Attualità
La Corte dei Conti europea lancia l’allarme sulle etichette dei prodotti alimentari
La Corte dei Conti della UE lancia l’allarme sulla confusione e sull’inganno che si nasconde dietro le etichette. Per una volta tanto l’Italia esempio positivo
Messaggi “ingannevoli”, etichette alimentari “confuse” e consumatori “confusi” o “fuorviati”: nella sua relazione sull’etichettatura degli alimenti, pubblicata lunedì e riportata da Les Echos, la Corte dei conti europea ha espresso allarme per la proliferazione di etichette ingannevoli sugli scaffali dei supermercati e ha chiesto un’azione rapida per porre rimedio alla situazione.
Il problema è il quadro giuridico dell’UE. Dovrebbe proteggere i consumatori, ma è pieno di lacune e ritardi. Il rapporto sottolinea che degli undici aggiornamenti previsti per l’European Food Consumer Information Act, solo quattro sono stati attuati.
Gli altri, come l’elenco delle indicazioni sulla salute per i prodotti botanici, sono ancora in sospeso, consentendo alle aziende di utilizzare indicazioni potenzialmente false.
La Commissione europea, ad esempio, ha sospeso la valutazione scientifica delle indicazioni botaniche per mancanza di prove sufficienti. Di conseguenza, i consumatori si trovano di fronte a etichette che vantano benefici scientificamente non provati, come “il ginseng favorisce il tono muscolare e il recupero” o “l’estratto di zenzero contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario“.
La situazione è altrettanto caotica quando si tratta di etichettatura nutrizionale. Anche se la Commissione avrebbe dovuto armonizzarla a livello europeo, sulla parte anteriore delle confezioni, entro il 2022, non è stato fatto nulla a causa della mancanza di accordo tra i 27 Stati membri. Di conseguenza, ogni Stato membro ha il proprio sistema, rendendo impossibile per i consumatori confrontare i prodotti…
Le stesse regole dell’UE possono essere confuse. Ad esempio, autorizzano l’uso di indicazioni nutrizionali e sulla salute anche per prodotti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e/o sale. Il rapporto fa l’esempio fittizio di “biscotti al gusto di arancia” etichettati come “fonte di fibre”, ma il cui elevato contenuto di grassi e zuccheri non è esplicitamente indicato sulla confezione.
“Le aziende del settore possono essere molto creative nelle informazioni che riportano sulle loro confezioni. E poiché gli standard europei non si evolvono con la stessa velocità del mercato, i consumatori sono esposti a messaggi fuorvianti intenzionali o meno”, afferma Keit Pentus-Rosimannus, membro della Corte dei Conti europea.
Controlli insufficienti
Altre critiche riguardano l’uso di termini come “senza additivi” o “senza conservanti” che, non essendo regolati da standard specifici, possono essere usati indiscriminatamente, senza un reale controllo.
Le etichette possono essere fuorvianti anche per omissione. Ad esempio, l’assenza della dicitura “prodotto scongelato” su alcuni alimenti induce i consumatori a credere erroneamente di acquistare cibo fresco.
Il rapporto non nasconde inoltre l’inadeguatezza dei sistemi di controllo degli Stati membri. Questi si concentrano principalmente sulle informazioni obbligatorie, tralasciando le indicazioni facoltative (nutrizionali e sulla salute) che abbondano sulle confezioni.
Le sanzioni, quando ci sono, sono raramente dissuasive. In Italia le multe possono arrivare a 40.000 euro e in Belgio a 80.000 euro, ma “quando il trasgressore non paga e la questione viene deferita ai tribunali, il pubblico ministero spesso decide di archiviare il caso”, si legge nel rapporto.
In Lituania, le multe vanno da 16 a 600 euro, cifre irrisorie per le grandi aziende e perfino per le piccole.
Infine, anche le vendite online, che hanno avuto un boom dopo la pandemia di Covid, sfuggono ai controlli. I prodotti venduti su siti web stranieri sono “quasi impossibili” da regolamentare.
L’Italia ha creato un sistema sofisticato per monitorarli, ma rimane un’eccezione.
Alla luce di questi risultati allarmanti, i revisori ritengono che gli Stati membri e la Commissione debbano agire, e in fretta, per porre fine alla giungla delle etichette alimentari. Negli ultimi due anni, la Commissione ha introdotto solo una legislazione per proteggere meglio i consumatori dal greenwashing. La Corte dei conti chiede una revisione completa del quadro giuridico, con controlli più severi anche per le vendite online. Magari questo potrebbe fare bene ai prodotti di quei paesi, come l’Italia, dove i controlli sono più stretti.
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