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La dieta ancestrale degli scimpanzé: c’è alcol, molto più di quanto si pensi. Un adattamento naturale?

La “Scimmia Ubriaca” è Reale: Lo studio che svela come gli scimpanzé bevono alcol ogni giorno con la frutta. L’adattamento evolutivo che spiega il vizio umano.

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Un recente studio pubblicato su Science Advances ha sollevato un quesito intrigante sulle radici della nostra attrazione per l’alcol: e se l’abitudine al “bicchierino” non fosse un vizio esclusivamente umano, ma una caratteristica della nostra dieta ancestrale? Infatti  sembrerebbe che i nostri cugini più prossimi, gli scimpanzé selvatici (Pan troglodytes), consumino quotidianamente una quantità di alcol non indifferente, semplicemente sgranocchiando frutta matura. Una storia che rimette in discussione un pezzo della nostra evoluzione.

Un Banchetto “Alcolico” nella Giungla 🍹

Da tempo si ipotizza che l’attrazione umana per l’alcol derivi da un legame evolutivo con i frutti fermentati, la cosiddetta ipotesi della “scimmia ubriaca” (drunken monkey). L’etanolo prodotto dai lieviti in fermentazione (il principale responsabile dell’alcol che beviamo) non è solo un “sottoprodotto”, ma un segnale olfattivo che indica una fonte calorica ricca in un frutto maturo. Una manna per qualsiasi frugivoro.

I ricercatori hanno esaminato la concentrazione di etanolo in frutti che costituiscono una parte consistente della dieta degli scimpanzé in due siti chiave in Africa (Ngogo in Uganda e Taï in Costa d’Avorio). I risultati sono stati piuttosto… “spiritosi”:

  • Concentrazione Media: La polpa dei frutti maturi conteneva in media lo 0,31% – 0,32% di etanolo (peso/peso), un valore basso ma costante.
  • Assunzione Giornaliera Stimata: Considerando che gli scimpanzé mangiano in media circa 4,5 kg di frutta al giorno, l’ingestione stimata di etanolo è di circa 14 grammi (con una deviazione standard di 9 grammi).1
  • L’Equivalente Umano: Questi 14 grammi equivalgono a circa 1,4 standard drink internazionali (per intenderci, un standard drink contiene circa 10 grammi di etanolo puro).

Se si considera il dosaggio in rapporto al peso corporeo, la stima è ancora più sorprendente. Per uno scimpanzé femmina (circa 36 kg) si arriva all’equivalente di 2,6 standard drink al giorno per un umano di 70 kg. Un dosaggio cronico e notevole! Per dare un esempio è l’equivalente di più di due bicchieri e mezzo di vino, o due birre e mezza medie!

Scimpanzé

Il Ruolo Chiave dei Lieviti 🦠

Non è solo una questione di frutta matura. I veri protagonisti silenziosi sono i lieviti fermentativi, spesso definiti il “terzo partner silenzioso” in questa dinamica evolutiva. I lieviti (come lo Saccharomyces cerevisiae, il lievito di birra) si sono evoluti per produrre etanolo come strategia di competizione: l’alcol accumulato agisce come un microbicida sui substrati zuccherini.

L’interazione tra angiosperme (le piante con i frutti), i lieviti e i frugivori (scimmie, pipistrelli, e i nostri antenati) è un esempio di mutualismo ecologico:

ProtagonistaRuolo nel MutualismoBeneficio Ricevuto
Frutto (Angiosperma)Seme disperso dal frugivoro.Dispersione del seme in nuove aree.
LievitiModificano chimicamente il frutto (produzione etanolo).Ottengono zuccheri e substrato per proliferare.
Frugivoro (Scimpanzé/Uomo)Consuma il frutto e ne disperde i semi.Segnale olfattivo di alta caloricità e stimolazione dell’appetito.

Implicazioni evolutive: la preistoria del Binge Drinking 🧐

I risultati confermano che l’esposizione all’etanolo era cronica e considerevole nella dieta dei nostri antenati frugivori. Questa esposizione non è stata priva di conseguenze sul piano biologico. Gli ominidi, compresi gli scimpanzé, hanno sviluppato mutazioni genetiche specifiche, come quella nell’enzima ADH4 (alcol deidrogenasi 4), che ha aumentato di 40 volte l’efficienza catalitica nel metabolizzare l’etanolo nello stomaco e nell’esofago.

Quindi, la nostra predisposizione moderna al consumo di alcol potrebbe non essere un difetto culturale, ma un residuo di un adattamento evolutivo, una sorta di “bug” biologico che in natura serviva a massimizzare l’assunzione di calorie da frutti perfettamente maturi e, di conseguenza, leggermente fermentati. Insomma, quando lo scimpanzé si lancia in un binge feeding su fichi (Ficus mucuso) o altri frutti molto consumati e ad alta concentrazione alcolica, non sta festeggiando, ma sta semplicemente seguendo il più antico dei richiami evolutivi.

Domande e risposte 🙋‍♀️

Gli scimpanzé si “ubriacano” con questa quantità di alcol?

Lo studio stima un dosaggio di etanolo cronico e notevole, ma le concentrazioni nella frutta (meno dell’1%) sono generalmente basse. Anche se un binge feeding (come il consumo di 75 fichi in una volta) potrebbe portare all’ingestione di 10 grammi di etanolo, non ci sono prove dirette che gli scimpanzé selvatici manifestino gli stessi comportamenti di intossicazione acuta dell’uomo. Tuttavia, è dimostrato che altri mammiferi (come gli aye-aye) preferiscono nettare con concentrazioni alcoliche crescenti, suggerendo una potenziale attrazione. Le conseguenze comportamentali del dosaggio giornaliero sono ancora in fase di studio.

Qual è il significato della mutazione ADH4 per l’uomo?

La mutazione nell’enzima Alcol Deidrogenasi 4 (ADH4) è condivisa da umani, scimpanzé e gorilla. Questo enzima è fondamentale per il “primo passaggio” del metabolismo dell’etanolo. La mutazione ha aumentato l’efficienza catalitica dell’enzima di 40 volte, permettendo una metabolizzazione più rapida dell’alcol. Questa capacità è stata un adattamento chiave per i nostri antenati frugivori, consentendo loro di consumare frutti contenenti etanolo senza subirne gli effetti tossici, massimizzando l’assunzione calorica da fonti ricche. È una prova biologica dell’esposizione cronica all’etanolo nella dieta ancestrale.

Questa scoperta giustifica la nostra attrazione per l’alcol?

La scoperta supporta l’ipotesi evolutiva che l’attrazione umana per l’alcol abbia radici profonde legate alla ricerca di frutti maturi ad alto contenuto calorico. L’etanolo era, in sostanza, un segnale olfattivo di cibo buono e sicuro. Questo non “giustifica” il consumo eccessivo moderno, ma offre una spiegazione biologica per la nostra predisposizione sensoriale. La fermentazione controllata da parte dell’uomo (risalente a circa 9.000-13.000 anni fa) ha poi elevato le concentrazioni alcoliche a livelli ben superiori a quelli naturali, trasformando un adattamento dietetico in un potenziale problema di salute pubblica.

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