Seguici su

Attualità

Intervista a Claudio Borghi: perche’ investire nell’arte e perche’ uscire dall’Euro.

Pubblicato

il

Pubblichiamo questa intervista all’economista Claudio Borghi fatta da Riccardo Ghezzi direttore  responsabile della testata on line Quotidiano Qelsi.

Ghezzi tra l’altro e’ un amico. Borghi e’ persona a nostro avviso molto in gamba e da seguire con grande attenzione.

Qui il LINK all’articolo originale: L’economista Claudio Borghi ci parla del suo ultimo libro. E del perché bisogna uscire dall’euro

Borghi

 

Claudio Borghi, docente all’Università Cattolica di Milano, giornalista e ex managing director di Deutsche Bank, è uno dei pochi economisti ad avere il coraggio di criticare l’euro. E lo fa con argomentazioni argute, difficilmente attaccabili o smentibili e senza scadere nelle derive complottiste di alcuni euroscettici.
Ha scritto un libro, “Investire nell’arte”, edito da Sperling&Kupfer, in cui, come suggerisce il titolo, sostiene che investire su opere d’arte possa essere più redditizio che investire su oro e mattone.
Abbiamo parlato con lui del suo libro, toccando ovviamente anche altri temi su cui Borghi è solito soffermarsi: crisi economica, euro e Ue.

Claudio Borghi, nel Suo libro “Investire nell’arte” sostiene la tesi che investire su un quadro può essere più redditizio che investire sull’oro o sul mattone. Ci spieghi perché.

Una delle “eredità” più terribili di questa crisi è stata la caduta delle sicurezze. Dal posto di lavoro agli investimenti tradizionalmente considerati “sicuri” tutto si è rivelato fragile e rischioso. Chi sta provando, invano, a vendere una casa subissato da tasse penso capisca bene cosa intendo. Persino i conti correnti sono stati minacciati come ci ha insegnato la vicenda di Cipro. E’ quindi una buona occasione per considerare una forma di investimento alternativa come quella in opere d’arte che, al contrario, sta rivelando insospettabili punti di forza.

Il mercato dell’arte sembra essere sconosciuto ai più, non solo concependo le opere d’arte come beni d’investimento in senso stretto. Secondo Lei è possibile invertire questa tendenza? E come?

E’ vero. La stragrande maggioranza delle persone in Italia pensa che l’acquisto di un’opera d’arte, intesa come opera di un artista famoso, sia riservata a pochi milionari, invece voglio dimostrare che è possibile investire anche somme modeste. Il punto centrale va ricercato nel cambiamento inaspettato che le nuove tecnologie hanno portato in un mercato che fino a ieri era riservato agli addetti ai lavori: adesso via internet è possibile sapere tutte le aggiudicazioni di tutte le aste del mondo. Dove i prezzi diventano trasparenti il mercato diventa efficiente. Nel mio libro cerco di spiegare dove trovare questi prezzi che prima erano “segreti”, come leggerli e come orientarsi nel mercato, dalle aste alle gallerie.

Per investire nell’arte sono necessarie una base culturale e competenze almeno sufficienti. Può essere questo un ostacolo insormontabile? Oppure può cimentarsi chiunque?

Come ogni investimento non può essere affrontato a caso, altrimenti tanto vale la roulette, ma ciò vale anche per le azioni o per gli immobili. Tuttavia credo basti il mio libro per evitare degli errori gravi. Poi per essere un collezionista di successo è ovvio che sia necessario studio, passione e anche una certa sensibilità non insegnabile, tuttavia ho visto persone preparate a cui mancava talento ma non ho mai visto investitori di successo a cui mancassero del tutto le basi. Per ovviare alla parte non insegnabile dell’arte del collezionismo ho deciso di presentare tre “collezioni tipo” accessibili a tutti, in modo da non dare banali “consigli per gli acquisti” ma di far capire i diversi modi di ragionare di alcuni esperti.

Nel Suo libro tocca anche il tema della crisi. Secondo Lei, quanto l’attuale crisi economica dipende da una cattiva gestione e sbagliate valutazioni?

Posto che se nel libro parlo della crisi lo faccio solamente come premessa per l’argomento, dato che ho cercato di scrivere qualcosa di molto diverso rispetto ai miei soliti articoli, tuttavia se me lo chiedete penso che tutti gli ultimi anni siano costellati di errori enormi di cui si darà conto nei libri di storia.

L’euro in sé ha le sue colpe per l’attuale situazione critica in cui si trovano buona parte dei Paesi dell’Ue?

