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Energia

La Banca Mondiale prevede un eccesso d’offerta di petrolio, che avrà conseguenze sui prezzi

Secondo la Banca Mondiale presto inizierà un eccesso di offerta di petrolio rispetto alla domanda, legato alla scarsa crescita cinese, alla sostituzione con il gas naturale e alla prosuzione dei paesi extra OPEC. I prezzi ne risentiranno

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Siamo diretti verso uno storico divario tra domanda e offerta nei mercati petroliferi, le cui dimensioni sono state viste solo due volte dalla metà del XIX secolo, quando è nata l’industria petrolifera. Un rapporto della Banca Mondiale di questa settimana ha fatto scattare un campanello d’allarme su un’imminente carenza di petrolio che ha il potenziale per sconvolgere seriamente l’economia e i modelli commerciali globali.

“L’anno prossimo, l’offerta globale di petrolio dovrebbe superare la domanda di una media di 1,2 milioni di barili al giorno”, ha dichiarato la Banca Mondiale nel suo ultimo rapporto Commodity Markets Outlook. L’entità di questo eccesso di offerta è difficile da sopravvalutare: questi numeri sono stati superati solo due volte nella storia, nel 1998 e nel 2020. Di conseguenza, un barile di petrolio potrebbe costare meno di 60 dollari nei prossimi sei anni.

L’eccesso di offerta è dovuto alla confluenza di una serie di fattori discreti, tra cui la crescita economica piatta in Cina, l’aumento delle vendite di veicoli elettrici (che supereranno il 23% delle vendite di veicoli nuovi quest’anno e raggiungeranno i 40 milioni di auto nel 2030), l’uso crescente di camion alimentati a gas naturale liquefatto, i previsti aumenti di produzione da parte dei Paesi non-OPEC+ e la persistente sovrapproduzione anche da parte dei membri dell’OPEC+, che attualmente stanno pompando 7 milioni di barili in più al giorno, “quasi il doppio rispetto alla vigilia della pandemia nel 2019”, secondo un post sul blog della Banca Mondiale che accompagna il rapporto bomba.

Se da un lato questo comporta una forte incertezza e turbolenza economica per il prossimo anno, dall’altro potrebbe fungere da importante forza di correzione del mercato nel contesto dell’intensificarsi del conflitto in Medio Oriente, in particolare per quanto riguarda i prezzi delle materie prime. Questa nuova realtà potrebbe tenere sotto controllo i prezzi dell’energia al consumo anche quando le lotte geopolitiche si intensificano”, ha riferito Axios all’inizio di questa settimana. “Potrebbe anche creare scompiglio nell’economia di lunga data che sta alla base della produzione di petrolio”.

Questa fluttuazione del mercato potrebbe dare un po’ di sollievo ai consumatori nel breve termine, che stanno ancora sentendo la pressione dei tassi d’inflazione impetuosi post-pandemia. La Banca Mondiale avverte che i prezzi delle materie prime non scenderanno ai livelli pre-pandemia, ma si prevede che toccheranno i minimi di cinque anni, con forti cali dei prezzi alle pompe di benzina e nei negozi di alimentari. Si prevede che i prezzi scenderanno del 10% già nel 2026. Questo potrebbe essere un’ancora di salvezza per molte famiglie che stanno barcollando o sono scese al di sotto della soglia di povertà a causa della corsa dei prezzi delle materie prime degli ultimi cinque anni.

Pozzo petrolifero russo in produzione

Se questo è un motivo di festa per il cittadino medio del mondo sviluppato, le prospettive sono invece molto meno rosee per chi vive nei Paesi più poveri. “Il calo dei prezzi delle materie prime e le migliori condizioni di approvvigionamento possono fornire un cuscinetto contro gli shock geopolitici”, ha dichiarato Indermit Gill, capo economista e vicepresidente senior del Gruppo Banca Mondiale. “Ma faranno ben poco per alleviare il dolore dei prezzi elevati dei prodotti alimentari nei Paesi in via di sviluppo, dove l’inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari è doppia rispetto alla norma nelle economie avanzate”. Prezzi elevati, conflitti, condizioni climatiche estreme e altri shock hanno reso più di 725 milioni di persone insicure dal punto di vista alimentare nel 2024”.

E poi ci sono le compagnie petrolifere e del gas, che stanno fissando il barile di un decennio di incertezza, volatilità e calo dei ricavi. “Le proiezioni del rapporto della Banca Mondiale, basate sui dati più recenti, mostrano l’emergere di un’importante eccedenza di offerta in questo decennio, suggerendo alle compagnie petrolifere di assicurarsi che le loro strategie e i loro piani commerciali siano preparati ai cambiamenti in atto”, ha dichiarato in un comunicato il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia Fatih Birol.
Le prospettive sono fosche per le supermaggioranze, anche per quelle che hanno lavorato duramente per diversificare i loro portafogli e prepararsi a una simile flessione. Come riporta Reuters, “meglio cercare idee di investimento altrove”.

Questa sovrapproduzione potrebbe avere delle conseguenze politiche. Per alcuni stati un eventuale calo del prezzo legato ad un eccesso di offerta viene a significare una potenziale instabilità interna.  Parliamo, ad esempio, del Venezuelaa, dove un’ulteriore riduzione dei flusi petroliferi verrebbe a significare un disastro economico. La prospettiva di un calo dei prezzi energetici verrebbe quindi a comportare un possibile avventurismo politico, magari spinto proprio verso il fomentare dei conflitti finalizzati a ridurre l’offerta energetica e quindi all’aumento dei prezzi del petrolio. 

 


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