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Just Mission 2025: Pechino stringe la morsa su Taiwan. Tra robot-cani e blocchi navali, prove generali d’invasione o bluff costoso?
Tensione alle stelle nel Pacifico: la Cina avvia “Just Mission 2025”, la più grande esercitazione militare intorno a Taiwan. Tra blocchi portuali, cani robot e munizioni vere, Pechino risponde alle armi USA. Ecco l’analisi tecnica e gli scenari economici di un assedio che preoccupa il mondo.

Sembra che l’Oriente non voglia proprio regalarci un inizio d’anno tranquillo. Mentre l’attenzione del mondo è spesso distratta altrove, nel Pacifico si sta giocando una partita a scacchi che, purtroppo, prevede l’uso di pezzi reali e munizioni vere. La Cina ha deciso di alzare nuovamente l’asticella della tensione con Taiwan, avviando quella che è stata battezzata “Just Mission 2025“ (Missione Giusta 2025), un nome che trasuda quella tipica retorica assertiva di Pechino. Non si tratta della solita schermaglia: siamo di fronte a un’esercitazione su vasta scala che mira a simulare, con preoccupante realismo, il blocco totale dell’isola ribelle.
Il contesto: perché ora?
Come spesso accade in geopolitica, nulla avviene per caso e il tempismo è tutto. L’operazione “Just Mission 2025” non è un fulmine a ciel sereno, ma una risposta calcolata a due specifici stimoli esterni che hanno irritato il Dragone:
Il fattore USA: Washington ha recentemente approvato una vendita di armi a Taiwan per un valore monstre di 11 miliardi di dollari (circa 9,33 miliardi di euro). Si tratta di uno dei pacchetti più consistenti di sempre, che include sistemi avanzati destinati a rendere l’isola un “porcospino” indigesto per qualsiasi invasore.
Il fattore Giappone: Le dichiarazioni del Primo Ministro giapponese Sanae Takaichi non sono passate inosservate. Suggerire che un attacco a Taiwan scatenerebbe una risposta militare di Tokyo ha toccato un nervo scoperto a Pechino, che vede in questo asse Tokyo-Taipei-Washington una minaccia esistenziale alla propria integrità territoriale.
Shi Yi, portavoce del Comando del Teatro Orientale dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA), è stato cristallino: “Questo rappresenta un serio monito per i sostenitori dell’indipendenza di Taiwan e contro le interferenze esterne”.
“Just Mission 2025”: I dettagli tecnici dell’operazione
Lasciamo da parte la retorica e guardiamo ai numeri e alla tattica, che sono il vero pane quotidiano per chi analizza scenari. Questa è la sesta grande esercitazione dal 2022 (anno della visita di Nancy Pelosi), ma presenta caratteristiche uniche che la rendono qualitativamente diversa e più pericolosa.
L’esercitazione si svolge su sette zone designate intorno all’isola, un record per copertura totale e vicinanza alle coste taiwanesi. L’obiettivo dichiarato non è solo mostrare i muscoli, ma testare la capacità di bloccare i porti vitali. Ecco come Reuters indica le aree di interesse:
Le aree interessate dal blocco e dalle esercitazioni a fuoco vivo includono gli accessi a:
Keelung: Il polmone portuale del nord.
Kaohsiung: Il gigante industriale e portuale del sud.
L’Amministrazione per la Sicurezza Marittima cinese ha imposto la chiusura di vaste aree di mare e spazio aereo, con esercitazioni di tiro programmate per martedì che dureranno circa dieci ore. Non si tratta solo di navi che girano in tondo: si spara davvero.
La tabella delle forze in campo e degli impatti immediati
| Categoria | Dettaglio Operativo |
| Flotta Cinese (PLA) | 89 aerei militari, 14 navi da guerra, 4 navi extra nel Pacifico Occidentale. |
| Guardia Costiera | 14 imbarcazioni cinesi, alcune in stallo sulla zona contigua (24 miglia nautiche). |
| Impatto Civile | Oltre 100.000 passeggeri su voli internazionali coinvolti; 80 voli domestici cancellati. |
| Armamenti Cinesi | Munizioni vere, droni, e per la prima volta robot umanoidi e cani robotici armati. |
| Risposta Taiwan | Attivazione sistemi missilistici, dispiegamento navi Guardia Costiera, caccia in allerta. |
Tecnologia futuristica o propaganda?
Un aspetto che merita una riflessione tecnica è l’introduzione di nuovi asset bellici. I media statali cinesi (CCTV) hanno diffuso filmati che mostrano l’uso di cani robotici armati, microdroni e robot umanoidi automatizzati.
Se da un lato potrebbe sembrare materiale da film di fantascienza pensato per impressionare l’opinione pubblica interna e spaventare quella occidentale, dall’altro segna un passo avanti nella dottrina militare cinese: la guerra senza contatto. L’obiettivo è minimizzare le perdite umane cinesi in una fase di sbarco anfibio, il momento più critico e sanguinoso di una potenziale invasione.
Fu Zhengyuan, ricercatore dell’Accademia di Scienze Militari cinese, ha sottolineato come queste manovre siano necessarie per contrastare l’interoperabilità crescente tra i sistemi di combattimento taiwanesi e americani. Pechino sta essenzialmente dicendo: abbiamo i mezzi per saturare le vostre difese con sciami di droni e robotica avanzata.
