cominciare dalla democrazia ateniese. E’ troppo grecocentrico? Forse, c’è anche la Roma di Giulio Cesare, assassinato da Bruto “l’usuraio” (Angiolo Franzoni), e la Roma dei Padri fondatori della Chiesa. E’ allora è “poco”? No. Magari ci fosse qualcuno in Italia capace di parlare così, Tsipras e il governo greco – la “peggiore sinistra” per l’incredibile Berlusconi – stanno volando alto come nessun leader italiano con lo stesso peso e ruolo del primo ministro greco è mai riuscito a fare nell’ultimo quarto di secolo.
Claudio Moffa
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