Paul Krugman dice la sua sul quantitative easing (QE) atteso a brevissimo da parte della BCE di Draghi. Nonostante le preoccupazioni dei media tedeschi, il QE non avrà alcun effetto significativo, i mercati lo sanno bene e non si sono affatto scomposti.
di Paul Krugman, 19 gennaio 2015
Questa è la settimana in cui sentiremo il piano di espansione monetaria della BCE. I media tedeschi stanno già ululando, con il Bild che lancia l’allarme sul fatto che il previsto intervento di Draghi ridurrà la spinta per le riforme nei “paesi colpiti dalla crisi, come Spagna, Grecia, Italia o Francia”. Nell’immagine vedete i tassi di interesse europei a lungo termine alla chiusura dei mercati di ieri.
Prima di tutto guardate la Francia “colpita dalla crisi”. Gli investitori sono così preoccupati per la Francia che non saranno disposti a tenersi i suoi titoli a meno che non siano offerti a, uhm, lo 0,64 percento, il tasso più basso della storia. Ma non importa — tutti sanno che i francesi devono essere in crisi, perché credono ancora nella previdenza sociale e, inoltre, sono francesi.
Notate anche che la Spagna, colpita dalla crisi, sta attualmente pagando un tasso di interesse più basso di quello della Gran Bretagna. È certamente un tasso di interesse più alto in termini reali, dato che la Spagna si trova di fronte alla prospettiva di anni di deflazione. Questo dovrebbe — ma sappiamo che non sarà così — mettere fine a tutti i discorsi su come i tassi di interesse britannici siano la ricompensa per l’austerità, e così via.
Più in generale, quei tassi di interesse così bassi riflettono le aspettative dei mercati che (a) l’economia europea resterà molto debole e che (b) la BCE continuerà ad attestastarsi ben al di sotto del suo obiettivo di inflazione. I titoli tedeschi a 5 anni rendono -0,05 percento; i titoli indicizzati alla stessa scadenza rendono -0,44 percento. Quindi il mercato sta dicendo sia che ci sono ben poche opportunità di investimento là fuori — talmente poche che pagare il governo tedesco perché protegga il valore reale della vostra ricchezza diventa una buona mossa — sia che l’inflazione nei prossimi cinque anni si attesterà attorno allo 0,4 percento, non all’obiettivo del 2 percento.
La politica del quantitative easing potrà cambiare tutto ciò? A meno che non sia sorprendentemente più vasta e più aggressiva di quanto atteso, non si capisce come potrebbe. Le politiche monetarie non convenzionali funzionano, sempreché funzionino, in larga parte perché cambiano le aspettative. Ma i mercati sanno ciò che sta per arrivare, e non sono affatto impressionati.
Oh, e i mercati non ritengono che gli USA siano immuni da questi problemi. Le aspettative dei mercati sull’inflazione, incorporate nei tassi di inflazione di pareggio a 5 anni (misurati dai differenziali fra i rendimenti nominali e quelli con pari scadenza ricavati dai titoli indicizzati, ndt), sono colate a picco — si tratta di un declino maggiore di quello che ha preceduto l’inizio del QE2 del 2010. I funzionari della Fed sembrano stranamente noncuranti rispetto a questo, e rispetto al rischio che, anche noi, potremmo trovarci in una trappola di bassa inflazione.
Tempi difficili.