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La corsa sottomarina: l’America arranca mentre la Cina accelera. Un vantaggio tecnologico a rischio?

Mentre la Cina vara sottomarini a un ritmo impressionante, l’industria USA è bloccata da ritardi, carenza di manodopera e costi alle stelle. Un’analisi del lento risveglio di un gigante e della corsa per non perdere il dominio degli abissi.

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Mentre la parata del Giorno della Vittoria a Pechino mostrava al mondo un nuovo sottomarino senza equipaggio, grande quanto un camion e progettato per spiare le navi americane, dall’altra parte del Pacifico l’industria subacquea statunitense fatica a uscire dai bacini di carenaggio. Dopo decenni di tagli, ritardi e costi crescenti, Washington si è accorta che il suo asso nella manica, il dominio degli abissi, non è più così scontato.

Il problema è figlio di una decisione consapevole, presa all’indomani della Guerra Fredda: incassare i cosiddetti “dividendi della pace“. “Beh, indovinate un po’? Non è andata molto bene”, ha commentato amaramente James Foggo, ammiraglio in pensione con 40 anni di servizio. E i numeri gli danno ragione. La flotta di sottomarini USA, che negli anni ’80 superava le 120 unità, oggi si è stabilizzata su un livello decisamente più basso.

L’andamento della flotta sottomarina USA dal 1980

La situazione attuale non è certo rosea, e abbiamo la coincidenza di due fattori negativi per la Marina USA, una base industriale ridotta,  e la necessità di rinnovare, e ricustruire, mezzi diventati troppo vecchi.

La base industriale del settore deve reclutare almeno 100.000 lavoratori qualificati nel prossimo decennio per far fronte a una domanda crescente, spinta dalla necessità di presidiare l’Indo-Pacifico. Ma il compito è titanico: un sottomarino d’attacco classe Los Angeles è in manutenzione da dieci anni, il primo della nuova classe di sottomarini lanciamissili balistici Columbia sarà consegnato con quasi due anni di ritardo e un costo di oltre 16 miliardi di dollari, e alcuni battelli della classe Virginia accumulano ritardi fino a tre anni.

Il Segretario alla Marina, John Phelan, lo ha ammesso senza mezzi termini davanti ai legislatori: i ritardi hanno messo la Marina “in una posizione precaria”. Nello stesso tempo “America First” rende molto difficile dlegare almeno parte di questi lavoro a cantieri esteri, alleati, per accelerare queste manutenzioni.

Una flotta operativa a mezzo servizio

Il vero collo di bottiglia non è solo la costruzione, ma anche la manutenzione. Le infrastrutture sono insufficienti, creando un arretrato preoccupante che lascia una parte significativa della flotta semplicemente ferma in attesa di riparazioni.

Tipo di SottomarinoStatoDettagli
Sottomarini d’Attacco49 AttiviDi cui 33 pienamente operativi e 16 in manutenzione.
11 in costruzione
Sottomarini Lanciamissili4 Attivi
0 in costruzione
Sottomarini Lanciamissili Balistici14 AttiviDi cui 12 pienamente operativi.
2 in costruzione

“Spesso quando usiamo la parola ‘stealth’ pensiamo ai caccia e ai bombardieri”, afferma Kelly Grieco dello Stimson Center. “Ma l’altro pezzo della furtività è proprio la flotta sottomarina. È un’area in cui gli Stati Uniti mantengono ancora un vantaggio molto significativo”. Un vantaggio che ora rischia di erodersi, soprattutto nei confronti di chi ha cantieri navali, tecnologie e inizia ad utilizzarle.

I colli di bottiglia: manodopera e catene di fornitura

Al centro delle preoccupazioni ci sono due programmi di punta: i sottomarini balistici classe Columbia, la gamba più sicura della triade nucleare americana, e i sottomarini d’attacco a propulsione nucleare classe Virginia. Entrambi sono in grave ritardo.

  • Classe Columbia: Il primo battello, l’USS District of Columbia, previsto per il 2027, arriverà forse nel 2029. Il costo totale del programma è lievitato a oltre 126 miliardi di dollari, con alcune stime che superano i 139 miliardi.
  • Classe Virginia: L’obiettivo di produrre due battelli all’anno non è mai stato raggiunto; dal 2022 il ritmo è fermo a 1,2. Questo mette a rischio anche gli impegni presi con l’accordo AUKUS, che prevede la fornitura di sottomarini all’Australia. Per rispettare i patti, servirebbe un ritmo di 2,3 sottomarini all’anno. Un miraggio, al momento.

USS Columbia in sezione

Le cause di questa paralisi sono principalmente due, e non facili da superare nel breve periodo:

  1. Carenza di manodopera qualificata: I cantieri navali faticano a reclutare e trattenere personale. Alcuni perdono il 20% della forza lavoro manifatturiera e il 30% nei mestieri critici. “Costruire sottomarini non è facile”, spiega Grieco, “e la manodopera qualificata è uno dei fattori limitanti più grandi”.
  2. Catene di fornitura fragili: I lunghi tempi di consegna per componenti specializzati come i sistemi di propulsione nucleare, l’acciaio ad alta resistenza e l’elettronica avanzata rallentano la produzione. La stessa CEO di General Dynamics, Phebe Novakovic, ha ammesso che “materiali e parti arrivano in ritardo e talvolta presentano difetti di qualità”.

