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KITEGEN: un progetto italiano di produzione di elettricita’ di grossa potenzialita’, ostacolato in tutti i modi dal sistema Italia

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In questo post vi presentiamo Il KiteGen, un progetto italiano per la produzione di energia elettrica sfruttando i venti di alta quota. Il progetto prevede due filoni principali di sviluppo: il KiteGen Stem (centrale eolica a singolo acquilone) ed il KiteGen Carousel (centrale eolica ad asse verticale, azionata da molti kites contemporaneamente) per grosse potenze d’energia.
L’idea e’ usare il vento di alta quota, che ha quindi la caratteristica di essere quasi sempre presente (6-7.000 ore all’anno) ed è molto forte (15 m/s ovvero 2 kW/m ), mentre quello a livello del terreno è forte solo in pochi siti e per circa 1700-1800 ore all’anno; il vento che si pensa di sfruttare è quello she spira fra 800 e 1500 metri di quota, con velocità medie di 7 m/s e potenza specifica di 200 W/m ; per esempio una sezione di vento larga 1000 metri e con una altitudine tra i 1000 ed i 1200 metri ha una potenza pari a quella di una media centrale nucleare (gigawatt). Un kitegen i cui profili alari spazzolino tale sezione di vento è quindi alternativo ad una centrale termoelettrica o nucleare di medie dimensioni. In sintesi si eliminerebbe il problema della discontinuita’ della fonte eolica e si potrebbero produrre generatori non di 2-5 MW, ma di centinaia di MW, anche in zone a bassa ventosita’ (in quota il vento c’e’ sempre).

Storia del Progetto: 1.000 ostacoli hanno rallentato il progetto
L’idea del Kite Wind Generator è dell’industriale italia Massimo Ippolito che osservando i kitesurfer noto’ la grande quantità di energia che i kite erano in grado di raccogliere e ha pensato che un sistema analogo avrebbe potuto produrre energia elettrica. Nonostante oggi si tratti probabilmente del più promettente dei progetti di generazione di energia pulita, all’inizio l’idea sembrava così azzardata che lo stesso Ippolito la accantonò per alcuni anni, pur rendendosi conto delle enormi potenzialità dell’invenzione.

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Ad agosto 2006 è stato sperimentato un primo prototipo di KiteGen dal nome Mobilegen, che ha le caratteristiche di essere mobile perché montato su un camion e di raggiungere quote limitate, in quanto il kite genera energia col vento di superficie.
Un generatore mobile di seconda generazione è stato sperimentato a settembre 2007 nell’aeroporto F. Cappa di Casale Monferrato: l’unità chiamata KSU1 ha utilizzato un profilo alare di potenza che è stato fatto volare all’altezza di 800 metri con controlli automatici. Le sperimentazioni sono durate tre giorni e hanno richiesto particolari permessi all’aviazione civile e militare.
A dicembre 2010 è stato realizzato lo Stem a Sommariva Perno (CN), il primo prototipo statico del kitegen. La potenza prevista per quest’impianto è di 3 Mw. il progetto ha subito alcuni ritardi: i lavori sono stati iniziati a Berzano San Pietro con l’assenso della giunta comunale ma un piccolo gruppo di persone si sono opposte al progetto portando all’abbandono dei lavori. Quindi si è scelta la località di Sommariva Perno.
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Caratteristiche tecniche del Progetto
Il progetto KiteGen presenta innumerevoli innovazioni e sfide tecnologiche che potrebbero generare nuove attività industriali (spin off in gergo); molti di queste meriterebbero di essere sostenute indipendentemente dalla funzione che svolgeranno nell’ambito del progetto. Il KiteGen mira a sfruttare i venti di alta quota attraverso vele/aquiloni/profili alari opportunamente vincolati e comandati da terra: una soluzione che, sebbene non introduce alcuna novità scientifica, necessita l’impiego di tecnologie e ritrovati che si pongono alla frontiera nel campo della ricerca applicata. Il progetto non gode di un adeguato sostegno, né da parte della grande industria, né da parte degli enti governativi.

