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Finanza

Juventus: perché Elkann sbatte la porta in faccia ai “Miliardi Digitali” di Tether. Scontro tra Vecchia Nobiltà e Nuovi Ricchi

Juventus, il gran rifiuto di Elkann a Tether: perché Exor dice no a 1,1 miliardi e ai “soldi crypto”. Analisi dei conti e dei veri motivi dello scontro.

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Nel dicembre 2025 si è consumato uno scontro che va ben oltre il calcio. Da una parte la Exor, la cassaforte della dinastia Agnelli-Elkann, ormai traslocata armi e bagagli (e sede fiscale) in Olanda e con lo sguardo rivolto agli Stati Uniti; dall’altra Tether, il gigante delle stablecoin guidato dall’italiano Paolo Ardoino, rappresentante di quella “nuova ricchezza” digitale che bussa prepotentemente alle porte dei salotti buoni.

La notizia è nota: Ardoino ha messo sul piatto un’offerta all-cash per rilevare la Juventus. La risposta di Torino (o meglio, di Amsterdam) è stata un “No” secco, rapido, quasi infastidito. Ma perché rifiutare 1,1 miliardi di euro per un asset che negli ultimi tre anni ha generato solo mal di testa e perdite mostruose? Analizziamo i numeri e la politica dietro il rifiuto, senza peli sulla lingua.

L’offerta di Tether: tanti soldi, subito

Ardoino non è arrivato con le solite promesse o con debiti da scaricare sul club (modello Glazer o LBO classici). È arrivato con la liquidità.

Ecco i dettagli della proposta che Exor ha respinto:

  • Target: 65,4% delle azioni (controllo totale).
  • Prezzo: € 2,66 per azione (un premio del 20% circa sui valori di borsa).
  • Valutazione Equity: Circa 1,1 miliardi di euro.
  • Capex (Investimenti futuri): Promessa di un altro miliardo per il rilancio.
  • Strategia: Delisting immediato e uscita dalla Borsa. Per Tether non ha senso lasciare sul mercato una società sottovalutata.

Sulla carta, per un’azienda che ha bruciato cassa a ritmi vertiginosi, poteva sembrare l’uscita di sicurezza ideale. Ma la finanza non è solo matematica, è anche geopolitica e reputazione.

Perché Exor ha detto no: I 3 fattori chiave

Non è solo questione di “stile” o di affetto per la Vecchia Signora. Ci sono tre ragioni industriali precise per cui John Elkann ha rispedito l’offerta al mittente.

1. Il divario di valutazione (e il mattone)

Exor sa fare i conti, almeno a proprio favore. Vendere la Juventus a 1,1 miliardi (Equity Value) significa valutarla meno del Milan di RedBird (1,2 miliardi). C’è però un dettaglio fondamentale: la Juventus possiede lo stadio, la Continassa, il J-Hotel e il J-Medical. Il Milan no.

Accettare l’offerta di Tether avrebbe significato regalare l’asset immobiliare. Inoltre, considerando le massicce iniezioni di capitale degli ultimi 5 anni (quasi 900 milioni), Exor sarebbe uscita sostanzialmente in pareggio (“break-even”). Per la famiglia, vendere l’asset storico senza incassare un premio di maggioranza “monstre” è inaccettabile. Sarebbe una certificazione di fallimento gestionale.

Tether potrebbe ribattere che il momento ufficiale, e quello del prossimo futuro, gli immobili commerciali della Juventus non sono esattamente un grande successo, altrimenti la società non continuerebbe a macinare perdite. Insomma, ogni parte tira la coperta a proprio favore.

2. Il rischio “Reputazionale” e la Compliance

Qui entriamo nel campo minato. Exor controlla Ferrari e Stellantis, giganti quotati e ultra-regolati. Tether, pur essendo una macchina da soldi, opera nel mondo delle criptovalute, spesso sotto la lente dei regolatori USA e UE (vedi regolamento MiCA).

Vendere la Juventus, un’istituzione culturale italiana, a un emittente di stablecoin con sede legale alle Isole Vergini o simili, avrebbe acceso mille Red Flags nelle procedure di compliance delle banche d’affari tradizionali (UniCredit, Intesa, ecc.). La “nobiltà” finanziaria torinese-olandese non vuole mischiare il proprio sangue blu con i dollari digitali, percepiti ancora come troppo rischiosi e opachi.

