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La Commisione presenta il proprio piano di “Distacco economico” da Pechino, e c’è poco di buono

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Martedì Bruxelles ha presentato un piano per iniettare un  certo grado di controllo e distacco nei legami economici con Pechino, ma ha dovuto affrontare una battaglia per convincere i Paesi membri dell’Unione Europea che i controlli sugli investimenti e le esportazioni in Cina sono una buona idea. Sopattutto percHè la rinuncia agli investimenti cinesi non viene compensata da nessuna seria politica della Commissione.

La prima strategia di sicurezza economica del blocco mira a limitare l’accesso dei governi autocratici alle tecnologie europee considerate fondamentali per la sicurezza economica, come l’informatica quantistica e l’intelligenza artificiale.

Questa scelta di disaccoppiamento avviene dopo che la UE ha scopeto quanto fosse dolorosa la dipendenza energetica dalla Russia, per cui si vorrebbe evitare di raddoppiare l’errore con la Cina: “Con le tensioni geopolitiche in aumento e l’integrazione economica globale più profonda che mai, alcuni flussi e attività economiche possono rappresentare un rischio per la nostra sicurezza”, si legge nella strategia.

LA Cina non è mai direttamente citata, ma appare ovvio fosse l’obiettivo della manovra, citata fra l’altro dalla commissaria alla concorrenza Verstager:
“Quando utilizziamo questo tipo di filtro geopolitico e siamo agnostici, i candidati più ovvi sono ovviamente la Cina e la Russia”.

Si può quindi considerare la prima cristallizzazione del concetto di “de-risking” del capo della Commissione europea Ursula von der Leyen, un termine che ha dominato il dibattito politico occidentale sulla Cina negli ultimi tre mesi. La Vestager ha dichiarato che la strategia “è completamente in linea” con un discorso sulla Cina tenuto dalla von der Leyen a marzo, dove la strategia è stata annunciata per la prima volta. Altri alti funzionari, tuttavia, tra cui la stessa von der Leyen, hanno cercato di minimizzare i collegamenti.

Abbiamo l’intero settore economico e voglio sottolineare ancora una volta che la stragrande maggioranza delle relazioni commerciali ed economiche con la Cina è “business as usual””, ha detto il tedesco, aggiungendo che è anche importante “assicurarsi” che l’Europa non stia “potenziando le capacità militari di alcuni Paesi”.
La Commissione vuole raggiungere un accordo entro la fine dell’anno su un elenco di beni hi-tech per i quali le aziende dell’UE in alcuni Paesi potrebbero essere sottoposte a controlli, in collaborazione con gli Stati membri. Anche in questo caso, la Cina non viene nominata, ma è saldamente nel mirino dell’UE.

Ma la proposta si scontra con una battaglia in salita per convincere i 27 membri del blocco a concedere a Bruxelles una maggiore autorità su questi settori, tradizionalmente controllati dalle rispettive capitali. Inoltre, alcuni membri si oppongono a ciò che viene visto come un avvicinamento a Washington e alla “securizzazione nazionale” della politica economica.

“Siamo l’Europa, non gli Stati Uniti”, è stato il commento di un funzionario quando è stato informato del piano all’inizio di giugno, come ha riferito il Post. Un diplomatico dell’Europa occidentale ha riassunto il suo punto di vista come segue: “La sicurezza nazionale è sicurezza nazionale”. A sottolineare la distanza tra Bruxelles e alcuni grandi Stati membri, il documento è stato pubblicato il giorno in cui i governi tedesco e cinese si sono consultati a Berlino, proprio a mostrare come i singoli paesi cerchino di tutelare i propri interessi commerciali.  Mentre la Commissione attaccava la CIna, Scholz stendeva il tappeto rosso a Li Qiang nel suo primo viaggio all’estero.

La risposta tiepida dei membri significa che il documento di 14 pagine è visto come un “inizio di conversazione”, ha detto un funzionario coinvolto, che aiuterebbe a guidare una spinta a lungo termine per ridurre il rischio delle relazioni economiche con la Cina.

Fonti della Commissione hanno dichiarato di comprendere alcune delle perplessità, ma hanno affermato che, date le oscure nubi geopolitiche che incombono sull’Europa, era imperativo avviare subito una discussione su questi temi, per quanto dolorosa potesse essere.
Secondo gli addetti ai lavori dell’UE, le resistenze derivano dalla mancanza di un accordo sui rischi che il blocco deve affrontare sul fronte economico. Il piano non contiene quindi una legislazione concreta. Propone invece idee che saranno discusse dai leader dell’UE a Bruxelles la prossima settimana.

La strategia evidenzia le lacune nelle catene di approvvigionamento, nelle infrastrutture critiche e nelle reti di telecomunicazione, dove gli autocrati potrebbero potenzialmente armare le dipendenze, e arriva meno di una settimana dopo che Bruxelles ha esortato gli Stati membri a cacciare le aziende cinesi Huawei e ZTE dalle loro reti 5G.

La strategia proposta dalla Commissione appare, per la verità, superficiale e velleitaria,, quasi un compitino mal svolto, tanto da far venire in mente un qualcosa fatto per soddisfare delle ingerenze esterne che poi sono sempre alla base delle politiche della UE. Fra le incongruenze notiamo che:

  • il piano della UE viene a seguire il Defense production Plan e tutte le altre misure per il re-shoring, cioè il rientro, delle produzioni USA. Però i piani americani sono sempre accompagnati da potenti contributi all’industria. Questo appare secondario per la UE, che non usa carota, ma solo bastone;
  • nelll’ottica dei rapporti internazionali rapporti economici stretti ed equilibrati spingono a nbuone relazioni politiche. Bastiat diceva “Dove passano le merci non passano gli eserciti”; un detto parzialmente comunque vero e l’interdipendenza economica spinge almeno a pensare prima di agire in modo ostile;
  • La Commissione agisce in settori in cui francamente l’Europa è secodnaria o quasi assente. Sulla AI abbiamo prodotto ampia legislazione e poca innovazione. Invito poi i lettori ad elencare a mente quante aziende europee ricordino che ancora producano nel settore delle telecomunicazioni, senza aver delocalizzato altrove. Il De-coupling rischia di essere un boomerang.
  • Così presentata la strategia sembra essere dettata da qualche caporione dei DEM d’Oltreoceano interessanto non al benessere europeo o alla pace, ma al mettere qualche freccia di contrattazione in più nella farestra USA.

Questo non vuol dire non tutelare le poche tecnologie europee, ma questo non può avvenire solo in una funzione anti-cinese. Bisogna aprire il portafoglio, o meglio lasciare che gli stati lo aprano, magari evitando una concorrenza estrema, e se mai tutelare un corretto interscambio con la Cina. I divieti non portano a nulla di buono, soprattutto in questo caso.


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