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LA CRISI DEL PORCO: COME LA CINA RISCHIA LA STAGFLAZIONE FACENDO RIDERE LA GERMANIA. E L’ITALIA?

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Cosa ne pensereste di un comandante militare che. nel bel mezzo di una dura battaglia, decidesse di aprire un nuovo fronte contro un altro esercito? Magari lo considerereste un po’ avventato. Questo è quello che sta facendo la Cina che, in mezzo ad una crisi alimentare, ha deciso di porre il bando alla carne di suino canadese.

Sappiamo che la Cina è colpita, fin dal 2018, da un seria e pesante crisi suina dovuta alla febbre suina africana, o “Ebola dei maiali”, che, partita dallo Liaoning, si è poi diffusa a tutto il paese. Dati ufficiali parlano di un  calo del 22% della produzione di capi, ma in realtà esperti privati sono più pessimisti e vedono una riduzione dell’ordine del 47%, con prospettive non positive: la moria porta ad un calo del numeri di scrofe da riproduzione e quindi di future nidiate. Tutto questo ha condotto, su base annua, ad un aumento nel prezzo della carne del 43,7%, con ricadute significative sull’inflazione. Questa proteina è la principale consumata dai cinesi, ed è impossibile importarla dai paesi limitrofi, produttori a basso costo, dato che la malattia si è diffusa perfino nei loro allevamenti. In un mondo in cui l’inflazione non c’è, ed è in forte calo, la Cina è uno dei pochi paesi con un’inflazione sopra al due per cento ed in crescita.

 

Tutto questo sta avvenendo nonostante la Cina stia da un lato effettuando controlli strettissimi sui macelli affinchè nessuno tenti di approfittare dell’aumento dei prezzi ammassando prodotto, dall’altro l’immissione delle “Riserve strategiche di maiale” all’interno del circuito. Il rischio, in un ambiente di rallentamento del commercio mondiale e di rapporti tesi con Trump, di causare una vera e propria Stagflazione, l’incubo economico dei governi, cioè una situazione in cui, solitamente per uno shock esterno, si vengono ad accompagnare recessione ed inflazione.

Se poi i governi ci mettono del proprio la stagflazione diventa quasi certa: in una reazione al ritrovamento di certificati sanitari falsi, ma l’affaire Huawei sicuramente ha il suo peso, la Cina ha deciso di bloccare le importazioni di carne suina dal Canada, come riportato da Reuters. Si tratta di 800 milioni di euro annui che il Canada può comunque deviare altrove, ma che per la Cina sono un ulteriore fornitura che viene a mancare e che può influenzare il prezzo interno. Gli USA sono colpiti da un dazio del 62% sulle proprie esportazioni in Cina, ed anche questo spinge l’inflazione e fa si che difficilmente potranno aumentare le proprie quote di mercato. Chi rimane come fornitore? L’America Meridionale e centrale, Messico e Brasile in testa  e l’Europa: la Germania ha già raddoppiato il proprio export di suini rispetto al 2015.

Cosa può cambiare per l’Italia? L’andamento dell’allevamento italiano era in crescita costante , con un solo calo nel 2017:

Il 2019 aveva visto, in controtendenza mondiale, un calo dei prezzi interni a 115 euro il KG, e questo aveva fatto prevedere un calo della produzione nel corso dell’anno. Una nuova richiesta da oriente, visti i prezzi ormai più che allineati, potrebbe invertire questa tendenza e trovare uno sbocco ulteriore, anche se temporaneo, al suino nazionale. Sui tratta però di aprire canali commerciali ed ottimizzare e standardizzare le procedure sanitarie e doganali. Se ciò avvenisse il disastro cinese potrebbe tramutarsi in un piccolo miracolo italiano….

 

 


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