Certamente: l’effetto distorsivo della moneta unica è stato pervasivo e molteplice. In alcuni paesi ha provocato un eccessivo afflusso di capitali con esplosione del debito privato. In altri ha depresso la competitività impedendo i riaggiustamenti del cambio a seguito degli squilibri della bilancia commerciale. In tutti ha impedito l’assorbimento di shock asimmetrici e, per completare il quadretto, nell’area euro ci si è “inventati” la mancata garanzia della Banca Centrale del debito sovrano. Un’abilità direi artistica nel congegnare un sistema tutto sbagliato.

Parlando solo di Italia, quali errori sono stati commessi? Forse l’Italia avrebbe dovuto rendersi conto che per poter stare nell’euro sarebbero state necessarie riforme strutturali che non sono state fatte?

Un’unione monetaria priva di trasferimenti interni funziona solo se vi è perfetta identità fra le differenti economie e se non vi sono comportamenti non collaborativi. Anche con le riforme, quali che esse siano, Napoli non si trasforma magicamente in Monaco e meno che mai se la Germania imposta la sua politica alla concorrenza verso gli altri paesi dell’area euro. Chi pensa che con “le riforme” si possano fare 12 Germanie è un illuso: se tutti esportassero chi importerebbe? Il successo di Berlino ha trovato radici nel fallimento di Madrid, sono due facce della stessa medaglia. Noi abbiamo commesso una fila di errori lunga così e uno di essi riguarda proprio la miserevole considerazione e valorizzazione del nostro patrimonio artistico, tuttavia il fallimento di altri paesi che erano considerati dei modelli, come l’Irlanda e la Spagna ci fa capire che se anche avessimo giocato bene probabilmente la partita l’avremmo persa lo stesso.

L’Italia dovrebbe uscire dall’euro, oppure avrebbe fatto meglio a non entrarci? E, nel secondo caso, può ancora permettersi di uscirne?

Non doveva entrare. Il peso leggero che sale sul ring contro il peso massimo è stupido, non coraggioso. Nel nostro caso poi la beffa è stata totale perché ci hanno fatto credere che il peso massimo che ci aspettava per menarci in realtà era “in squadra” con noi. Siamo entrati in un match di pugilato senza nemmeno sapere cosa stavamo facendo. Adesso che ce ne siamo accorti bisogna uscirne al più presto, finiremo all’ospedale ma se stiamo ancora sul ring continueremo a prendere pugni.

Un’alternativa potrebbe essere quella degli Stati Uniti d’Europa. Una vera federazione, che non si limiti alla moneta unica. Per gli obblighi di sussidiarietà che ne conseguirebbero, alla Germania forse non converrebbe. Ma per l’Europa nella sua totalità potrebbe essere la strada giusta?

E perché mai il pugile che ha vinto dovrebbe dividere il suo premio con lo sconfitto? In certi casi occorre ripassare la storia: consiglio il coro manzoniano dell’”Adelchi”, leggetelo, è molto attuale. La Germania non pagherà mai un centesimo per noi e in fondo, anche se volesse farlo, non vedo perché dovremmo volerlo noi. Meglio liberi e con la nostra dignità, senza dover dipendere dalla ciotola del cibo del padrone. I nostri artisti futuristi immaginavano un uomo forte, dinamico, libero. Inorridirebbero nel vedere come ci siamo ridotti.

Oltre ad investire nell’arte, cos’altro si sente di suggerire agli italiani per fronteggiare la crisi che sta attanagliando in primis le famiglie e le piccole-medie imprese?

Diversificare gli investimenti e resistere. Quando questo incubo finirà l’Italia diventerà IL posto al mondo in cui essere. Abbiamo potenzialità incredibili e non copiabili messe in congelatore da almeno vent’anni. Posizionatevi per la crescita futura e pronti con buona lena perché ci sarà molto lavoro da fare per ricostruire tutto. Anche per l’arte una grande crisi nasconde grandi opportunità: ci sono quadri di ottimi artisti storicizzati che costano un millesimo dei loro omologhi americani. Quando ci si sveglierà si rimpiangerà di non aver comperato quando si poteva.

 

By GPG Imperatrice

Mail: [email protected]

Facebook di GPG Imperatrice

Clicca Mi Piace e metti l’aggiornamento automatico sulla Pagina Facebook di Scenarieconomici.it

Segui Scenarieconomici.it su Twitter


Telegram
Grazie al nostro canale Telegram potete rimanere aggiornati sulla pubblicazione di nuovi articoli di Scenari Economici.

⇒ Iscrivetevi subito


E tu cosa ne pensi?

You must be logged in to post a comment Login

Lascia un commento