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ITALIA: DALLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO ASSISTENZIALE A PAESE COMPETITIVO

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Oggi in Italia c’è ancora la convinzione che si debba fare redistribuzione del reddito ritenendo esista un diritto ad avere condizioni di vita più eque da soddisfare, e per questo si tassano i più ricchi e lotta contro l’evasione fiscale e la corruzione. Dopo cinquanta anni di attività redistributiva del reddito, l’Italia si ritrova con una pressione fiscale pari al doppio e il debito pubblico quintuplicato, senza che la distribuzione del reddito sia migliorata. Al contrario le prospettive sono di un suo netto peggioramento, ancora più degli effetti della recente crisi internazionale depressiva del pil e dell’occupazione. Il fallimento delle politiche redistributive è dovuto al fatto che in Italia il mercato non funziona, perché la maggior parte di esso non è aperto alla concorrenza, soprattutto in tutti quei settori che garantiscono l distribuzione del reddito assistenziale. Stando così le cose non si riuscirà mai in Italia a pervenire ad una diversa condizione. Non è cioè la concorrenza a fissare i prezzi perché nei settori nevralgici italiani non c’è e non esiste la concorrenza. Nelle nostre attuali condizioni non si potrà mai attuare con successo non solo una qualsivoglia politica distributiva, ma anche una politica economica volta alla crescita del pil e dell’occupazione. Bisogna oggi elaborare una riforma fiscale simile a quella trumpiana in atto per cui, tolti gli aspetti demenziali assunti nel tempo da quella esistente italiana e semplificatone l’assolvimento, si passi a due uniche tasse: una sul reddito e una sui consumi. Il nostro sviluppo ha la propria forza in due motori: nelle esportazioni e nelle costruzioni. Se si continua a spostare l’onere da una tassa a un’altra o si passa da un sussidio all’altro come hanno fatto i governi recenti, la situazione peggiorerà sempre di più. Gli italiani mal governati ed il nostro Paese andranno sempre peggio se si continua, come si fa, ad aumentare le tasse e a regalare sussidi in contesti in cui i settori non sono esposti alla concorrenza e per di più sono la maggior parte. Rimaniamo bloccati. Il nostro futuro, il futuro degli italiani e del nostro Paese, oggi, non è garantito. Si deve abbattere l’imposta sui redditi d’impresa, detassare gli investimenti e introdurre sconti fiscali sugli utili “parcheggiati” all’estero. Questa è la riforma fiscale in grado di riportare i capitali in Italia, analogamente a quanto fatto da Trump negli Usa. La nostra strada della felicità è porre le condizioni atte a fare profitto e produrre ricchezza. Dobbiamo avanzare e proteggere il nostro diritto collettivo di fare profitto, di produrre ricchezza, incentivarlo incoraggiarlo e porre le condizioni utili perché esista cresca e si sviluppi. Bisogna produrre ricchezza, in Italia, per crescere ed avere benessere personale e collettivo. Se si abbassano le tasse come ha già fatto Trump, le imprese fioriscono, i salari crescono così come i posti di lavoro. È chiaro che se le imprese vengono strangolate di tasse così come di non/mercato fuggono mentre rimangono a marcire e a non funzionare, sostanzialmente a fallire, quelle sovvenzionate dal non/mercato. Si abbassino le tasse, si protegga la produzione sopravvissuta e la capacità di produrre redditi e ricchezza. Si converta la macchina pubblica improduttiva in attività produttiva qualcosa. Si protegga il diritto a fare profitto, a creare ricchezza. Questa è la strada della nostra felicità.

Francesca Romana Fantetti


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