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Scienza

Interruttori di luce atomici: il “salto quantico” che non ti aspetti (e che cambierà tutto)

Scienziati USA svelano il segreto degli “interruttori atomici”: come il controllo dei singoli fotoni nel nitruro di boro rivoluzionerà computer quantistici e sicurezza.

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Immaginate un interruttore della luce. Ora, provate a immaginarlo così piccolo da essere costituito da una manciata di atomi, ma talmente preciso da rilasciare luce una singola particella alla volta. Sembra fantascienza, o l’incipit di un romanzo cyberpunk, ma è esattamente ciò che sta accadendo nei laboratori di ricerca avanzata. E no, non è un esercizio di stile per fisici annoiati, ma il potenziale “Game Changer” per l’industria tecnologica dei prossimi decenni.

Questi minuscoli dispositivi, tecnicamente noti come emettitori quantistici, sono considerati i mattoni fondamentali per le tecnologie del futuro: computer quantistici, reti di comunicazione a prova di spia e sensori di una sensibilità oggi inimmaginabile. Per anni, la scienza ha arrancato nel tentativo di comprenderli e controllarli pienamente. Ma, come spesso accade quando la tecnica incontra l’ingegno, il vento è cambiato.

Un recente studio condotto negli Stati Uniti ha gettato nuova luce – è proprio il caso di dirlo – sul processo di identificazione, progettazione e posizionamento di sorgenti a singolo fotone con precisione atomica all’interno di materiali ultrasottili. Un risultato che abbatte uno dei più grandi ostacoli nella scienza dei materiali quantistici e avvicina terribilmente la realtà dei dispositivi quantistici pratici.

L’enigma dell’emettitore quantistico

Per capire la portata della scoperta, bisogna fare un passo indietro. Gli emettitori quantistici funzionano rilasciando singoli fotoni, pacchetti individuali di luce, “a comando”. Questa capacità è critica perché le tecnologie quantistiche non si accontentano del flusso di luce continuo (come una lampadina), ma necessitano di un controllo assoluto su ogni singolo bit di informazione trasportato dalla luce. Se voglio controllare un chip quantistico, dovo controllarne le emissioni.

Il problema, fino a ieri, era un classico dilemma di “visibilità contro controllo”. I difetti atomici responsabili di questi emettitori sono incredibilmente piccoli e difficili da osservare. Gli scienziati si trovavano di fronte a un bivio:

  • Potevano studiare come emettevano luce.
  • Oppure potevano esaminare la loro struttura atomica.

Non potevano fare entrambe le cose contemporaneamente. Era come dover scegliere se ascoltare il motore di un’auto o aprirne il cofano, senza mai poter correlare il rumore al pistone che lo genera.

Jianguo Wen, scienziato dei materiali presso l’Argonne National Laboratory e autore dello studio, ha sintetizzato perfettamente la frustrazione accademica: “La sfida nello studiare gli emettitori quantistici è che il loro comportamento ottico è determinato dalla loro struttura atomica, che è molto difficile da osservare direttamente”. Questa limitazione fondamentale ha mantenuto gli emettitori quantistici avvolti nel mistero e, di conseguenza, difficili da ingegnerizzare su scala industriale.

Risolvere il problema, un atomo alla volta

Come si esce da questo vicolo cieco? Con l’ingegno e la strumentazione giusta. I ricercatori si sono concentrati sul nitruro di boro esagonale, un cristallo bidimensionale ultrasottile, spesso solo pochi atomi, già noto per ospitare emettitori quantistici.

L’asso nella manica è stato uno strumento personalizzato dal nome evocativo: QuEEN-M (Quantum Emitter Electron Nanomaterial Microscope). Questo microscopio avanzato combina due tecniche che raramente dialogano così bene:

  1. L’imaging su scala atomica.
  2. La spettroscopia a catodoluminescenza (CL).

In termini semplici, che non faranno inorridire i puristi ma aiuteranno i profani: i ricercatori hanno sparato un fascio di elettroni strettamente focalizzato sul materiale. Quando gli elettroni colpiscono un “difetto” nel cristallo, quel difetto emette luce. Studiando il colore e la luminosità della luce emessa, gli scienziati hanno potuto capire esattamente quali strutture atomiche ne fossero responsabili.

Ecco come questa innovazione supera i limiti precedenti:

Metodo TradizionaleMetodo QuEEN-M
Richiede campioni spessi per l’emissione di luceFunziona su materiali ultrasottili
Richiede campioni sottilissimi per la struttura atomicaCollega direttamente luce e atomi
Analisi separata e non correlataAnalisi simultanea e correlata

Il “Twist” che fa la differenza

Ma la storia non finisce qui, perché la fisica ama le sorprese. I ricercatori hanno fatto un’altra scoperta cruciale: torcendo gli strati di nitruro di boro esagonale ad angoli specifici, hanno creato speciali “interfacce ritorte”.

