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JOHNSON DICE “NO”. Se non ci sarà accordo per giugno si chiude, e sarà HARD BREXIT

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Intervistato circa l’andamento delle contrattazioni con l?unione Europea, se ci fossero state concessioni da parte della UE o viceversa, il primo ministro britannico ha risposto con una sola, secca, parola: “NO”. A questo punto resta la minaccia di Hard Brexit nel caso non ci sia un accordo entro il primo luglio.

Intanto un fatto positivo: almeno è stato deciso che si parleranno e la lingua in cui si parleranno, a Bruxelles, i negoziatori: l’inglese, ed i francesi (gli unici che contano qualcosa…) avranno i propri traduttori. Purtroppo qui finiscono i passi avanti. Gli inglesi si sono presentati alle trattative con un dossier di 30 pagine, la UE si è presentata con un dossier di 46 di mandato, ma sono due documenti che cozzano in moltissimi punti. Elenchiamoli:

  • Le aree di pesca: la UE vuole che siano condivise con i paesi dell’unione, come ora, il Regno Unito vuole trattarli come acque nazionali. Accordo impossibile, apparenza, e probabilmente si proseguirà sino a fine anno con la situazione attuale e quindi la fine della transizione permetterà al UK di imporre le proprie norme.
  • La normativa finanziaria: il Regno Unito vuole essere parte del mercato finanziario europeo, e l’accordo può essere raggiunto sulla base del riconoscimento reciproco ad operare. In questo caso il problema deriva dal fatto che il Regno Unito vuole un accordo più stabile e formalizzato di quanto solitamente concesso dalla UE , e che può essere cancellato in 30 giorni.
  • I tempi: il Regno Unito ha detto che, se per il 30 giugno, non ci sarà una bozza di accordo , allora lascerà i colloqui e si concentrerà su un accordo sulla base del WTO. Questo sembra impossibile ai negoziatori UE. La soluzione può essere definire una serie, limitata, di campi in cui si può raggiungere un accordo, ma questa definizione può essere fatta solo verso ottobre.
  • Lenromative sugli aiuti di Stato nel quale la UE vuole ancora applicare la propria legge al Regno Unito.

 

Alla fine Johnson ha un’enorme tentazione: con il surplus commerciale della UE  può applicare i dazi del WTO minimi e finanziare la propria campagna di investimenti. Quindi Barnier può fare la faccia dura come vuole, ma dovrà, lui ed il suo mandante Macron, calare le braghe. Non tutti sono delle pappemolli come Conte e Di Maio.


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