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LA COSTITUZIONE CALPESTATA: IL POTERE MONETARIO CHE STRAVOLGE LA DEMOCRAZIA

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In occasione dell’uscita dei libri dei miei colleghi Marco Mori e Giuseppe Palma, rispettivamente “Il tramonto della Democrazia” e “Figli Destituenti“, che vi consiglio caldamente di acquistare, voglio condividere con voi una riflessione sullo stato della nostra Costituzione.

Come ho avuto modo di spiegare più volte nelle schede sugli articoli della Carta dedicati al sistema economico, tutto il corpo definito come “Costituzione economica” è il risultato di una sintesi fra posizioni liberiste, socialiste e dottrina sociale cattolica, un equilibrio anche faticoso raggiunto da “Padri Costituenti” di un livello umano e scientifico superiore anni-luce da quello degli attuali “Figli Destituenti”, per usare l’efficace definizione di Palma.

Quello che è accaduto dal 1980 ad oggi sposta invece l’asse di questo equilibrio verso un liberismo che gli stessi esponenti di allora di tale dottrina, memori della lezione recente della crisi del 1929, avrebbero trovato vecchio e superato e che si esprime principalmente nel concetto di Banca Centrale indipendente. Ora rendere indipendente dal Tesoro e quindi dal controllo politico la Banca Centrale, ovvero l’ente che emette la moneta e che finanziava la spesa pubblica, sia direttamente con la stampa di moneta, sia indirettamente con l’acquisto dei titoli di Stato rimasti non collocati, significa togliere una delle due leve economiche a disposizione del Governo per perseguire le proprie politiche (l’altra è quella fiscale), ma soprattutto significa dover dipendere da un potere non costituzionalmente previsto e normato in maniera tale da subordinare di fatto tutti gli altri poteri dello Stato ad esso.

E’ infatti più che evidente che chi controlla il flusso di denaro, decidendo la quantità di moneta che deve circolare nel sistema in base a proprie valutazioni legate alla stabilità dei prezzi, valutazioni che esulano e divergono molto spesso dai bisogni dell’economia reale e conseguentemente dalle politiche di sviluppo dell’Esecutivo, ha un potere di indirizzo indiretto sul Governo. Il potere Legislativo viene a sua volta limitato ed in qualche modo guidato dalla necessità delle leggi di rispettare un budget di spesa e dall’obbligo di trovare coperture finanziarie, o con nuove tasse ed imposte, o con il ricorso al mercato attraverso emissione di obbligazioni su cui dovranno essere riconosciuti degli interessi. Persino il potere Giudiziario viene influenzato, in quanto nella valutazione di compatibilità costituzionale di una norma che riduca diritti sociali (come è accaduto per le pensioni) entra in gioco il bilanciamento dell’interesse leso con la necessità di “far quadrare i conti”, di non pregiudicare la sostenibilità finanziaria del bilancio statale.

Insomma un potere nuovo, definibile come potere Monetario, assurge al ruolo di quarto potere pseudo-costituzionale con il c.d. “divorzio” fra Banca Centrale e Tesoro e trova la sua legittimazione completa con la modifica dell’art. 81 Cost., con l’introduzione del principio del pareggio di bilancio. Questo potere Monetario subordina a sé gli altri poteri costituzionalmente previsti con gli effetti di un vero e proprio colpo di Stato strisciante. Un organo burocratico non eletto come il Governatore della Banca Centrale, non soggetto quindi al controllo democratico ed addirittura escluso da quel sistema di “check and balance” che è il caposaldo di ogni democrazia, governa di fatto il Paese nell’interesse non dei cittadini, ma di una astratta stabilità e sostenibilità finanziaria ed al fine di impedire fenomeni inflattivi, visti di per sé come dannosi.

Questo stravolgimento, già gravissimo, in quanto impedisce di fatto il raggiungimento degli obiettivi di cui all’art. 3 comma II Cost. – ovvero il perseguimento di quel programma di sviluppo sociale ed economico tale da abbattere le disuguaglianze e permettere al cittadino la piena espressione e la piena e libera partecipazione alla vita dello Stato – viene poi ulteriormente aggravato dal fatto che i trattati europei spostano questo potere, già di per sé eversivo, addirittura fuori dai confini nazionali. Questo potere Monetario è infatti totalmente nelle mani della BCE, ancora più lontano quindi dal controllo politico degli Stati e quindi dal controllo democratico.

Il risultato di questo sistema aberrante è un inversione totale del rapporto di causa-effetto fra gestione finanziaria e gestione politica: mentre prima correttamente la finanza e la gestione delle risorse erano meramente strumentali all’azione politica, per cui il compito della BC era quello di concordare con il Tesoro la quantità e le modalità ottimali di utilizzo dei vari mezzi di finanziamento in base alle esigenze politiche, adesso è la politica che deve trovare le modalità di ridurre la propria azione e deve scegliere quali politiche si possono perseguire e quali no, in base alle possibilità economiche che le vengono concesse. Addirittura la finalità vera dell’azione politica in tema economico si riduce al fatto di riuscire a creare un attivo di bilancio per ridurre il debito pubblico, non più autonomamente gestibile.

Si è così voluto ridurre lo Stato ad una famiglia, nella quale la possibilità e la qualità di spesa per quanto riguarda anche i bisogni primari (alimentazione, abbigliamento, istruzione ed a volte anche salute) dipendono dalle entrate dei suoi componenti, che sono un dato fisso, esogeno, economicamente definibile quindi come un vincolo esterno. Lo Stato però non è e non dovrebbe essere una famiglia: lo Stato deve perseguire gli interessi sociali che la Costituzione gli impone, come l’aiuto ai disoccupati ed agli indigenti, deve tutelare i diritti dei cittadini, anche se questa tutela è anti-economica, deve potersi sostituire al privato per stimolare l’economia nei momenti di crisi, quando il privato non investe, deve sviluppare la ricerca scientifica e le arti anche e soprattutto quando queste non abbiano un immediato ritorno economico. Per far questo lo Stato deve poter spendere, con giudizio, ma liberamente. Sarà compito dei cittadini il controllo su questa spesa, i quali puniranno democraticamente con il voto i politici incapaci, o della Magistratura, nei casi di abuso, ma mai dovrebbe essere un Governatore europeo od italiano a poter decidere se e quanto spendere, calpestando tutti i principi democratici e costituzionali.

Quando questa follia di costruzione europea ed il pensiero liberista ad essa sottostante crolleranno si dovrà immediatamente metter mano a questo sistema ed eliminare questo quarto potere aberrante, ripristinando un corretto funzionamento democratico dello Stato. Altrimenti sarà stato tutto inutile.


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