Europa

La Francia si ribella: 86% contro il taglio dei giorni festivi. Una tassa nascosta

Per recuperare 44 miliardi, il governo francese propone di eliminare il Lunedì di Pasqua e l’8 Maggio. Ma la reazione è unanime: l’84% dei francesi dice no, scatenando una nuova potenziale crisi sociale. Una misura percepita come una “tassa mascherata” che evoca lo spettro di proteste di massa. Una mossa assolutamente impopolare

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Il governo francese di François Bayrou aveva una missione chiara: risparmiare 44 miliardi di euro. La soluzione proposta, tuttavia, ha innescato una vera e propria crisi sociale: tagliare due giorni festivi per dipendenti privati e statali. Però quella che doveva essere una misura finanziaria si è trasformata in un inaspettato campo di battaglia, con i francesi che hanno capito subito la posta in gioco e si sono uniti in una protesta quasi unanime.

La proposta di cancellare il Lunedì di Pasqua e l’8 Maggio, inizialmente respinta dal 73% dei francesi a metà luglio, ha visto la sua impopolarità salire alle stelle durante l’estate, raggiungendo l’84% di contrari, come evidenziato da un sondaggio del quotidiano Le Parisien.

Un rifiuto trasversale e inequivocabile che attraversa ogni strato della società e ogni schieramento politico, con il 99% degli elettori di LFI (La France Insoumise) e il 91% di quelli di RN (Rassemblement National) che si oppongono fermamente. Persino i simpatizzanti del partito di destra LR (Les Républicains), tradizionalmente più inclini al rigore economico, sono contrari nel 72% dei casi. L’unica debole eccezione è rappresentata dai sostenitori del partito di governo Renaissance, che si mostrano timidamente d’accordo con una risicata maggioranza del 52%. Una maggioranza in una minoranza ristretta. Tra l’altro il dato è praticamente uguale per le due festività:

Un’imposta mascherata e la paura di una nuova crisi sociale

I francesi non sono contrari solo a tagliare questi specifici giorni, ma al principio stesso della misura. L’80% ritiene di avere già pochi giorni di festa e il 74% pensa di lavorare già abbastanza, se non troppo. L’analista Gaël Sliman di Odoxa spiega il fenomeno con una frase lapidaria: “Questa misura è vissuta come una violenza e un pregiudizio“.

Ma c’è di più. L’80% dei francesi percepisce la proposta di Bayrou come una “tassa mascherata”. Non vedono un legame tra il lavoro extra e la riduzione del debito pubblico, ma solo l’ennesimo tentativo di far pagare ai lavoratori i costi delle manovre economiche. Questo senso di ingiustizia e disconnessione tra il sacrificio richiesto e il risultato promesso evoca il fantasma della crisi dei Gilet Gialli del 2018, scoppiata per la tassa sul carburante.

Il governo si trova in una situazione esplosiva, senza vie d’uscita. I francesi non sono disposti a fare un passo indietro: non vogliono lavorare 14 ore in più all’anno e, soprattutto, l’89% rifiuta categoricamente l’idea di pagare una nuova imposta per compensare. Se dovessero scegliere di sacrificare un giorno festivo, l’unica opzione vagamente considerata sarebbe il 15 agosto, l’Assunzione. Ironia della sorte, l’equivalente del nostro Ferragosto in Italia, un giorno sacro per le vacanze estive.

La CFDT, uno dei principali sindacati francesi, definisce la misura come una “ricetta del passato, completamente scollegata” dalla realtà attuale. Il numero due del sindacato, Yvan Ricordeau, sottolinea che il “rapporto con il lavoro è cambiato” e che questa proposta fa ricadere il peso della manovra budgetaria “massicciamente sui lavoratori”. Questa profonda ingiustizia è il vero motore del rifiuto di massa.

Il Premier Bayrou si trova in una posizione insostenibile, con il rischio di una mozione di sfiducia e una mobilitazione sindacale che si preannuncia massiccia per la ripresa autunnale, con uno sciopero generale, profondo e ampio, deciso per il 10 settembre.

La sua proposta, pensata per rimpinguare le casse dello Stato, ha invece palesato un’enorme frattura tra il governo e il suo popolo, un rifiuto che trascende le divisioni politiche e si unisce sotto il segno di un “simbolo di ingiustizia” che la Francia non intende accettare. Questa  impopolarità del governo è alla base del nervosismo di Macron, che continua a cercare uno spazio attacando alleati come l’Italia e gli USA.

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