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Iran, USA, Cina ed Europa

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Cari amici,

l’Iran è nel mirino di Trump. Il 12 gennaio scorso il presidente USA ha affermato di voler reintrodurre le sanzioni sullo Stato sciita, per non aver realmente interrotto il programma nucleare, in europa vi sono state notevoli resistenze. Del resto proprio dal Vecchio Continente sono giunti dei flussi di investimenti molto significativi, di cui il 60% proveniente dalla Germania, ma su questo è Trump è stato ferreo:  Chi fa business con l’Iran non fa business con gli USA, e questo può essere un bel problema per i paesi europei:

Fino a maggio si pensava che Trump non facesse sul serio, ma contatti e mosse diplomatiche hanno mostrato che NON è così, che il presidente era serissimo. L’Uinione ha provato a resistere, e il parlamento ha perfino chiesto alla BEI, alla Banca Europea degli Investimenti, di appoggiare quelli europei a Teheran, ma a fine mese anche la BEI ha gettato la spugna, perchè raccogliendo fondi anche nel Nord America sarebbe stata facilmente punita da Trump.

Per i paesi europei non resta che scegliere: o Iran o USA, e qualche società deve iniziare a scegliere. La Total ha dovuto cedere il proprio 50% del giacimento South Pars, nel Golfo Persico, alla cinese China National Petroleum Corporation, che ora viene quindi a controllare oltre l’80% del deposito.

Il giacimento è il singolo più grande del mondo, una ricchezza enorme, che verrà sfruttata dalla Cina, ormai principale partner commerciale di Teheran. Lo sfruttamento non sarò di certo semplice , perchè richiede pompe  ad alta pressione che solitamente sono prodotte in Europa o negli USA, ma soprattutto in Europa, ma qualche soluzione si troverà. Il mercato potenziale è enorme e quando i soldi si muovono in certe quantità una soluzione si trova sempre. La Cina ha deciso di NON rinunciare al petrolio ed al gas iraniano, anzi rafforzerà la propria posizione di maggior compratore mondiale, essendo poi il maggiore esportatore di prodotti finiti nel paese persiano.

 

Questo petrolio prenderà una strada diversa verso le raffinerie cinesi in grado di lavorarlo (per la presenza di metalli e di nafta pesante il petrolio iraniano non è gestibile da tutti gli impianti, molti dei quali adatti a petroli più “Leggeri”) evitando il collo di bottiglia dello stretto di Malacca, per passare attraverso i nuovi progettati oleodotto e gasdotti attraverso Myanmar e Pakistan.

Il gioco è sul filo del rasoio perchè le sanzioni USA si estendono a tutti coloro che facilitano l’export del petrolio/gas Iraniano, compreso il trasporto, lo stoccaggio ed il finanziamento. La PetroChina si appoggia alla Banca di Kunlun, per questo tipo di operazioni, già colpita da sanzioni nel 2012. Allora gli USA utilizzarono la “Mossa finale” di escludere dal sistema Swift le banche iraniane e gli istituti sanzionati, ma oggi questa mossa fa molto meno paura, anche grazie alla  diffusione della blockchain  e delle criptovalute. Al di la di Bitcoin i titoli di credito possono viaggiare fuori dal sistema bancario, come rivela la mossa di World Bank di emettere titoli su DLT, fornendo uno strumento di pagamento stabile, sicuro, in valore certo e fuori da Swift…..

 

 

 

 

 


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