Energia
La Germania rischia 100 lunghi blackout all’anno, se segue i programmi del governo sul carbone
Katherina Reiche, responsabile del più grande operatore di rete di distribuzione tedesco mette in guardia dai blackout che potrebbero risultare dalla progressiva chiusura delle centrai a carbone. Si potrebbe arrivare a 100 blackout, ciascuno della durata anche di 21 ore
Katherina Reiche, responsabile del più grande operatore di rete di distribuzione della Germania, mette in guardia da enormi lacune di fornitura nella rete elettrica in vista di un’eliminazione graduale del carbone entro il 2030. In un certo scenario, sono possibili fino a cento arresti all’anno, che potrebbero durare fino a 21 ore.
Nell’industria energetica crescono i dubbi sulla possibilità tecnica di porre fine alla produzione di energia elettrica a carbone in Germania entro il 2030, senza mettere a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico. La direttrice dell’operatore di rete Westenergie, Katherina Reichem, ha messo in guardia sulle conseguenze di questa scelta.
Secondo l’esperta, sulla base dei dati metereologici degli ultimi 30 anni e le capacità di produzione di energie alternative disponibili nel 2030, se si chiudono le centrali tedesche a carbone potrebbero generarsi lacune fortissime nelle forniture con la necessità di applicare dei blackout che potrebbero durare da 1 a 10 sino a 21 ore come risulta dalla sua intervista al Wirtschaftspublizistische Vereinigung ripresa dalla Welt.
Ovviamente questo sarebbe inaccettabile per un Paese industrializzato come la Germania. “Potremmo dover rimandare l’eliminazione del carbone per un po’ di tempo”, ha affermato la Reichen. Westenergie fornisce elettricità, gas, acqua e internet a circa otto milioni di persone nella Germania occidentale. Con una rete elettrica di quasi 200.000 chilometri, la filiale di Eon è il più grande operatore di rete di distribuzione del Paese.
Secondo l’attuale legge sull’eliminazione graduale del carbone, la combustione del carbone nelle centrali elettriche tedesche deve terminare al più tardi nel 2038. Tuttavia, il governo di coalizione ha concordato che l’eliminazione del carbone dovrebbe avvenire “idealmente” entro la fine del decennio, al fine di contribuire maggiormente alla riduzione del riscaldamento globale.
Di recente si sono levate voci in politica contro un’uscita prematura dal carbone. Alla fine di febbraio, tre premier degli Stati della Germania Est hanno chiesto al Governo tedesco di cancellare la data del 2030 in questo contesto. Il Ministro Presidente del Brandeburgo Dietmar Woidke (SPD) ha sostenuto che interrompere l’uso del carbone dal 2023 impedirebbe una pianificazione sicura dell’approvvigionamento energetico. Anche i Ministri Presidenti della Sassonia e della Sassonia-Anhalt, anch’essi Stati produttori di carbone come il Brandeburgo, si sono opposti a un’eliminazione anticipata. Al contrario, il governo statale nero-verde del Nord Reno-Westfalia ha raggiunto un accordo con il Gruppo RWE per terminare la produzione nella Renania, la più grande regione mineraria di lignite in Europa, già nel 2030.
Il Partito Verde, nel frattempo, insiste sulla data di eliminazione anticipata. “Noi Verdi nel Bundestag vogliamo anticipare l’eliminazione del carbone al 2030”, si legge sul sito web del gruppo parlamentare. Secondo i partiti di governo, la percentuale di elettricità generata dall’energia eolica e solare dovrebbe raggiungere l’80% entro questa data. Attualmente, è poco più della metà. Anche le organizzazioni ambientaliste stanno spingendo per una rapida eliminazione. “Questo è l’unico modo per raggiungere gli obiettivi climatici della Germania e completare la transizione energetica. Non ci può essere un ‘business as usual'”, si appella la Federazione tedesca per l’ambiente e la conservazione della natura (BUND) ai responsabili politici e parla di un “enorme divario nella protezione del clima”. La sicurezza dell’approvvigionamento non è messa a rischio dal rapido ritmo del cambiamento.
La guerra in Ucraina e le stesse politiche ambientaliste rendono difficile l’abbandono
Le previsioni per l’abbandono del carbone da parte della Germania si basavano anche su un maggior uso del Gas Naturale a costi contenuti proveniente dalla Russia in grandi quantità. De resto Nord Stream era stato costruito proprio con questa finalità. Il gas naturale doveva essere il ponte e si prevedeva che le nuove centrali a gas sarebbero poi state in grado di funzionare a idrogeno, anche se non è mai stato chiaro quale energia lo avrebbe generato.
La guerra ha fatto saltare questa parte del piano e la Germania, sotto la spinta ideologica verde, ha pure chiuso le centrali nucleari. Ora il gas, in massima parte GNL o gas del Mare del Nord, costa molto più di quello russo: un’analisi commissionata dalla società di consulenza britannica Cornwall Insights ha anche sottolineato di recente che il margine finanziario del governo tedesco per sostenere le centrali elettriche a gas si è ridotto. Tuttavia, senza sovvenzioni, questi generatori di energia non possono essere gestiti in modo redditizio, secondo le fonti del settore. Quindi l’energia dal gas naturale può esistere solo se sovvenzionata.
Non solo: la scelta di puntare su mobilità elettrica e su pompe di calore, anch’esse elettriche, verrà a porre ancora più problemi alla rete elettrica e incentiverà i problemi di fornitura.
Una sleta ovvia e intelligente sarebbe quella di proseguire con la produzione elettrica da carnbone sino a quando non si fosse trovata una fotne alternativa stabile e affidabile, ma parliamo dell’ideologia climatica, nella qquale la logica mantiene un posto sescondario. Vedrete che, alla fine, la Germania green e socialdemocratica preferirà, nonostante tutto, i blackout al carbone.
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