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La battuta d’arresto di Milei: le ragioni della sconfitta nella provincia di Buenos Aires. Che succede ora?
La pesante sconfitta di Javier Milei nella provincia di Buenos Aires non è un caso. Tra l’impatto della crisi economica, gli errori strategici e la percezione di corruzione, l’elettorato ha inviato un segnale forte. Un’analisi delle ragioni del crollo e degli scenari futuri, con l’ombra di Kicillof e la reazione dei mercati.

Una sconfitta netta, con oltre 13 punti di scarto nel distretto elettorale più importante dell’Argentina, quello che rappresenta quasi il 40% dell’elettorato. Il risultato delle elezioni nella provincia di Buenos Aires segna una battuta d’arresto clamorosa per il presidente Javier Milei, a tre mesi dal compimento dei suoi primi due anni di mandato. Un campanello d’allarme che ridimensiona la narrazione del “chiodo definitivo sulla bara del kirchnerismo” e che costringerà il governo a un cambio di passo, con ripercussioni economiche e politiche ancora da decifrare. Il vincitore peronista, Alex Kicillof, invece festeggia , e con lui la padrina del Peronismo, Kirchener.
Ecco in questa immagine i risultati che lasciano pochi dubbi sulle dimensioni della sconfitta del Presidente, che ha voluto partecipare direttamente, e pesantemente, alla campagna elettorale.
L’economia e il malcontento sociale
Il primo e più profondo motivo della sconfitta risiede nell’impatto delle politiche economiche sulla vita quotidiana dei cittadini. Sebbene il governo sia riuscito a ottenere un considerevole calo dell’inflazione, il prezzo pagato è stato una profonda stagnazione economica. La gratitudine iniziale della popolazione si è erosa di fronte a una realtà in cui, per molti, “lo stipendio finisce il giorno 20 del mese”, ma questi hanno 30 giorni. L’inflazione è scesa, ma il ritorno della ricchezza richiede tempo.
La provincia di Buenos Aires, con le sue vaste sacche di povertà e un’alta incidenza del lavoro informale, è stata la più colpita dall’aggiustamento economico, definito dallo stesso Milei come “il più grande nella storia dell’umanità”. Se da un lato una correzione era necessaria per arginare decenni di cattiva gestione della spesa pubblica, dall’altro i sacrifici richiesti alla popolazione non sono stati bilanciati da un’adeguata percezione di austerità e integrità da parte della classe politica. Milei ha gridato molto, ma spesso è sembrato lontano dalle difficoltà della gente semplice.
Lo stile aggressivo e gli errori strategici
Alla difficile congiuntura economica si sono sommati gli errori politici e di comunicazione del presidente. La mancanza di esperienza politica ha portato Milei a credere che i successi economici iniziali sarebbero stati sufficienti a garantirgli un consenso perpetuo. Invece di adottare un approccio dialogante per ampliare la sua base di sostegno, ha scelto la via dello scontro permanente, con un linguaggio aggressivo e offensivo verso qualsiasi avversario, reale o immaginario. Le guerre sono utili se si vincono, ma prima o poi devono finire, anche in Argentina.
Questo stile ha esacerbato le divisioni preesistenti nel Paese. Inoltre, il governo è caduto nella trappola tesa dal peronismo, accettando di trasformare un’elezione amministrativa locale in un plebiscito sulla gestione presidenziale. Mentre il peronismo, con pragmatismo, ha messo da parte le divisioni interne per presentarsi unito sotto la guida di Axel Kicillof, il campo di Milei ha agito in ordine sparso, alienandosi potenziali alleati e mostrando un’eccessiva sicurezza. UN errore di ingeniutà politica che ha pagato duramente.
Corruzione percepita e incoerenza
A peggiorare il quadro sono intervenute accuse di presunta corruzione ai vertici del potere, con il caso Diego Spagnuolo e dei farmaci per i disabili, su cui si sospettano tangenti governative, uno scandalo scoppiato proprio nell’imminenza delle elezioni. . Questo, unito a una certa ostentazione di spese ritenute superflue, come i frequenti viaggi presidenziali, ha creato un mix letale. Non si può chiedere sacrifici durissimi, e poi andare per il mondo in jet a incontrare VIP. Milei ha fatta molta impressione all’estero, meno internamente.
La percezione di una classe dirigente che fa affari con i fondi pubblici mentre chiede sacrifici alla popolazione ha minato la credibilità del messaggio di cambiamento. Se ci si presenta come rivoluzionari dotati di motosega, bisogna usarla canche contro se stessi.
Le conseguenze e lo scenario futuro
La sconfitta ha immediate conseguenze politiche. Consolida la figura del governatore Axel Kicillof come principale oppositore e possibile candidato del peronismo per le elezioni presidenziali del 2027, in sostituzione della Kirchener. Se non altro ora Milei ha la faccia dell’oppositore politico futuro, e contrattaccherà.
Per Milei, si apre una fase complessa. L’attenzione si sposta ora sui mercati, con il timore di una reazione negativa sul valore del dollaro, sui titoli di Stato e sul rischio Paese. Ci sono già dei segni di indebolimento del Peso Argentino nei confronti del dollaro nello scambio cripto e questo rischia di inficiare i sacrifici economici imposti sino ad ora.
Il presidente sarà costretto a rivedere la sua strategia, cercando il dialogo con gli alleati e moderando i toni per evitare un collasso politico prima delle cruciali elezioni nazionali di ottobre, che definiranno la composizione del nuovo Congresso. Il Presidente sembra essersene conto, ha ammesso la sconfitta, ma afferma che non cambierà strada. Magari potrebbe essergli utile applicare la stessa durezza usata nel tagliare le spese con se stesso e con i propri alleati. Il peronismo non è morto, anzi è ben vivo e vegeto e pronto ad approfittarsi delle difficoltà economiche. Kicillof, fiutando la debolezza dell’avversario, andrà all’attacco e tenterà dio capitalizzare questa vittoria nelle prossime elezioni parlamentari. Un bel problema per Milei.

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