Analisi e studi

La BCE si scopre protettrice degli Spread. Ma solo di quelli “giusti”?

La BCE congela i tassi ma ora vigila sugli spread: dopo le parole rassicuranti per la Francia di Macron, torna il dubbio che a Francoforte si usino due pesi e due misure rispetto all’Italia, figliastra rispetto alla figlia Parigi

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La Banca Centrale Europea, con una decisione definita unanime, ha scelto di mantenere i tassi d’interesse invariati, prendendo una pausa di riflessione dopo il taglio di giugno. Fin qui, nulla di particolarmente sorprendente.

La vera notizia, quella che emerge tra le righe della conferenza stampa di Christine Lagarde, è un’altra: la BCE “monitora attentamente” i mercati obbligazionari e la volatilità degli spread. Un’affermazione che sarebbe normale per qualsiasi altra moneta al mondo,  se non fosse per un piccolo, fastidioso, dettaglio storico.

Ricordate il marzo 2020? In piena esplosione pandemica, con lo spread italiano che schizzava verso livelli di guardia, la stessa Presidente Lagarde, con un tempismo impeccabile, sentenziò che la BCE “non era lì per ridurre gli spread” (we are not here to close spreads). Una frase che costò miliardi ai nostri titoli di Stato e che richiese una precipitosa e goffa marcia indietro. Evidentemente, i tempi cambiano. O forse, cambiano i Paesi in difficoltà.

Oggi, infatti, l’osservato speciale non è più l’Italia, ma la Francia.

Con un debito pubblico galoppante e un’incertezza politica post-elettorale, il differenziale tra i titoli di Stato francesi (OAT) e i Bund tedeschi si è ampliato, creando qualche nervosismo a Parigi e, a quanto pare, anche a Francoforte. E così, la dottrina cambia. La BCE, che prima se ne lavava le mani, ora si dice “ben posizionata” e dotata di “tutti gli strumenti necessari” qualora la trasmissione della politica monetaria dovesse incepparsi, e gli spread dovessero crescere fra un debito pubblico e un altro.

Viene naturale porsi una domanda: la Francia, di cui Madame Lagarde è stata un apprezzato Ministro dell’Economia, gode forse di una tutela che all’Italia è stata negata nel momento del bisogno? Lagarde si dice “fiduciosa” che le autorità francesi risolveranno l’incertezza, ma intanto l’ombrello di Francoforte viene tenuto prudentemente aperto.

La politica ufficiale resta quella di un approccio “guidato dai dati”, senza vincolarsi a un percorso predefinito sui tassi. Ma quali dati? Evidentemente, nel paniere delle variabili considerate, il differenziale di rendimento di Parigi ha assunto un peso specifico rilevante.

E lo scudo anti-spread, il famoso TPI (Transmission Protection Instrument)?

  • Non se n’è discusso: Lagarde ha precisato che l’argomento “non è stato discusso in alcun modo” durante il Consiglio direttivo.
  • Però esiste: Subito dopo, ha ricordato che lo strumento esiste e che i criteri per la sua attivazione “non sono assolutamente scritti sulla pietra”.
  • Traduzione: Non ne parliamo, ma sappiamo di averlo e potremmo usarlo con ampia discrezionalità. Un messaggio neanche troppo velato ai mercati: non esagerate con la speculazione contro la Francia.

La conclusione è . Da un lato, è rassicurante vedere che la BCE abbia finalmente compreso (meglio tardi che mai) che l’eccessiva divergenza degli spread è un problema per l’intera Eurozona. Dall’altro, questa conversione sulla via di Damasco appare un po’ troppo selettiva e legata alla nazionalità del debito in difficoltà, e questo non tranquillizza nessuno. La politica monetaria, ufficialmente uguale per tutti, sembra avere delle clausole scritte in piccolo, forse in francese.

A questo punto sarebbe giusto ufficializzare una politica che controlla lo spread, fissandone un limite massimo oltre il quale la BCE interviene a controllarlo. Sarebbe un modo onesto e paritario per fare le cose, ma l’onestà è un bene più prezioso delle terre rare nella UE.

la sede della Banca Centrale Europea

Domande e Risposte

1) Qual è il nocciolo della notizia e perché è rilevante? Il punto centrale è il cambiamento di atteggiamento della BCE e di Christine Lagarde riguardo agli spread dei titoli di Stato. Mentre nel 2020, con l’Italia sotto pressione, Lagarde affermò che non era compito della BCE controllarli, oggi, con le tensioni sul debito francese, dichiara che l’istituto “monitora attentamente” la situazione, pronto a intervenire. Questa apparente incoerenza solleva dubbi sulla neutralità della BCE e suggerisce che la stabilità finanziaria di alcuni Paesi “core”, come la Francia, possa ricevere un’attenzione prioritaria rispetto a quella di altri Stati membri, come l’Italia in passato.

2) Che importanza ha questa apparente disparità di trattamento da parte della BCE? L’importanza è enorme, perché mina il principio fondamentale di una politica monetaria unica e imparziale per tutti i membri dell’Eurozona. Se i mercati percepiscono che la BCE agisce come “prestatore di ultima istanza” solo per alcuni Paesi, si creano aspettative distorte e un’azzardo morale. Gli investitori potrebbero sentirsi più sicuri a detenere il debito di un Paese “protetto”, a prescindere dai suoi fondamentali economici, penalizzando invece nazioni con fondamentali magari simili ma prive dello stesso scudo politico. Questo altera la corretta valutazione del rischio e può frammentare ulteriormente l’unione monetaria.

3) Quali potrebbero essere le ricadute pratiche per l’Italia e per l’Eurozona? Per l’Italia, la ricaduta immediata è un senso di amarezza e la conferma di essere considerata in modo diverso. In futuro, potrebbe significare che, in caso di nuove turbolenze sul nostro debito, l’intervento della BCE non sarebbe né automatico né scontato, ma soggetto a valutazioni politiche discrezionali. Per l’Eurozona, questo approccio “à la carte” aumenta l’incertezza. Invece di rafforzare l’unione con regole chiare e uguali per tutti, si alimenta il sospetto di un direttorio franco-tedesco che orienta le decisioni, indebolendo la credibilità dell’istituzione e la coesione tra gli Stati membri.

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