Quello che segue nel suo intervento invece, è comprensibile solo a raffinati cultori del surrealismo.
Stefani infatti, getta tutte le colpe sulla ‘4° Rivoluzione Industriale’ che, automatizzando molte attività, cancellerebbe posti di lavoro, e sulla politica “assente e priva di idee”.
Naturalmente non passa per la mente ad un dirigente del primo sindacato dei lavoratori, di prendersi un po’ di quella responsabilità, per aver appoggiato, senza remore, un meccanismo che scarica sulle spalle dei lavoratori tutto il peso delle crisi economiche – la moneta unica – costringendoli a svalutare il loro lavoro rendendolo più flessibile e precario.
Né gli preme di ricordare che una delle firme sotto quelle riforme, causa di tanti disagi e vulnerabilità, è quella di un nostro concittadino.
Per cercare di “ricomporre il valore del lavoro lungo la filiera globalizzata” (nemmeno al corso di Strategia in Bocconi parlano cosi) anche Stefani fa la sua proposta: occorrono più investimenti per aumentare la produttività “confidando nelle opportunità offerte dal Trattato di Stabilità” (ci piacerebbe proprio sapere quali).
Capite? Secondo il sindacalista il lavoro è vessato dalle macchine che automatizzano le attività prendendo il posto dei lavoratori e la sua soluzione sarebbe investire maggiormente nell’automazione per aumentare la produttività.
In piena e acclarata crisi di domanda, l’unica idea che viene in mente al sindacato dei lavoratori, è un intervento sul lato dell’offerta.
Sono basito, per la contraddizione logica prima ancora che per la posizione politica.
Vi pare troppo chiedere a chi si occupa di lavoro e parla di Industria 4.0, di conoscere qualcosa di Economia 1.0?
Perché, se questo è il livello di chi ha il ruolo di difendere i lavoratori a casa nostra, verrebbe voglia di citofonare Trump.