Economia
La Guerra del Grano non è in Ucraina, ma nelle piazze italiane – Proteste contro il grano ucraino
Il grano italiano crolla a 28€, costi alle stelle e import selvaggio: la rivolta di 20.000 agricoltori svela il paradosso della nostra pasta e i rischi per la salute.
Sembra una scena d’altri tempi, eppure è la fotografia dell’economia agricola italiana del 2025. Ventimila agricoltori in piazza, da Bari a Palermo, con sacchi di grano tricolore vuoti a simboleggiare una crisi che svuota tasche e granai. La protesta, organizzata da Coldiretti, non è un semplice malumore, ma la denuncia di un sistema che, a detta dei produttori, assomiglia più a un Far West che a un mercato regolamentato. L’accusa è rivolta ai cosiddetti “trafficanti di grano”, un termine colorito per descrivere un meccanismo di mercato che strangola i produttori nazionali a vantaggio delle importazioni.
Come mostra il grafico sull’andamento del prezzo del frumento, dopo la fiammata speculativa del 2022, legata a ben note vicende internazionali, i prezzi sono crollati, tornando a livelli che oggi, con costi di produzione ben più alti, sono semplicemente insostenibili.
Photo by Evi Radauscher on Unsplash
Il paradosso del grano: prezzi giù, costi su
Il cuore del problema sta in una “forbice” economica che si allarga sempre di più, mettendo a rischio la sopravvivenza di oltre 140.000 aziende, specialmente nel Mezzogiorno, culla del grano duro italiano. I numeri sono impietosi e descrivono una situazione insostenibile:
- Prezzo del grano duro: Crollato a 28 euro al quintale, con una perdita secca del 30% in un solo anno.
- Costi di produzione: Aumentati in media del 20% a partire dal 2021, tra energia, fertilizzanti e lavorazioni.
- Sproporzione nella filiera: Per un chilogrammo di pasta venduto al consumatore a circa due euro, all’agricoltore che ha prodotto la materia prima restano in tasca appena 28 centesimi.
Questo squilibrio non è solo un problema per gli agricoltori, ma un sintomo di una disfunzione che percorre l’intera catena del valore, fino alla tavola dei consumatori. Del resto il grafico che mostra i prezzi del grano sui mercati internazionali è impietoso:
Globalizzazione o concorrenza sleale? L’invasione del grano estero
Se il prezzo nazionale crolla, è perché i silos italiani si riempiono di grano importato. La protesta punta il dito contro le massicce importazioni da Paesi come Canada, Turchia e Russia. Il problema, sottolinea Coldiretti, non è solo quantitativo ma anche qualitativo e sanitario. Spesso questo grano estero viene coltivato utilizzando sostanze chimiche e fitosanitarie vietate da anni in Europa, come il glifosato canadese, ampiamente utilizzato nella fase di pre-raccolta per seccare artificialmente la pianta.
Si crea così un doppio paradosso:
- Economico: Gli agricoltori italiani, che rispettano normative ambientali e sanitarie tra le più stringenti al mondo, vengono schiacciati dalla concorrenza di chi produce a costi inferiori grazie a regole meno rigide.
- Sanitario: Sulle nostre tavole rischia di arrivare un prodotto che non rispetta gli stessi standard di sicurezza del “Made in Italy”, mettendo in discussione la tutela del consumatore.
Le ricette: meno borse merci frammentate più attenzione ai prezzi
Di fronte a un mercato che evidentemente non si auto-regola in modo efficiente, le richieste degli agricoltori hanno un sapore decisamente keynesiano: serve un intervento regolatore per riequilibrare i rapporti di forza. Le proposte avanzate dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini sono chiare:
- Stop alle Borse Merci locali: L’attuale modello di formazione dei prezzi è considerato obsoleto e soggetto a manovre speculative. Si chiede di sostituirlo con una Commissione Unica Nazionale (CUN), un organismo che possa garantire trasparenza e un prezzo più equo, basato sui reali costi di produzione.
- Maggiori controlli: È necessario far rispettare la legge che vieta la vendita di prodotti agricoli sotto i costi di produzione, una pratica commerciale sleale che oggi sembra essere la norma.
- Investimenti strategici: Il segretario generale Vincenzo Gesmundo ha inoltre invocato un piano di investimenti pubblici per creare infrastrutture di stoccaggio e bacini idrici. L’obiettivo è costruire riserve strategiche nazionali di cereali e acqua, un passo fondamentale per garantire la sovranità alimentare del Paese in un mondo sempre più instabile.
In sintesi, la protesta del grano non è solo la difesa di un settore, ma una questione che tocca la sovranità alimentare, la salute pubblica e il modello economico che vogliamo per il nostro Paese. Lasciare che il nostro grano venga sottopagato mentre importiamo prodotti di dubbia qualità è un affare per pochi speculatori, ma una perdita per l’intera collettività.
Domande e Risposte
1. Perché i prezzi del grano sono così bassi se i costi per produrlo continuano ad aumentare?
La causa principale è la forte pressione esercitata dalle importazioni di grano dall’estero, spesso a prezzi molto più bassi. Questa abbondanza di offerta sul mercato italiano deprime le quotazioni del prodotto nazionale. Gli agricoltori italiani, a differenza di alcuni concorrenti esteri, devono sostenere costi più elevati a causa di normative ambientali e del lavoro più stringenti. Si aggiungono poi dinamiche speculative sulle borse merci che non sempre riflettono l’equilibrio reale tra domanda e offerta, ma piuttosto le aspettative dei grandi operatori internazionali, schiacciando così i piccoli produttori.
2. Il grano importato che troviamo nella pasta è un rischio per la salute?
Secondo le denunce delle associazioni di categoria come Coldiretti, una parte del grano importato da paesi extra-UE (come Canada, Turchia o Russia) è trattata con sostanze chimiche, come l’erbicida glifosato o altri pesticidi, il cui uso è vietato o fortemente limitato in Europa per motivi sanitari e ambientali. Sebbene esistano controlli alle frontiere, il rischio che residui di queste sostanze arrivino nel prodotto finale esiste. La richiesta di maggiore trasparenza e tracciabilità serve proprio a garantire che tutto il cibo consumato in Italia rispetti gli elevati standard di sicurezza europei.
3. Cos’è la “Commissione Unica Nazionale” (CUN) proposta dagli agricoltori e come funzionerebbe?
La CUN è un organismo paritetico, composto da rappresentanti di tutte le parti della filiera (agricoltori, trasformatori industriali, commercianti), che avrebbe il compito di stabilire un prezzo di riferimento nazionale per il grano, trasparente e basato sui costi di produzione reali. L’obiettivo è superare l’attuale sistema di borse merci locali, ritenuto frammentato e facilmente influenzabile dalla speculazione. La CUN mira a dare maggior potere contrattuale ai produttori e a creare un meccanismo di prezzo più stabile ed equo, riducendo le forti oscillazioni che danneggiano la programmazione delle aziende agricole.
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