Economia
La Harris vuole tassare al 25% le plusvalenze NON realizzate. Se vince assisteremo alla più grande fuga di capitali della storia
Tassare le plusvalenze non realizzate al 25% come vuol fare la Harris, convincerà i benestanti USA a spostare le proprie ricchezza in capo a controllate all’estero, perfino in paesi che non sono per niente paradisi fiscali.
Diverse fonti hanno messo in evidenza come Kamala Harris appoggi il piano del Presidente Biden per una tassa sulle plusvalenze del 44,6% e una tassa del 25% sulle plusvalenze non realizzate per chi ha un patrimonio di oltre 100 milioni di dollari.
In teoria, questo ridurrebbe il deficit fiscale e agirebbe contro una pericolosa disuguaglianza; in pratica, come mette in evidenza Rabobamk, ma come anche come comprende qualsiasi persona di buona volontà, questo porterà al più grande trasferimento di ricchezza dagli USA ad altrove.
Naturalmente, il fatto che l’aumento delle tasse sia già stato sollevato da Biden e non sia passato, dimostra che il Presidente propone e il Congresso dispone. E se il Congresso ha votato contro aveva degli ottimi motivi.
Tassare l’aumento di ricchezza delle persone sopra i 100 milioni con una tassa dell 25% significa tassare l’aumento delle quotazioni dei titoli che non vengono realizzati. Questo pone alcuni grossi problemi:
- prima di tutto se si tassano le plusvalenze allora bisogna detrarre, o rimborsare, le minusvalenze. Questo viene a generare una complessa contabilità annua di plusvalenze e minusvalenze, un autentico caos.
- chi ha 100 milioni in titoli può benissimo esternalizzarli in una società collocata in un paese dove il valore è definito alla vendita, non sulla base della quotazione dell’anno, cioè quasi tutti i paesi al mondo, perfino parte del mondo occidentale. Facciamo un esempio pratico: un multimilionario americano che trasferisse i titoli ad una società con sede in Italia non rischierebbe di pagare tasse sulle plusvalenze non realizzate, e l’Italia non è sicuramente un paradiso fiscale. Fa fede in bilancio il valore di acquisizione.
Alla fine dei circa 25 mila cittadini americaniche si presume abbiano un patrimonio superiore ai 100 milioni quanti manterrebbero ta titolarietà dei beni negli USA? Avremmo probabilmente uno dei maggiori trasferimenti di ricchezza all’estero della storia. Però proseguiamo con l’esempio dell’Italia: da noi è possibile rivalutare una partecipazione pagando una cifra forfettaria del 16%. Una rivalutazione utile per le partecipazioni molto vecchie in bilancio. Se però il MEF decidesse un regime agevolato per le rivalutazioni di partecipazioni estere detenute da società con sede in Italia per più di tre anni, con società di nuova formazione, ad esempio un 5%, avremmo un enorme incentivo alla costituzione di società di cittadini americani in Italia. Ovviamente qualche paese ci starà già pensando.
Quindi auguriamoci la vittoria della Harris, se vogliamo vedere una fuga della ricchezza dagli USA: probabilmente il controllo di molte multinazionali a stelle e strisce passerebbe nella mani di società costituite all’estero.
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