Qui Tether potrebbe semplicemente rispondere che “pecunia non olet”, soprattutto visti i tanti pasticci di compravendite senza soldi del calcio italiano, e che Tether sta entrando nel mercato legittimo e regolamentato del Genius Act.

3. La strategia del “Tempo guadagnato”

La Juventus non è più sull’orlo del baratro come nel 2023. Ha guadagnato tempo e lo ha utilizzato.

  • Il bond da 175 milioni “Ronaldo” è stato pagato.
  • È stato emesso un nuovo bond da 150 milioni con scadenza 2037 (tasso 4,15%). Il debito c’è ed è alto (280 milioni), ma è stato “spalmato” su 12 anni. Questo permette a Elkann di attendere il piano industriale al 2027, sperando che i ricavi della Super Champions e del Mondiale per Club (dai 20 ai 50 milioni extra) riportino i conti in utile.

Tether risponderebbe che sono tutte speranze e che sarebbe meglio l’uovo oggi che giocarsi tutto sul successo nelle coppe europee.

I numeri: una convalescenza difficile

Per capire la realtà oltre la narrazione, guardiamo la tabella sintetica dei conti bianconeri. La situazione migliora, ma il paziente è ancora pallido.

Voce Economica2023/20242025 I semestreNote
Risultato Netto-199,2 Mln €-57 Mln €Perdita ridotta del 70%, ma sempre perdita.
Patrimonio Netto40,2 Mln €24,5 Mln €Allarme Rosso: patrimonio ridotto all’osso.
Debito Netto242,8 Mln €280,2 Mln €In aumento a causa mancata Champions ’23/’24.

Il dato critico è quel Patrimonio Netto a 24 milioni. Basta una semestrale storta per andare in negativo e dover ricapitalizzare ancora. Ecco perché l’offerta di Tether faceva gola a molti, ma non a chi comanda.

Arrocco o attesa del Cavaliere Bianco(Nero)?

Exor non venderà a Tether. Il divario culturale tra l’establishment sabaudo (ormai globalista) e il mondo crypto è incolmabile. John Elkann preferisce tenere il punto, rischiare ancora del suo, piuttosto che passare la mano a chi considera un parvenu della finanza. Per lo meno in questa fase, poi il futuro è sempre incerto.

Tuttavia, la Juventus non è incedibile per dogma divino. È incedibile a queste condizioni e a questi interlocutori. Se il risanamento avrà successo nel 2027, Exor cercherà un’uscita, ma guarderà a Ovest, verso i grandi fondi di Private Equity americani o, al massimo, verso i Fondi Sovrani del Golfo. Denaro “istituzionale”, pulito secondo i canoni della vecchia finanza, capace di pagare quel premio che giustifichi l’addio a un secolo di storia. Tutto questo tranne un forte rinforzo dell’offerta di Ardoino, oppure di problemi ulteriori per la squadra torinese.


Domande e risposte

Perché 1,1 miliardi di euro non sono bastati per convincere Exor?

La cifra, seppur rilevante, valuta la Juventus basandosi sui ricavi depressi attuali, senza considerare il valore degli immobili di proprietà (Stadio, Continassa, J-Medical). Il Milan è stato venduto a 1,2 miliardi senza stadio. Accettare l’offerta avrebbe significato “svendere” gli asset infrastrutturali e uscire dall’investimento sostanzialmente in pareggio rispetto alle iniezioni di capitale fatte negli ultimi anni, senza incassare il premio di controllo che Exor ritiene congruo per il prestigio del marchio.

La Juventus rischia il fallimento se Exor non vende?

Tecnicamente no, ma la situazione è fragile. Il club ha un patrimonio netto ridotto al minimo (13 milioni) che richiede attenzione costante. Tuttavia, la recente emissione di un bond con scadenza 2037 ha messo in sicurezza la liquidità a lungo termine, allontanando rischi immediati. La sopravvivenza e il rilancio dipendono ora dai ricavi strutturali (Champions League e Mondiale per Club) e dal contenimento dei costi, più che da una vendita immediata.

John Elkann venderà mai la Juventus in futuro?

È molto probabile, ma non a breve termine e non a soggetti “crypto”. Lo scenario più realistico vede Exor attendere il completamento del piano di risanamento (2027) per riportare il valore del club verso gli 1,5-2 miliardi. A quel punto, l’interlocutore ideale sarà un fondo istituzionale USA o un fondo sovrano, capaci di garantire continuità “politica” e reputazionale, oltre che economica. Il rifiuto a Tether è tattico, non un giuramento di fedeltà eterna.

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