Il problema parte da lontano. La chiusura di molti cantieri navali governativi negli anni ’90 e la cancellazione del programma avanzato Seawolf (furono costruiti solo 3 dei 29 battelli previsti) hanno inferto un colpo durissimo a un ecosistema industriale che ora si cerca disperatamente di ricostruire.

E la Cina? Non sta a guardare

Mentre gli USA lottano con i propri limiti industriali, la Cina avanza a grandi passi. Sebbene Pechino sia ancora indietro sul piano tecnologico (propulsione nucleare, silenziosità, operazioni in acque profonde), i suoi ritmi di costruzione sono impressionanti. Uno studio stima che la Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione possa costruire dai 4,5 ai 6 sottomarini a propulsione nucleare all’anno. Il Dipartimento della Difesa USA prevede che la flotta sottomarina cinese possa raggiungere le 80 unità entro il 2035.

I ritardi americani, quindi, non sono solo un problema industriale, ma un’opportunità strategica per Pechino e un campanello d’allarme per gli alleati di Washington nell’Indo-Pacifico. (0 sottomarini nucleari costituiranno una flotta minacciosa per gli USA, ma non solo.

Sottomarino cinese lanciamissili balistici

La contromossa: pioggia di miliardi e formazione accelerata

La consapevolezza della crisi ha finalmente spinto il governo USA a intervenire massicciamente, in perfetto stile keynesiano applicato alla difesa. Si parla di decine di miliardi di dollari stanziati per modernizzare i cantieri navali, sostenere i fornitori e finanziare programmi di sviluppo della forza lavoro.

Iniziative come la piattaforma Buildsubmarines.com e programmi di formazione accelerata come l’ATDM in Virginia, dove ex militari come William Kaisen imparano mestieri specializzati in 16 settimane, sono il fulcro di questo sforzo. “Ci addestriamo 24 ore su 24, cinque giorni alla settimana. Proprio come una fabbrica”, spiega Jason Wells, che gestisce l’ATDM.

Alla fine del suo corso, Kaisen ha tenuto il discorso di commiato per la sua classe. Le sue parole, semplici ma efficaci, riassumono perfettamente la sfida: “Mettiamoci al lavoro. Ho sentito che abbiamo un po’ di terreno da recuperare”. La corsa contro il tempo è appena iniziata.

Comunque nel brevissimo periodo un altro sistema sarebbe lo sviluppo accelerato di modalità di costruzione più modulare e standardizzata a livello NATO, almento per macro componenti non immediatamente strategiche, in modo da permettere la costruzione di componenti, anche non strategici, in cantieri di paesi alleati, anche se, comunque l’assemblaggio e elementi essenziali come i motori saranno comunque costruiti negli USA. Però il Pentagono non può permettersi di costruire un quinto dei sottomarini che la Cina produce, se vuole continuare ad essere rilevante.

Sotttomarino americano classe Virginia, che dovrebbe essere la base del sottomarino Aukus

Domande e Risposte

1. Perché un paese tecnologicamente avanzato come gli Stati Uniti non riesce a costruire sottomarini più velocemente? La difficoltà non risiede nella tecnologia in sé, dove gli USA mantengono un vantaggio, ma nella base industriale e umana. Decenni di disinvestimento dopo la Guerra Fredda hanno ridotto il numero di cantieri navali specializzati e decimato la forza lavoro qualificata (saldatori, macchinisti, ingegneri). Ricostruire questa capacità richiede tempo e ingenti investimenti. Le catene di fornitura per componenti ultra-specializzati sono fragili e i ritardi in un singolo settore, come l’acciaio o l’elettronica, possono bloccare l’intera linea di produzione.

2. Il vantaggio americano sui sottomarini cinesi è ancora così grande? Sì, ma si sta riducendo. Dal punto di vista qualitativo, i sottomarini americani sono ancora considerati superiori, soprattutto in termini di silenziosità (un fattore cruciale per non essere rilevati) e sistemi d’arma. Tuttavia, la Cina sta colmando il divario tecnologico e, soprattutto, li sta producendo a un ritmo molto più elevato. Il vantaggio strategico futuro non dipenderà solo dalla qualità del singolo mezzo, ma anche dal numero di unità che si possono schierare contemporaneamente. Su questo fronte, la tendenza è a favore di Pechino.

3. Gli investimenti attuali saranno sufficienti per risolvere il problema? Gli oltre 29 miliardi di dollari stanziati e i fondi aggiuntivi approvati dal Congresso sono un passo fondamentale, ma non una soluzione immediata. Gli analisti stimano che ci vorranno dai tre ai cinque anni solo per iniziare a vedere un’inversione di tendenza significativa nei ritmi di produzione. Il vero successo dipenderà dalla capacità di rendere nuovamente attraenti i mestieri manifatturieri nel settore della difesa, garantendo formazione, salari competitivi e stabilità a lungo termine. È una maratona, non uno sprint.

E tu cosa ne pensi?

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