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Politica

LA FORMICA IMPREVIDENTE

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I casinò sono creati per sfruttare le persone di poco buon senso e sono diretti da persone di grande buon senso. Queste sanno che il giocatore considera il denaro “ricchezza” e non vorrebbe certo perderlo: ne vorrebbe di più. Se dunque si rendesse conto di quanto si sta assottigliando il pacchetto di euro con cui è entrato, forse smetterebbe di puntare. Ed ecco la trovata: si deve depositare il denaro all’ingresso e si hanno in cambio dei gettoni, cioè il controvalore di un controvalore. Trasformando la “ricchezza” in “pezzi di plastica” (come se già prima essa non fosse costituita da “pezzi di carta”) si fa credere agli imbecilli che stanno “giocando”. Non per niente l’istituzione si chiama “casa da gioco”. In realtà l’impresa è costituita per profittare dell’incultura di persone che credono di poter vincere contro la statistica. E con le “fiches” la perdita si percepisce quando si imbocca l’uscita senza passare dallo sportellino del cambio.

Chi perde il patrimonio al casinò non meritava di averlo. L’Italia, proibendo le case da gioco, fa male. Dovrebbe accettare la saggezza del detto inglese per cui the fool and his money are soon parted, lo sciocco e il suo denaro si trovano ben presto separati.

In materia di rispetto del denaro si crede che il massimo sia l’avaro e non è così. Può sembrare paradossale, ma chi usa il denaro come si deve è il buon padre di famiglia. L’avaro che non lo spende è come se non l’avesse. Almeno, il giocatore che ha perduto il suo denaro un po’ s’è divertito.
Il denaro non è ricchezza, è soltanto una possibilità di acquisire ricchezza. Di un uomo che ha molto denaro si dice che è “ricco” ma in realtà ricco non è. La ricchezza, se la possiede, è costituita dai beni che si è già procurati, non da quelli che potrebbe procurarsi. Oltre tutto il denaro potrebbe essergli sottratto (con un furto, una truffa, un’operazione di Borsa sbagliata) mentre i beni immobili, i quadri, i gioielli che si trovasse ad avere, manterrebbero in ogni caso il loro valore. La ricchezza è una grande quantità di beni, non una grande possibilità di avere beni.

E tuttavia questo equivoco non è privo di conseguenze. Chi è “avido di denaro” è considerato pratico, cinico, materialista, mentre in realtà è un sognatore che invece di godere dei frutti del suo successo si accontenta dei simboli del successo. Il denaro finisce con l’essere una passione che si avvita su di sé. Ci sono workaholic capaci di lavorare quattordici ore al giorno per ottenere dei vantaggi di cui approfittano soltanto gli altri. E questi schiavi sono talmente contenti della loro sorte, che non invidiano neppure i gaudenti.

In condizioni normali il risparmio è uno dei fattori della produzione, e la sua quantità è limitata dalla saturazione del mercato. Se c’è troppa disponibilità di contante, gli interessi scendono al punto che anche gli innamorati del denaro vedono che non conviene tenerlo da parte. Viceversa, l’amore per “la possibilità di ricchezza”, coniugato con la possibilità di un risparmio infinito che produce interessi, ha condotto ad un problema di dimensioni mondiali. Se lo Stato può offrire buoni interessi, anche se il denaro già preso in prestito non lo ha investito, e anche se non potrà mai restituire il capitale, si ha l’accumulazione di un risparmio mostruoso accanto a un debito pubblico mostruoso. Una massa di denaro completamente avulsa dalla realtà.

Ciò comporta due gravissimi inconvenienti. Da un lato lo Stato deve pagare somme enormi a titolo d’interessi (per l’Italia, settanta/ottanta miliardi l’anno) dall’altro questa bolla del debito pubblico, gonfiandosi indefinitamente, non potrà che scoppiare. Allora tutti si accorgeranno di quanto vera sia, in un mondo come il nostro, l’affermazione che chi risparmia si accontenta di un sogno di ricchezza.

Quando la bolla scoppierà, si avrà un brusco ritorno alla realtà. Molti capiranno qualcosa che oggi sembra una battuta: e cioè che quei fogli di carta tanto accuratamente stampati dalla Zecca non sono altro che fogli di carta accuratamente stampati dalla Zecca. Dietro lo sportellino del casinò il denaro non c’è più. È rimasto soltanto qualcosa in fondo al cassetto. I risparmi, ad andar bene, hanno un potere d’acquisto dimezzato e i percettori di reddito fisso versano anche le lacrime che non credevano di avere. Il mondo è costretto a ripartire dalla semplice constatazione che la ricchezza è costituita dai beni, non dalla possibilità di averli. Purtroppo ancora oggi la fama di munifico dispensatore di ogni bene che ha lo Stato, nascosto dietro la monumentalità dei suoi palazzi ufficiali, prevale sulla sua natura di sprecone incosciente del denaro altrui. Per crederci, la gente deve sbatterci il muso. Ce lo sbatterà.

In un mondo demente come il nostro, la cicala che s’è goduta la vita contraendo debiti avrà avuto ragione. Alla fine, pure soffrendo la fame e il freddo, potrà ancora ridere della formica, intirizzita e disperata, che scopre con raccapriccio di essere nella sua stessa condizione: perché tutto ciò che aveva messo da parte è sparito.

Gianni Pardo pardonuovo.myblog.it
26 maggio 2015

NOTERELLA GUERRESCA
Un articolo di Angelo Panebianco, sul Corriere(1), ci fa sapere che l’Italia onora più o meno a pari merito i caduti della Prima Guerra Mondiale, e i soldati che, in quella stessa guerra, furono fucilati dai nostri plotoni d’esecuzione in quanto disertori o codardi. Panebianco spiega ripetutamente l’assurdità della cosa, ed ha perfettamente ragione. Su un punto soltanto ha torto: nel preoccuparsi per il futuro.

Se, Dio non volesse, l’Italia si trovasse coinvolta in una guerra – fra cent’anni o fra uno – la fucilazione per i disertori sarà ripristinata nel giro di qualche ora. E sarà la paura di essere ammazzati dai commilitoni, non altro, che spingerà tutti a “fare il proprio dovere nei confronti della Patria”, come si esprimerà la retorica del momento.

Il voto attuale è pura demagogia ininfluente sul futuro. La legge della necessità è più forte di quella degli dei.

Gianni Pardo pardonuovo.myblog.it
27 maggio 2015


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