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Economia

La Corte Suprema USA apre la strada a cause miliardarie contro l’Industria del Petrolio

La decisione della Corte Suprema USA permette agli Stati di fare causa alle società petrolifere per la cattiva informazione sui danni per il cambiamento climatico. Alla fine tutto questo si convertirà in una tassa sul carburante

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La Corte Suprema degli Stati Uniti ha ritenuto accettabili le cause  legali dei sostenitori dell’ambiente per ritenere le compagnie petrolifere responsabili dei cambiamenti climatici, permettendo  allo Stato delle Hawaii di promuovere una causa che accusa l’industria di ingannare i clienti sui rischi posti dai combustibili fossili.

L’Alta Corte, senza alcun commento lunedì, ha rifiutato di prendere in considerazione le argomentazioni dell’azienda secondo cui la legge federale impedisce la causa, una  delle oltre due dozzine di casi simili in tutto il Paese. Le cause chiedono complessivamente miliardi di dollari a società come Exxon Mobil Corp., BP Plc e Chevron Corp.

Le aziende, guidate da Sunoco LP, hanno dichiarato ai giudici che, lasciando procedere la causa di Honolulu, la Corte Suprema delle Hawaii ha creato un percorso per le controversie altrove. La sentenza “consentirà alle cause che denunciano danni legati al cambiamento climatico globale di procedere secondo le leggi di tutti i 50 Stati – un progetto per il caos”, hanno sostenuto le aziende.

In un appello separato, Shell Plc ha dichiarato che “i verdetti della giuria in casi come questo potrebbero minacciare l’industria energetica”.

Il giudice Samuel Alito non ha preso parte all’esame dei ricorsi. Sebbene Alito non abbia fornito alcuna spiegazione, il suo ultimo rapporto di divulgazione finanziaria indica che lui o sua moglie possiedono azioni di ConocoPhillips e Phillips 66, due delle società che hanno promosso il ricorso.

Corte Suprema USA

La questione centrale dei ricorsi era se Honolulu e il suo consiglio idrico potessero usare la legge statale sulla protezione dei consumatori per cercare di affrontare il cambiamento climatico. Le aziende sostengono che il problema è globale e può essere affrontato solo con le leggi federali, tra cui il Clean Air Act.

Nel sollecitare la Corte Suprema a respingere i due ricorsi senza udienza, Honolulu ha affermato che “le pratiche commerciali ingannevoli rientrano perfettamente negli interessi fondamentali e nei poteri storici degli Stati”.

Il rifiuto arriva dopo che l’amministrazione Biden aveva detto che un intervento della Corte Suprema sarebbe stato prematuro. L’amministrazione ha detto che i tribunali delle Hawaii non si sono ancora pronunciati su altre argomentazioni dell’azienda che potrebbero limitare fortemente la portata del caso.

Nel 2023 la Corte Suprema ha respinto i ricorsi delle aziende che cercavano di spostare le cause in un tribunale federale, dove spesso riuscivano ad avere ragione.

La conseguenza di questa sentenza è ovvia: ora gli Stati potranno fare causa alle società petrolifere per non aver agito contro il cambiamento climatico e chiedere dei danni che, ovviamente, le stesse società riverseranno sui consumatori sotto forma di aumento dei prezzi. Alla fine si tratta di un modo surrettizio per imporre delle accise sui carburanti.

Insomma alla fine è una questione di tasse.


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