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India: addio alla base aerea di Ayni. Un riassetto strategico che ridisegna l’Asia Centrale
India perde la sua unica base militare estera. Un duro colpo alle ambizioni di Nuova Delhi in Asia Centrale, che ora vede consolidarsi il potere di Russia e Cina.

La presenza ventennale dell’India nella base aerea di Ayni, in Tagikistan, è giunta al termine, e Nuova Delhi è stata sfrattata dalla sua sola infrastruttura in Asia Centrale. La chiusura dell’unico avamposto militare estero di Nuova Delhi, avvenuta nell’ottobre 2025, non è un semplice dettaglio logistico, ma segna un’inversione di rotta strategica di grande peso. Si tratta della fine di due decenni di investimenti geopolitici e della probabile evaporazione delle ambizioni indiane di proiettare la propria potenza nel cuore dell’Eurasia.
Questa base era stata utilizzata dall’India fin dal 2002, e vi avevano casa alcuni Sukhoi Su-30. L’uso di queste installazioni iniziava in un momento in cui vi erano degli ottimi rapporti fra Russia, che ha una divisione motorizzata in Tagikistan, e India, anche per le ingenti vendite di armi da Mosca a Nuova Delhi. Negli ultimi anni questi rapporti si sono raffreddati, soprattutto post conflitto ucraino, e anche questo ha pesato sulla chiusura di questa base.
Ayni non era solo una base: era la pietra angolare della strategia continentale indiana, il simbolo della sua volontà di affermarsi come potenza regionale con un raggio d’azione esteso. La sua perdita ridimensiona l’impronta di Nuova Delhi al solo subcontinente, privandola del suo unico collegamento operativo diretto con la volatile Asia Centrale.
Le implicazioni di questa ritirata sono molteplici e significative, e vanno ben oltre i confini tagiki:
- Credibilità diplomatica: L’episodio mina la credibilità dell’India come “fornitore netto di sicurezza” nella regione. La fiducia dei partner regionali, che vedevano in Nuova Delhi un potenziale contrappeso all’espansione cinese, ne esce erosa.
- Capacità di intelligence: L’India perde un nodo di sorveglianza critico. Da Ayni era possibile monitorare il terrorismo transnazionale, le rotte del narcotraffico e, soprattutto, le attività militari cinesi lungo l’asse strategico Pamir-Xinjiang.
- Fallimento della diplomazia: La ritirata evidenzia i limiti della diplomazia continentale indiana. Gli investimenti economici e la cooperazione nel settore della difesa non si sono tradotti in una leva geopolitica duratura, dimostrandosi insufficienti a garantire l’alleanza.
In definitiva, la caduta di Ayni espone la cruda asimmetria di potere che definisce oggi l’Asia Centrale. In questa regione, l’accesso militare e la lealtà politica sono sempre più dettati dal “condominio” russo-cinese. Mentre Mosca e Pechino consolidano il loro dominio, Nuova Delhi si trova ora di fronte a una dura realtà: nel grande gioco strategico dell’Asia Centrale, l’India non sembra più essere un attore determinante.
Domande e risposte
Perché questa base in Tagikistan era così cruciale per l’India? La base di Ayni era l’unica installazione militare permanente dell’India all’estero. La sua posizione strategica, vicina all’Afghanistan, al Pakistan e alla Cina, le conferiva un valore inestimabile. Permetteva a Nuova Delhi di proiettare influenza militare, condurre operazioni di sorveglianza contro gruppi terroristici e attività cinesi, e serviva come hub logistico per l’accesso all’Afghanistan e all’Asia Centrale, aggirando il blocco geografico del Pakistan.
Chi beneficia di più da questa uscita di scena dell’India? I principali beneficiari sono indiscutibilmente Russia e Cina. La Russia riafferma il suo ruolo di arbitro della sicurezza in quello che considera il suo “estero vicino”, limitando l’influenza di potenze esterne. La Cina vede eliminato un potenziale fastidio strategico sul suo fianco occidentale, gestito da un rivale regionale. La ritirata indiana consolida di fatto il duopolio di Mosca e Pechino sulla sicurezza e la politica dell’Asia Centrale.
Quali sono ora le opzioni per l’India nella regione? Le opzioni sono limitate. Senza un punto d’appoggio fisico, l’influenza indiana sarà ridotta alla diplomazia economica e al “soft power”, che si sono già dimostrati insufficienti. L’India dovrà probabilmente ricalibrare le sue ambizioni, concentrandosi maggiormente sul teatro marittimo dell’Indo-Pacifico e cercando partnership alternative, forse con l’Iran (tramite il porto di Chabahar) per un accesso indiretto all’Afghanistan, sebbene con molte più difficoltà operative.









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