Attualità
Intervista all’Ing. Francesco Ramella, membro Commissione per l’analisi dei costi-benefici sul TAV
D: Perché è stata costituita e quali competenze sono state chiamate per formare la commissione?
Il Presidente del Consiglio in carica ha ritenuto di rianalizzare il problema in quanto le precedenti analisi non erano considerate soddisfacenti.
Il primo contatto è stato col prof. Ponti che si era occupato in passato della vicenda; il prof. Ponti ha poi suggerito alcuni nominativi al ministro dei trasporti: alcuni sono stati accolti, altri no; sono persone che in passato hanno svolto molte analisi costi-benefici e che avevano anche una conoscenza dettagliata del problema della Torino-Lione essendosene occupati in passato.
D: Per quanto riguarda all’avvio dei lavori, da che tipo di documentazione, e su quali basi avete poi lavorato per arrivare ad un risultato finale?
Noi siamo partiti dall’ultima analisi che è stata redatta; il progetto come sapete è ormai quasi ventennale e dal momento del concepimento ci sono state diverse valutazioni, le due più importanti sono una del 2000 e una del 2011. Abbiamo accettato l’incarico perché ritenevamo, e lo abbiamo già detto pubblicamente più volte, che quel documento contenesse valutazioni non corrette, soprattutto la prima, relativa alle previsioni di traffico su quella tratta. Ovvero di come si possa immaginare cresceranno i traffici tra l’Italia e la Francia nei prossimi 20-30 anni. In quel documento si presume che i traffici possano crescere quasi di 4 volte, ossia mio figlio tra 20-30 anni dovrebbe scambiare con la Francia, l’Olanda, la Spagna una quantità di merci pari a 4 volte quella attuale, e quindi vorrebbe dire che le imprese italiane e quelle francesi producono 4 volte le cose che oggi stanno realizzando, e questo è uno scenario totalmente irrealistico. Se noi guardiamo ai 20-25 anni passati, gli scambi in quantità con la Francia sono stabili, c’è stato sicuramente un effetto importante della recessione che negli ultimi anni ha ridotto i flussi ma in realtà già prima dell’effetto della recessione i flussi tendevano a crescere molto poco e questo perché? Se noi andiamo indietro un po’ di più, diciamo ritorniamo all’inizio, a quando il progetto è stato concepito (fine anni ’80-inizio anni ’90) ci fu effettivamente un periodo di 20 o 30 anni (a cavallo degli anni ’70 fino agli anni ’90) durante il quale gli scambi con la Francia crescevano in modo molto rapido. Questo era dovuto al fatto che all’epoca le due economie da separate, indipendenti, ancora piuttosto chiuse divennero invece economie integrate. Si crea il Mercato Unico Europeo e quindi vengono meno le barriere doganali e gli scambi diventano molto più facili, e nello stesso tempo si realizzano i 2 trafori stradali (Monte Bianco nel ’75 e Frejus nel 1980). La differenza importante tra quei 2 tunnel e quello attuale è questa: quei due tunnel migliorano molto i collegamenti, si riducono i tempi di percorrenza in modo significativo e anche la sicurezza e la regolarità degli spostamenti cresce molto, e questo poteva far pensare che effettivamente ci fosse stata una crescita rilevante degli scambi. La nuova linea che si vorrebbe realizzare ora non ha queste caratteristiche, ovvero è una linea che migliorerebbe le prestazioni della tratta di valico, si potrebbero fare treni più lunghi e più pesanti, quindi su quella tratta effettivamente c’è un efficientamento ma per la maggior parte dei casi la ferrovia non diverrebbe competitiva con la strada. Pensiamo che i flussi che attraversano oggi il confine tra l’Italia e la Francia mediamente sono su distanze di oltre 1000 km, immaginiamoci un flusso che da Budapest o che da Zagabria va fino a Madrid oggi sceglie la strada perché ritiene questa soluzione migliore rispetto alla ferrovia. Se noi miglioriamo la ferrovia nella tratta alpina andiamo a migliorare un piccolo segmento di tutto l’itinerario su ferrovia, solo un pezzettino, è come se noi avessimo fatto non l’alta velocità tra Milano e Roma, ma solo il segmento tra Roncobilaccio e Barberino del Mugello: questo evidentemente migliora la condizione di trasporto ma non la stravolge. E’ possibile che ci sia un aumento della domanda, ma non così radicale come pensato. Quindi ci sono 2 gravi errori: 1 sulla quantità e uno sulla capacità della nuova linea di spostare traffico dalla strada alla ferrovia, e questo viene messo in evidenza nella nostra valutazione.
D: Quali sono i 3 elementi più analizzati che hanno poi condizionato anche il risultato finale?
Il primo che il mercato potenziale per quest’opera è molto più ridotto di quanto previsto. E’ possibile che i traffici con la Francia crescano ancora in futuro, ma non nella misura prevista, c’è meno merce da trasportare, quindi meno treni che possono transitare su quella linea. E il numero di treni che si prevede possano transitare è l’elemento decisivo per giudicare se un’opera è da realizzare o meno. Noi possiamo paragonare un tunnel di una qualsiasi linea ferroviaria a un nuovo stabilimento produttivo: ne facciamo un investimento, aumentiamo la capacità: è un buon investimento se poi da quell’impianto uscirà un numero di auto sufficientemente elevato. Se è utilizzato al 10 o al 20%, quello è un cattivo investimento, e se l’investimento fosse privato quell’azienda avrebbe delle perdite. Il ragionamento è simile se non identico per un’opera ferroviaria. Se nello stesso tunnel passano 2 treni al giorno o ne passano 200 il costo è lo stesso ma in un caso l’opera non deve essere realizzata, nell’altro caso sì. Ecco, cercare di capire se siamo più vicini a 200 o a 2. I numeri che noi evidenziamo ci dicono che il numero di treni, merci e anche servizi passeggeri (questa linea è prevista anche per i passeggeri) è troppo basso rispetto a quello che sarebbe necessario per giustificare un investimento. Quindi è sbagliato dire che l’opera è inutile, nessuna opera è completamente inutile, anche la più costosa e meno trafficata avrà dei benefici per qualcuno. Il problema è tutto nella proporzione tra costo e benefici, che ci saranno ma saranno molto piccoli. Noi abbiamo una letteratura scientifica che è disponibile su questi argomenti ci dice che una nuova linea ad alta velocità è giustificata se si prevede che nel primo anno di esercizio ci siano almeno 10.000.000 di passeggeri. Oggi sulla Torino-Lione ci sono circa 600.000 persone all’anno che potrebbero aumentare a 800.000-1.000.000, ottimisticamente 1.500.000 ma siamo molto al disotto del numero minimo di passeggeri che giustificano una linea di questo tipo.
Il seguito dell’intervista è disponibile sulla rivista Sovranità Popolare
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