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Juncker e il solito ritornello sulla corruzione

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“AllʼItalia serve lavorare di più e meno corruzione”: ci risiamo, le solite indecenti sparate del presidente della Commissione europea, che fanno leva su uno stereotipo tanto abusato quanto  infondato, quello della corruzione. Ma qual’è l’impatto economico del fenomeno corruttivo?

“Secondo le istituzioni di Bretton Woods e i fautori delle politiche neoliberiste in generale, la corruzione locale rappresenterebbe il principale ostacolo allo sviluppo economico. (…) In realtà si tratta di una strumentalizzazione per giustificare i fallimenti delle proprie politiche, prive di alcun fondamento dal punto di vista sia teorico che empirico.

Sebbene, infatti, rappresenti un fenomeno assolutamente biasimabile da un punto di vista morale, non esistono evidenze empiriche né teoriche sul legame tra corruzione e performance economiche. Numerosi sono i casi di paesi altamente corrotti che hanno riportato livelli di crescita elevati, come l’Indonesia, la Cina, Taiwan, la Corea del Sud ma anche il Giappone e, fino a qualche anno fa, l’Italia.

Da un punto di vista strettamente economico, persino il fenomeno esecrabile della tangente non ha ripercussioni dirette: se il denaro viene utilizzato per attività economiche nazionali, quello che accade in termini di efficienza e sviluppo è una mera redistribuzione di ricchezza.

La corruzione dipende fortemente dal tasso di disuguaglianza e dalle condizioni di povertà della popolazione locale, che costituiscono un terreno fertile per il suo proliferare. Gli interventi anticorruzione volti a ridurre il ruolo dello Stato e a incentivare le iniziative private si rivelano del tutto infondati e controproducenti: sono noti i casi in cui la deregolamentazione finanziaria e la creazione di standard contabili meno rigidi hanno favorito fenomeni di insider trading e falso di bilancio. Introdotte per arginare la corruzione nei paesi in via di sviluppo, tali misure si sono tradotte in una spoliticizzazione dell’attività governativa a favore delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni, in cui le scelte politiche si limitano alla firma di trattati internazionali e al sostegno degli investimenti diretti esteri.

Nel Terzo Mondo come in Occidente, la retorica dell’onestà viene abilmente utilizzata dai poteri sovranazionali per imporre indisturbati le proprie regole e il proprio dominio globale.”

 

(brano tratto da I coloni dell’austerity, Ilaria Bifarini, 2018)


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