La risposta di Taiwan: “Disprezzo per le norme”
Taipei non è rimasta a guardare. Il Ministero della Difesa taiwanese ha condannato le esercitazioni definendole un “disprezzo per le norme internazionali” e un atto di bullismo militare. Ma oltre alle parole, c’è la sostanza.
L’isola ha risposto dispiegando i suoi “gioielli” difensivi, inclusi i sistemi missilistici HIMARS di fabbricazione statunitense.
Questi sistemi mobili, che hanno già dimostrato il loro valore su altri teatri bellici, hanno una gittata di circa 300 km. Tradotto in termini geografici: da Taiwan possono colpire obiettivi costieri nella provincia cinese del Fujian. È un messaggio chiaro: se provate a sbarcare, vi colpiamo prima che tocchiate l’acqua.
Inoltre, la borsa di Taiwan ha reagito con quella flemma tipica dei mercati che hanno già “prezzato” il rischio. L’indice ha chiuso in rialzo dello 0,9%. Come a dire: i wargames sono rumorosi, ma il business dei semiconduttori deve continuare. Lin Wei-ming, un insegnante di Taipei intervistato, ha riassunto il sentimento popolare: “Penso che queste esercitazioni siano solo intese a spaventarci… cose simili sono già accadute”.
L’assedio economico e logistico
L’aspetto più preoccupante della vicenda non è tanto lo scambio di fuoco (che si spera rimanga simulato), quanto l’impatto sulle catene di approvvigionamento. Chiudere i porti di Keelung e Kaohsiung, anche solo per esercitazione, è una prova generale di strangolamento economico.
La Cina sta testando la sua capacità di isolare Taiwan dal mondo senza necessariamente invaderla fisicamente nel primo giorno. Un blocco navale efficace impedirebbe l’arrivo di energia (il gas naturale liquefatto, vitale per l’isola) e l’uscita dei microchip. Gli analisti notano come Pechino stia progressivamente sfumando la linea tra “addestramento” e “preparazione all’attacco”, riducendo il tempo di preavviso per USA e alleati.
Inoltre, l’uso di traghetti civili “Ro-Ro” (Roll-on/Roll-off) mobilitati per l’occasione, visibili nei poster di propaganda, suggerisce una strategia di “fusione militare-civile”: usare la flotta mercantile per trasportare truppe in massa una volta assicurata la superiorità aerea e navale. È una soluzione a basso costo per un problema logistico enorme: come spostare centinaia di migliaia di uomini attraverso lo stretto.
Conclusioni: Una “Nuova Normalità”?
Siamo di fronte all’ennesimo capitolo della trappola di Tucidide, cioè una situazione in cui si marcia verso un conflitto, per lo scontro fra due potenze, anche se nessuno desidera la guerra apertamente Forse. Ciò che è certo è che la Cina sta normalizzando la presenza militare aggressiva attorno a Taiwan. Ogni esercitazione è più vicina, più grande e più sofisticata della precedente.
Pechino sta inviando un segnale forte: il costo dell’interferenza straniera sarà altissimo. Dall’altra parte, Taiwan e i suoi alleati stanno accelerando il riarmo. Resta da vedere se questa dimostrazione di forza rimarrà un costoso teatro geopolitico o se, come temono alcuni analisti, stiamo assistendo al posizionamento dei pezzi per lo scacco matto finale. Per ora, i mercati brindano e i voli vengono cancellati, in un surreale equilibrio tra pace armata e guerra ibrida.
Domande e risposte
Perché la Cina ha lanciato proprio ora l’operazione “Just Mission 2025”?
L’esercitazione è una risposta diretta e “punitiva” a due eventi recenti. Primo, l’approvazione da parte degli Stati Uniti di un pacchetto di vendita di armi a Taiwan del valore record di 11 miliardi di dollari. Secondo, le dichiarazioni del premier giapponese Sanae Takaichi, che ha ipotizzato un intervento militare di Tokyo in caso di attacco cinese. Pechino usa queste manovre per scoraggiare quella che definisce “interferenza esterna” e segnalare la propria prontezza al combattimento contro un’eventuale coalizione USA-Giappone-Taiwan.
Qual è la differenza principale rispetto alle esercitazioni passate?
Questa esercitazione si distingue per la sua vastità e aggressività tecnica. Coinvolge sette zone intorno all’isola (un record), molto più vicine alle coste taiwanesi rispetto al passato. Include simulazioni di blocco dei porti principali (Keelung e Kaohsiung) e l’uso di tecnologie inedite come cani robotici armati e droni automatizzati. Inoltre, la retorica cinese dichiara esplicitamente l’intento di testare la capacità di isolare completamente l’isola dalle rotte commerciali e militari globali, usando anche navi civili per scopi militari.
Quali sono le conseguenze economiche immediate di queste manovre?
L’impatto immediato è logistico e civile: la chiusura dello spazio aereo e marittimo ha causato la cancellazione o la deviazione di voli che coinvolgono oltre 100.000 passeggeri internazionali e decine di voli domestici. Sebbene la borsa di Taiwan abbia reagito positivamente (+0,9%), dimostrando resilienza, la simulazione del blocco portuale evidenzia la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali, specialmente se una futura crisi dovesse prolungarsi, minacciando l’export tecnologico (chip) e l’import energetico dell’isola.









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