Attualità
Kazakistan vieterà l’export di carbone: la crisi energetica fa paura a tutti
Il Kazakistan ha intenzione di vietare l’esportazione di carbone su strada per sei mesi, per evitare che si ripeta la penuria provocata dalla corsa agli acquisti durante la stagione di riscaldamento dello scorso anno. Il Ministero dell’Industria e dello Sviluppo delle Infrastrutture ha dichiarato in un decreto che il divieto di portare il carbone fuori dal Paese con camion e autovetture inizierà il 1° agosto. Anche altre forme di combustibile utilizzate per il riscaldamento delle case, come bricchette e pellet, sono coperte dal divieto.
Nell’introdurre il divieto, il Ministero ha fatto riferimento agli eventi di settembre, quando un forte raffreddamento stagionale delle temperature ha provocato un’improvvisa impennata della domanda di carbone, causando un deficit.
“Commercianti senza scrupoli hanno sfruttato questa situazione durante il periodo di picco degli acquisti di carbone e hanno ‘rabboccato’ i loro prezzi. Hanno acquistato a 13.000 tenge (27 dollari) per tonnellata e rivenduto fino a 30.000 tenge per tonnellata. Questo ha avuto un impatto negativo sulla popolazione”, si legge in una nota esplicativa allegata al decreto.
Il freddo di settembre ha spinto molti a compiere atti disperati. La gente ha aspettato in fila per ore e ore nella speranza di ottenere abbastanza scorte per tenere al caldo le proprie famiglie. A ottobre, un residente della città orientale di Oskemen ha minacciato di darsi fuoco dopo non essere riuscito a comprare carbone per giorni e giorni. Due settimane dopo, sempre nella stessa città, un uomo ha tentato di assaltare i cancelli di un deposito di carbone.
Resta da vedere se la restrizione alle esportazioni sarà sufficiente a evitare il ripetersi del fenomeno della speculazione, dal momento che non c’è consenso su cosa abbia causato il problema delle carenze di carbone.
A novembre, l’allora Ministro dell’Industria Beibut Atamkulov aveva insistito con i giornalisti sul fatto che le spedizioni di carbone alle regioni stavano procedendo secondo i piani. Ha affermato che le eventuali carenze riscontrate sono state create artificialmente, anche se si è astenuto dal suggerire chi possa esserne il responsabile.
L’economista Petr Svoik ha adottato una linea simile, suggerendo in un’intervista al sito web di notizie Tengri che “qualcuno sta deliberatamente trattenendo le consegne di carbone al mercato e aspettando che i prezzi aumentino [sul mercato interno]”.
Altri incolpano i produttori di vendere all’estero. Anche se la produzione di carbone nel periodo gennaio-luglio 2021 è stata circa la stessa dell’anno precedente, le esportazioni sono aumentate del 30%, secondo l’agenzia di monitoraggio economico Energyprom.
Come ha rilevato il Ministero dell’Industria, le vendite di carbone in Uzbekistan nel 2021 sono aumentate del 30% rispetto all’anno precedente. Più di 1 milione di tonnellate sono state inviate in Kirghizistan, con un aumento del 19 percento rispetto al 2020. Di questa quantità totale consegnata al Kirghizistan, l’89% è stato trasportato su rotaia, mentre il resto è stato trasportato su strada. Non sono state fornite cifre simili per l’Uzbekistan. Con queste forniture però il Kazakistan ha anche assicurato la stabilità economica e politica dell’area, che altrimenti avrebbe visto rivolgimenti anche più forti rispetto a quelli visti in questi ultimi mesi. Nello stesso tempo nessuno compra tanto quanto la Russia, con 10 milioni di tonnellate di carbone esportate solo nel nel periodo gennaio luglio 2021. Il grosso di queste forniture viaggia in treno, ma è indubbio che ci sia una fetta ignota, non dichiarata alla dogana, che si muove su ruote. Il contrabbando è molto diffuso fra i due paesi e interessa una varietà di prodotti non solo energetici: ad esempio viene importato in modo nascosto grano russo sul mercato kazako. Quindi la misura del Kazakistan rischia di rivelarsi inutile, se non dannosa.
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