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Energia

Jindal rinuncia ad investire in Venezuela: troppo rischioso

L’indiana Jindal Power rinuncia a un’opportunità di investimento in venezuela: l’incertezza politica e il pericolo di sanzioni sono troppo alti perfino per il colosso dell’energia e acciaio

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Il gigante indiano dell’energia, Jindal Power Ltd, è uscito da un accordo che l’avrebbe visto gestire gli impianti chiave di Petroleos de Venezuela (PdVSA) per la lavorazione del greggio pesante destinato all’esportazione, secondo quanto riportato da Bloomberg.

A maggio, Jindal ha avviato una joint venture con PdVSA nel progetto Petrocedeno, situato nella cintura dell’Orinoco, ricca di petrolio. L’accordo da 300 milioni di dollari per il rinnovamento e l’aggiornamento delle attrezzature è stata la prima incursione di Jindal nel settore petrolifero.

Il fallimento dell’accordo è esemplificativo delle sfide che il Venezuela deve affrontare nel tentativo di rilanciare il suo assediato settore petrolifero e del gas tra le turbolenze politiche interne e le pesanti sanzioni statunitensi. A luglio, l’Office of Foreign Assets Control (OFAC) degli Stati Uniti ha alleggerito alcune sanzioni sul Venezuela, ma ha mantenuto in vigore le sanzioni su PdVSA.

L’OFAC ha rilasciato una nuova licenza che consente alcune transazioni relative all’esportazione o riesportazione di gas di petrolio liquefatto (GPL) in Venezuela fino all’8 luglio 2025, di cui l’India ha approfittato tramite Vitol. Tuttavia, le transazioni con Petróleos de Venezuela, S.A., la società statale venezuelana di petrolio e gas naturale in cui PdVSA detiene una partecipazione pari o superiore al 50%, rimangono vietate in base alle sanzioni imposte da vari ordini esecutivi.

Deposito PDVSA

Il problema delle elezioni politiche in Venezuela

L’annuncio dell’OFAC è arrivato poche settimane prima delle contestate elezioni venezuelane.  Secondo l’opposziione e molti osservatori, Maduro e i suoi rappresentanti hanno manomesso i risultati delle elezioni, rivendicando falsamente la vittoria e attuando una repressione diffusa per mantenere il potere.

Washington riconosce che il candidato dell’opposizione Edmundo González Urrutia ha ricevuto il maggior numero di voti, notando che il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), controllato da Maduro, non ha confermato i risultati annunciati producendo i fogli di conteggio originali, come ha fatto dopo le elezioni del 2013 e del 2018, nonostante i ripetuti appelli dei venezuelani e della comunità internazionale.

Un giudice venezuelano ha persino emesso un mandato d’arresto per il 75enne Gonzalez, ex diplomatico, per non essersi presentato tre volte per rispondere a domande su accuse quali cospirazione e falsificazione di documenti in relazione alle elezioni.

Le sanzioni sono state dannose per il settore petrolifero venezuelano: La produzione di greggio del Venezuela è crollata dai 3,2 milioni di bpd del 2000 agli attuali 735.000 bpd, soprattutto a causa delle restrizioni alle esportazioni e della scarsa manutenzione. Questo ha lasciato molto spazio alle esrazioni di altri paesi, dalla Guyana, al Suriname all’Argentina


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