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Supercondensatori, nuovi cavi, nuovi profili alari, sensori e tecniche di controllo sono fra le tecnologie più importanti applicate al KiteGen:
– Il KiteGen non sarebbe concepibile senza la disponibilità di cavi in polimeri  che  sono  più leggeri (circa la densità dell’acqua)  dei cavi in acciaio e circa dieci volte più resistenti a parità di sezione; questi cavi trovano sempre maggiori applicazioni, così come è avvenuto per la fibra di carbonio nella realizzazioni delle parti strutturali dei velivoli, ma anche nel settore del trasporto terrestre.  Comunque i limiti di impiego di questi cavi devono essere studiati ed esplorati, soprattutto per quanto concerne le adeguate protezioni e limiti di impiego riguardo all’usura.
– Il controllo è indubbiamente la parte più importante, più difficile e più ambiziosa del progetto, soprattutto nella fase riguardante il decollo del kite, perché in questa fase il kite ha una corsa limitata nello spazio, inoltre  la sua velocità è minima o nulla. Ci si trova nella stessa situazione di chi va in bicicletta, dove l’equilibrio in partenza è precario e difficile da controllare. Il comando del kite viene effettuato principalmente azionando i cavi in modo differenziale, ma si prevede comunque di potenziare le manovre, soprattutto a bassa velocità, con due turbinette alle estremità dell’aquilone che forniscono un momento imbardante (che può essere assimilato alla funzione del piano verticale di coda degli aerei, che però è efficiente alle alte velocità. In effetti per migliorare la manovrabilità degli aerei di recente ci sono proposte per orientare la spinta del getto, con ugelli mobili). Il “motore” del controllo è lo stesso generatore, la cui azione deve essere modulata adeguatamente, sia come controllo passivo (aumentando o diminuendo il carico) sia come controllo attivo agendo in modo differenziale sui cavi. Il controllo con estrema precisione e rapidità effettuata con motori molto potenti, nell’ordine delle centinaia di kW, sono operazioni particolarmente impegnative dal punto di vista tecnologico.
– Fino a pochi anni fa la capacità dei condensatori difficilmente arrivava al Farad, mentre oggi sono già in commercio, a prezzi accessibili, condensatori con una capacità di oltre il migliaio di Farad. L’incredibile aumento di capacità consente di concepire il supercondensatore come buffer di energia, con diversi scopi nell’ambito del progetto KiteGen: per livellare l’erogazione dell’energia alla rete in quanto il KiteGen Stem singolo funziona alternativamente, con una fase attiva e una più breve passiva; e per fornire appunto l’energia necessaria al riavvolgimento dei cavi nella fase passiva. Fuori dall’ambito del KiteGen la tecnologia dei supercondensatori ha trovato applicazione come sistema di assistenza e recupero energetico e nel concetto di K-Bus a ricarica veloce (biberonaggio) L’elettonica di potenza per gestire l’uscita dei generatori ad alta frequenza con operazioni di raddrizzamento e successivamente di conversione in alternata adeguata alla rete è un ulteriore importante impegno tecnologico.
Il Kite, l’aquilone, la vela, o il  profilo alare fin’ora utilizzati per i test sono stati reperiti sul mercato, che li produce per attività sportive e già anche per applicazioni industriali come SkySail. Sono realizzati con tessuti sintetici ad alta resistenza. Il loro rapporto portanza/resistenza non è molto alto: non si riesce ancora ad arrivare a un valore di 10, mentre gli alianti, che utilizzano ali rigide, presentano efficienze fino a 50. Una maggiore efficienza consente, a parità di potenza erogata, di ridurre la superficie del kite, quindi di migliorare la controllabilità del kite e di ridurre la sua sensibilità alle raffiche. L’ala rigida però non consente la manovra di scivolata d’ala o di messa in bandiera, per potere riportare l’aquilone a bassa quota e ricominciare il ciclo di produzione. La soluzione che ora viene studiata è l’ala bimodale, rigida in corda per ottenere un’alta efficienza, e flessibile in apertura per permettere le manovre di recupero. L’ala bimodale (con sezioni o cassonetti in carbonio uniti da elastomeri)  è in fase di progetto, e un adeguato supporto esterno da parte di laboratori con gallerie del vento sarebbe benvenuto.
– Come per gli aerei anche per il progetto KiteGen c’è la necessità di monitorare istantaneamente gli assetti (angoli e posizioni) le velocità e le accelerazioni. Nel caso del kite però non ci si può servire delle costose e pesanti piattaforme inerziali (i giroscopi) comunemente usate per gli aeromobili, ma ci si deve servire di sensori leggeri, poco ingombranti e con basso assorbimento di potenza elettrica. Attualmente questa sensoristica, cosiddetta strap down, è costituita da accelerometri, girometri e magnetometri. I loro segnali devono essere opportunamente combinati con sosfisticate tecniche matematiche, che in parte erano già presenti nel sensore SeTAC precedentemente sviluppato.