Questo concetto, spesso legato alla moiré physics, ha avuto un effetto dopante sul segnale: ha potenziato drasticamente il segnale luminoso dagli emettitori quantistici, talvolta fino a 120 volte. Un aumento di potenza che ha reso possibile localizzare gli emettitori con una precisione straordinaria, inferiore a 10 nanometri.

Grazie a questa “lente d’ingrandimento” potenziata, hanno identificato il colpevole, o meglio, l’eroe della situazione: un emettitore quantistico blu. Si è scoperto essere un dimero di carbonio, ovvero due atomi di carbonio impilati verticalmente all’interno del cristallo.

Thomas Gage, scienziato dell’Argonne, ha sottolineato l’importanza pratica della scoperta: “Una volta che abbiamo potuto collegare la struttura atomica con la luce che emette, si è aperta la porta all’ingegneria precisa di questi emettitori quantistici. Questo significa che ora possiamo crearli e regolarli a comando usando un fascio di elettroni”.

Illustrazione artistica del risultato

Dal laboratorio alla fabbrica: perché è importante

Qui passiamo dalla scienza pura all’economia reale. Questo lavoro segna un cambiamento epocale: si passa dal trovare emettitori quantistici per caso, all’ingegnerizzarli con intenzione.

Perché questo interessa a chi guarda ai mercati e all’industria?

  • Scalabilità: La capacità di posizionare sorgenti a singolo fotone esattamente dove servono è essenziale per costruire dispositivi quantistici scalabili. Non si può costruire un computer quantistico affidandosi al caso, bisogna conoscere come si comporteranno circa ogni singolo atomo.
  • Efficienza e Sicurezza: I chip che si basano su emettitori quantistici posizionati con precisione potrebbero elaborare informazioni più efficientemente, trasmettere dati in modo inviolabile e amplificare segnali con perdite minime.

Stiamo parlando dell’infrastruttura critica del domani. Mentre oggi ci preoccupiamo (giustamente) dei semiconduttori classici, la partita per la supremazia tecnologica del 2035 si gioca su questi tavoli.

Le sfide rimangono (per ora)

Non stappiamo ancora lo champagne, o almeno, non tutto. Nonostante i progressi, ci sono sfide che rimangono. La tecnica attualmente si affida a microscopi altamente specializzati, il che limita la produzione immediata su larga scala. Capire la struttura atomica è essenziale, ma trasferire questo processo da un laboratorio di élite a una “fabbrica” di chip richiederà investimenti massicci e ulteriore ricerca.

Tuttavia, l’aver dimostrato la creazione spazialmente precisa di emettitori blu tramite irradiazione di fasci elettronici su nitruro di boro rivestito di carbonio è un passo avanti gigantesco. È la differenza che passa tra sapere che il fuoco scalda e imparare a costruire un motore a combustione.

In conclusione, la scienza ha appena costruito un interruttore grande quanto un atomo. Ora sta all’industria e alla politica industriale capire come accendere la luce sul futuro, evitando che questa tecnologia resti solo una bella pubblicazione accademica, ma diventi motore di sviluppo reale.


Domande e risposte

A cosa serve praticamente un “interruttore di luce atomico”?

Questi interruttori, o emettitori quantistici, sono fondamentali per la crittografia quantistica e i computer quantistici. Permettono di inviare informazioni tramite singoli fotoni. Se qualcuno cerca di intercettare il messaggio, altera inevitabilmente il fotone (principio di indeterminazione), rivelando immediatamente la presenza della spia. Inoltre, sono essenziali per sensori ultra-precisi capaci di rilevare variazioni microscopiche nell’ambiente, utili in medicina e geologia.

Perché è così importante aver scoperto che si tratta di un “dimero di carbonio”?

Sapere che l’emettitore è composto da due atomi di carbonio impilati (dimero) trasforma la ricerca in ingegneria. Prima si cercava “qualcosa che emettesse luce” alla cieca. Ora che conosciamo la “ricetta” chimica e strutturale (il carbonio nel reticolo di nitruro di boro), possiamo replicarla intenzionalmente. Non dobbiamo più sperare di trovare il difetto giusto nel cristallo; possiamo crearlo noi dove serve.

Cosa significa che “torcere” i materiali aumenta il segnale?

Nei materiali bidimensionali, ruotare due strati sovrapposti crea un motivo di interferenza chiamato “Moiré”. Questa torsione modifica le proprietà elettroniche del materiale in quel punto specifico. Nello studio, questa torsione ha amplificato la luminosità dell’emettitore di 120 volte. È come aver trovato il modo di alzare il volume di una radio che prima si sentiva appena, permettendo agli scienziati di “sentire” (vedere) con precisione dove si trovava l’emettitore.

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