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Lo sfogo di Ippoliti: Le Istituzioni, dove sono?
(riporto quanto scritto di recente dall’ideatore del progetto Kitegen)
Dopo questa indispensabile critica del lavoro proveniente dal Max Plank Institute, finalmente si condividono gli elementi per affermare, senza apparire esagerati, che dalla sola Italia, grazie alla sua posizione trasversale ai grandi flussi pseudo geostrofici, si potrebbe facilmente estrarre 1 TW continuo di potenza, ovvero oltre 8000 TWh di energia annui. I quali, trasformati prosaicamente in denaro, equivarrebbero ad una produzione netta di ricchezza puramente endogena stimabile in 800 miliardi di euro l’anno…. Roba da far impallidire tutte le inique manovre finanziarie che i governanti ci stanno imponendo.
Qualche decina di grandi macchine eoliche o kitegen farms, distribuite da Nord a Sud, farebbero tutto il lavoro senza preoccupazioni di intermittenza, e a forse nemmeno un decimo del costo che avrebbe avuto il nostro nucleare.
Il fatto di scrivere e dimostrare percorsi progettuali credibili ci ha procurato la promessa (ma solo quella) di finanziamenti pubblici per un totale complessivo di 78 milioni. Abbiamo partecipato ai bandi per la ricerca e l’innovazione, e le commissioni si sono sempre entusiasmate del progetto; al punto che molti valutatori tecnici e strategici si sono sentiti in dovere di complimentarsi personalmente col sottoscritto. Mi ricordo di Zorzoli, Clini, Silvestrini, Degli Espinosa, Pistorio… Poi, regolarmente, i fondi sono stati bloccati e i responsabili trombati; oppure la pratica è finita in mano a burocrati lunari. Degli Espinosa e in particolare Pistorio all’epoca di “Industria2015” si erano convinti saggiamente, che almeno un KiteGen, realizzato su scala industriale, bisognasse assolutamente vederlo.
Consumare copiosamente energia da fonte rinnovabile è l’unico ed inedito motore primario e credibile per l’economia del futuro, ma sembra che un sentimento di impotenza e nichilismo imperino e che chi potrebbe darci una mano preferisca vedere il collasso.

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Considerazioni di GPG Imperatrice
Sono persona appassionata di Energia. Personalmente non sono neanche allineata alle posizioni degli ambientalisti. Ho sempre reputato l’Italia come un esempio totalmente negativo ed irrazionale dal punto di vista delle scelte energetiche. L’abbandono del nucleare, l’uso limitato del carbone, l’uso massivo di olio combustibile prima e gas poi, la recente sbornia fotovoltaica, I comitati ambientalisti che protestano contro ogni investimento energetic e fanno Danni secondi solo all’elefantiaca burocrazia nostrana, sono sintomi dell’incapacita’ di questo paese di avere una visione strategica, e questi fallimenti decennali li paghiamo con costi delle bollette del 30-40% superiori ai nostril competitors.
Fatta tale premessa, da anni seguo con attenzione questo progetto del Kitegen, e sono stupefatta per la lentezza con cui esso procede. L’idea e’ a mio avviso valida: poi il fatto che funzioni (e costi realmente l’80-90% meno del carbone o del nucleare) e’ tutta da dimostrare. Detto questo, ogni innovazione, ha una component di rischio. Le potenzialita’ teoriche del progetto sono enormi. L’Italia in quasi un decennio ha ostacolato il progetto de facto in ogni modo possibile. C’e il rischio di un fallimento? Ma certo che c’e’; pero’ chi non risica non rosica. La tecnologia c’e’, I materiali pure, ovviamente e’ necessaria una forte sperimentazione (immagino essenzialmente per tarare I sistemi di controllo, che credo siano piuttosto complessi). Di fatto l’idea e’ di mettere una ruota, collegando all’estremita’ un certo numero di acquiloni: mentre alcuni producono tirati dal vento (cambiando posizione), altri devono essere tirati per tornare in una posizione di ripartenza. In sintesi, cosuccia complessa e da testare.
Una nazione che pero’ rinuncia completamente all’innovazione ed a testare idee (e questa non mi pare un’idea farlocca) e’ una nazione che non ha capacita’ startegica, ne’ visione e speranza nel futuro

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Qui il LINK al sito KITEGEN

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